La respirazione accompagna ogni esperienza che viviamo, ogni pensiero che in automatico affiora nella nostra mente, ogni emozione che proviamo e sostiene ogni azione che attuiamo per raggiungere i nostri obiettivi. Per me, come per ogni terapeuta della gestalt, la respirazione assume nel lavoro corporeo un ruolo fondamentale. Saper sentire e osservare la propria respirazione e quella del paziente è la prima qualità della relazione terapeutica. E' il primo dato dell'intercorporeità.
Il training autogeno è una tecnica di rilassamento di interesse psicofisiologico, usata in ambito clinico nella gestione dello stress e delle emozioni, e nei disturbi psicosomatici.
La tecnica consiste in una serie di esercizi di concentrazione, durante i quali l'individuo impara a ripetersi mentalmente determinate formule mirate alla distensione di specifiche zone corporee, allo scopo di ottenere un generale stato di rilassamento sia a livello fisico che psichico. Infatti, la caratteristica fondamentale di questo metodo è la possibilità di ottenere delle reali modifiche corporee, che a loro volta sono in grado di influenzare la sfera psichica dell'individuo. Ciò è possibile perché l'organismo umano è un'unità biopsichica, nel senso che mente e corpo non sono componenti autonome e indipendenti, ma sono strettamente correlate in un rapporto di influenza reciproca e costante; è pertanto possibile attraverso semplici attività mentali produrre modificazioni delle funzioni organiche e viceversa.
Per fare un esempio di questo concetto, basta pensare quando si ha fame: è stato dimostrato che, in questi momenti, la sola idea di un buon pranzo sia in grado di stimolare vere e proprie modificazioni fisiologiche, quali salivazione (la cosiddetta acquolina in bocca) e secrezione gastrica. In sostanza, sia che si mangi realmente il cibo, sia che lo si immagini solamente, il corpo reagisce nello stesso modo.
La tecnica del TA si basa, infatti, sul principio di apprendimento psicologico denominato "condizionamento classico". In pratica, consiste nel fatto che, ripetendo gli esercizi, si può associare una formula o un esercizio mentale ad uno stato fisiologico e psicologico (risposta incondizionata). Durante l'allenamento intervengono altri importanti processi neuropsicologici che provocano un vero e proprio cambiamento psicofisico. Con il TA, anche in assenza di stimoli concreti, si possono percepire sensazioni fisiche attraverso la rievocazione di immagini mentali. Volendo tradurre questa affermazione con un esempio pratico, allenandosi ad immaginare l'acqua calda che scorre sul nostro corpo questo sarà capace di avere risposte fisiologiche simili a quelle che lo stimolo produrrebbe nella realtà (irrorazione del sangue sulla parte del corpo, aumento della temperatura corporea).
E' chiaro che, per ottenere questo, ci vuole costanza nella pratica e molta concentrazione. Solo attraverso l'allenamento e la ripetizione costante degli esercizi è possibile ottenere sempre più consolidate risposte di distensione e tranquillizzazione. La regolare pratica degli esercizi porta alla produzione sempre più spontanea delle modificazioni fisiologiche tipiche dello stato di rilassamento.
Lo scopo del TA è quello di far raggiungere alla persona una distensione globale dell'organismo. La generale distensione prodotta da questa tecnica ha un consistente effetto riposante e ristorativo, tanto è vero che, per alcuni studiosi, quando un soggetto è arrivato a un grado elevato di allenamento, un breve esercizio di TA potrebbe addirittura sostituire una o due ore di sonno. Con la pratica del TA, la persona ha una migliore gestione di sé di fronte a situazioni stressanti e che provocano ansia, una riduzione generale della tensione emotiva e il recupero delle energie e risorse psicofisiche. L'azione del TA, che va in senso esattamente contrario agli effetti dello stress, produce un profondo stato di calma che interessa non solo il corpo, ma anche la sfera emotiva.
Il TA risulta essere uno strumento estremamente versatile ed utile in molteplici situazioni che da alcuni possono essere vissute come particolarmente stressanti, come ad esempio un sovraccarico di lavoro, un'importante competizione o un esame. Negli anni si è notevolmente diffuso nel campo dello sport, in particolare nella preparazione degli atleti e per intere squadre sportive, al fine di migliorare le prestazioni fisiche e favorire il recupero di energie permettendo una migliore gestione delle proprie risorse. Migliora, inoltre, la concentrazione e contribuisce al conseguimento di alte prestazioni. L'induzione della calma e la corrispondente tranquillizzazione emotiva che si raggiungono attraverso l'allenamento autogeno fanno di questa tecnica uno strumento assai efficace nella gestione degli stati d'ansia e nei disturbi in cui l'ansia ha un ruolo predominante, come ad esempio gli attacchi di panico, disturbo ossessivo compulsivo, balbuzie, tics, etc. Utile, inoltre, nella cura dell'insonnia e per prevenire disturbi psicosomatici, quali emicrania, gastrite, cefalea, tachicardia, asma, etc. E' stato applicato con successo anche per eliminare abitudini negative come il fumo e per la preparazione al parto.
Pur essendo estremamente versatile, il training autogeno non è adatto a tutti, infatti è fortemente sconsigliato nelle patologie depressive (non riuscirebbero a raggiungere il livello minimo di concentrazione necessaria) e psicotiche. Nel disturbo bipolare dell'umore può provocare una condizione di disagio in alcuni casi grave, nei casi di dissociazione può essere del tutto inutile o dannosa, dove vi siano segni di scissione della personalità può accentuarne i sintomi. E' controindicata per soggetti con problemi cardiaci (ad es. individui con recente episodio di infarto miocardico). Un occhio di riguardo va dato anche alle donne in gravidanza che possono avvicinarsi alla tecnica con alcune accortezze: è necessario, infatti, apporre alcune modifiche nell'esecuzione dell'esercizio del calore e della pesantezza a causa della presenza di eventuali cambiamenti nel sistema circolatorio della donna.
