Elaborazione dolore e perdono alla fine di una relazione amorosa
Buonasera dottori,
Perché abbiate un quadro chiaro soffro di DB con tratti di personalità border e narcisista.
Sono una donna tormentata, insoddisfatta, ferita, istabile ed insicura ma anche sensibilissima ed attenta, dolce, generosa e creativa.
Quest'autunno si è conclusa una relazione amorosa durata tre anni; una relazione di grande intensità e tenerezza ma conflittuale e instabile, destinata inevitabilmente ad implodere. Mi ha lasciata dopo una serie di turbolenze, dice, non per mancanza di amore ma per mancanza di comprensione, per difficoltà nel gestire il rapporto causa mia incapacità di relazionarmi con gioia, comprensione e costruttività; non era più felice. Una storia giunta al termine dopo una serie di comportamenti invasivi ed aggressivi che traducevano e scaricavano su di lui i mie pensieri ossessivi e le mie esperienze emotive dolorose; e conclusa nel peggiore dei modi perché, ferita, ho minacciato ed ho tentato di vendicarmi di lui in più modi.
Per fortuna adesso sto meglio, ho ripreso la cura che avevo interrotto.
Sto riflettendo e, messa da parte la rabbia e la delusione per la fine di questa storia ed il senso di colpa per aver commesso azioni non conformi ai miei valori, elaboro e ricordo il buono e sento, per la prima volta, la purezza e l'intensità del sentimento che lui provava per me e costantemente messo da me alla prova, adesso libero da ossessioni distruttive, pretese asfissianti ed egoiste e frenesie desideranti.
Dopo quattro mesi ci siamo scambiati delle lettere. Temevo che provasse rancore e disprezzo per avergli mancato di rispetto e per averlo ferito. Invece sorprendentemente le sue parole sono miti, dolci, sagge ed attente. Commoventi perché inaspettate.
Dice che gli sono mancata, che riguarda le mie foto e che conserva gelosamente il suo amore per me come una cosa preziosa; che ricorda solo le cose belle; ammette di essere stato inadeguato ad affrontare la situazione e di questo se ne rammarica; dice che vorrà sempre rivedermi e proverà sempre emozioni ma di non sentirsi ancora pronto perché è passato poco tempo e non gli farebbe bene; dice che è ancora triste per come sono andate le cose e di darci del tempo per perdonarci; dice che l'amore è fatto anche di libertà, comprensione e tolleranza; dice che si è informato sulla mia salute con miei familiari (che non mi hanno riferito, probabilmente per non turbarbi in un periodo in cui mi sono curata); si dice ancora preoccupato per me e per la mia salute; si augura che io stia bene.
Ecco io guardo al futuro e mi concentro sulla mia riabilitazione ma sento ancora vivo il mio amore per lui; è un amore che non parla, non desidera, non pretende ma sta qui e lo sento; è purificato da tutte le brutture, paure, ossessioni; mi dà finalmente gioia. Non sono nostalgica né triste, le cose non potevano andare che così.
Naturalmente nella mia lettera non gli ho rivelato niente di tutto questo; i miei toni erano garbati e distaccati.
Provo ad interpretare le sue parole e mi chiedo se anche lui abbia amore per me (mi interrogo tormentosamente sulla sua frase "pensandoti nei miei ricordi conservo il mio amore per te come una cosa intensa e preziosa" chiedendomi se "conservare" voglia dire mantenere vivo e quindi fertile oppure custodire nella memoria), e se il tempo ed il perdono di cui parla servano a calmare i nostri animi e ricongiungerci più pronti oppure a prepararci alla separazione definitiva.
-Mi dico che nel caso lui continui ad essere convinto della scelta presa di interrompere la relazione non avrebbe scritto una lettera tanto "aperta".
- Inoltre, se fosse distaccato, perché dirmi di non "sentirsi pronto" ad incontrarmi ed ammettere che sarebbe emozionato (cosa lo turberebbe?).
Quello che è certo è che è probabile che non sia coinvolto in nessun'altra relazione; difficilmente avrebbe parlato in questo modo.
Mi pare una lettere commovente, ripeto, perché temevo covasse rabbia per i miei comportamenti.
Mi pare però che sia ambivalente, o forse sono io a leggerne l'ambivalenza.
Vorrei che qualche esperto mi aiutasse a decifrare le sue parole.
Vi ringrazio per l'attenzione.
Cara Paola, trapela dalla sua lettera, il dolore e la fatica che a volte (forse troppo di rado) compiamo per combattere le nostre angosce, le nostre paure e insicurezze che si trasformano in fantasmi e abitano, talvolta distruggono, ogni nostro tentativo di far andare le cose diversamente.... ha detto bene lei, forse " le cose non potevano andare che cosi"..
Quando agiamo in determinati modi, magari "sbagliati" col senno di poi, dovremmo pensare che forse in quel preciso momento della vita, con quella precisa persona davanti a noi, con il bagaglio di esperienze e vissuti che in quel momento ci portiamo dietro, non avremmo potuto fare diversamente. Non c è forse azione giusta o sbagliata se non l unica azione che in quel momento siamo in grado di fare. A mio parere, quello che dovrebbe chiedersi non è soltanto se quest'uomo voglia o meno ritornare con lei, se le sue parole siano di apertura o separazione ma bensì se quello che è stato tra voi non sia destinato a riproporsi, inevitabilmente anche in un'eventuale riconciliazione. Questo perché, alcune persone con le loro dinamiche, con i loro modi di essere, con le loro reazioni, ci richiamano dentro altrettante dinamiche profonde, modi di essere ed emozioni che magari persone diverse non sarebbero in grado di richiamare. A volte, i legami che stringiamo sono più forti quanto più sono disfunzionali per noi stessi, perchè sono proprio quei legami che ci toccano le parti più profonde della nostra psiche e per questo stesso motivo, spesso non riusciamo a viverli, a reggerli. Allora, in questi casi, la cosa più sana per noi potrebbe essere il "conservare" i ricordi e i sentimenti affinché non possano più farci del male.