Le controindicazioni devono essere sempre valutate nei singoli casi e nella grande variabilità che contraddistingue i diversi soggetti. In alcuni casi, infatti, quando è presente una condizione che può invalidare l'azione del TA o interferire con una malattia già in atto, è opportuno apportare delle modifiche, cioè cambiare o addirittura omettere un esercizio.
Ogni soggetto reagisce in maniera differente al TA e ciò dipende dal livello di consapevolezza corporea che ognuno di noi ha. E' bene sottolineare, inoltre, che nel TA è necessaria una buon dose di motivazione e un sincero interesse, da parte del paziente, nei confronti della tecnica.
Il Ruolo della Respirazione nel Training Autogeno
La respirazione è un atto naturale, spontaneo ed autonomo. La prima azione che compiamo al momento della nascita, la prima esplosione di vita. Respirare è una funzione vitale come nutrirci e bere, è un comportamento importante e fondamentale per la sopravvivenza, eppure così difficile e quasi impossibile in alcuni momenti.
Spesso travolti dalla frenesia della vita quotidiana trascuriamo il respiro non dando abbastanza importanza alla respirazione corretta. Sappiamo che il respiro è necessario per vivere, che l'ossigeno fornisce l'energia necessaria al movimento, eppure non ci rendiamo conto che un respiro inadeguato riduce la vitalità. Nei casi in cui la respirazione è cronicamente povera le arteriole si restringono ed il numero di globuli rossi diminuisce. La maggior parte delle persone respira poco e sotto stress trattiene il respiro, aumentando lo stato di tensione. Nella vita di tutti i giorni, quindi, il respiro è un indicatore e segnalatore di cosa ci circonda, di come lo percepiamo e il nostro corpo lo utilizza per comunicarci i nostri prossimi passi: affrontare o scappare.
La respirazione, inoltre, è influenzata in ritmo e in ampiezza dai nostri stati emotivi: in condizioni di stress o eccitazione diventa rapida e superficiale, mentre in stati di rilassamento o durante il sonno risulta più lunga e profonda. Allo stesso tempo accade anche l'inverso e cioè che il respiro stesso possa andare ad influenzare il nostro stato psicofisico aumentando la tensione o, al contrario, riportando uno stato di calma e distensione.
La maggior parte delle tecniche di rilassamento parte da una gestione consapevole della respirazione, portando chi le pratica in una condizione di consapevolezza del proprio corpo. Attraverso la respirazione e il rilassamento è possibile rimettersi in contatto con noi stessi e, quindi, abbassare la soglia di tensione corporea.
Attraverso ogni atto respiratorio andiamo a ossigenare ogni singola cellula del nostro corpo e della nostra mente. Questo è il carburante che ci ridà energia e benessere. Utilizzare questo tipo di tecniche ci permette di purificare il nostro corpo dalle tossine, di darci più energia e di renderci più consapevoli. Infatti, le tecniche di respirazione producono vantaggi dal punto di vista fisiologico, psicologico e comportamentale.
Personalmente trovo che l'impiego delle tecniche di rilassamento abbia notevoli benefici:
Essere consapevoli della propria respirazione può aiutare a diminuire la frequenza respiratoria e cardiaca, il cui aumento è spesso segnalato tra i sintomi di chi soffre di ansia e attacchi di panico. Inoltre aiuta a ridurre lo stress, l'ansia e la frustrazione, anche per non ricorrere a comportamenti compensatori quali l'eccesso di alcool, fumo, cibo.
Ci aiutano a sviluppare una maggiore consapevolezza della nostra corporeità, superando la divisione tutta occidentale tra mente e corpo. Impariamo a ri-conoscere come ci sentiamo (sia in termini di percezioni che di emozioni) quando siamo tesi e quando siamo rilassati.
Trattandosi di esercizi che è necessario imparare e praticare con una certa frequenza, ci costringono a stare concentrati sul "qui-ed-ora" di quel momento specifico. Anche se solo per pochi minuti, i pensieri non divagano verso le nostre preoccupazioni e noi restiamo fermi ed ancorati nel presente, concedendoci una preziosa tregua dalla frenesia della vita moderna.
Nel primo incontro di TA proponiamo un esercizio di approfondimento della respirazione e accompagniamo il paziente a consapevolizzare il processo di inspirazione e di espirazione evocando nell'inspirazione l'immagine di rigonfiare prima l'addome e poi il torace e successivamente nell'espirazione lo svuotamento totale del torace e dell'addome (Falcone T., 2015).
Si impara ad osservarsi passivamente mentre si respira, senza intervenire nel processo, come se si fosse degli spettatori a teatro che seguono le scene su un palcoscenico. Non bisogna distinguere fra respirazione "giusta" e "sbagliata", l'atteggiamento deve essere assolutamente passivo. All'inizio non ha nessuna importanza se la respirazione è superficiale o profonda, lenta o veloce: meno si cerca di influenzarla e più rapidamente si ristabilirà un ritmo naturale e rilassato. Chi ha praticato discipline come lo Yoga, o chi ha disturbi respiratori, potrebbe avere, paradossalmente, una difficoltà in più perché sarà abituato in qualche modo ad influenzare attivamente ritmo e ampiezza della respirazione. L'esercizio della respirazione nel TA può risultare, infatti, difficoltoso a dispetto della sua apparente semplicità, ma al tempo stesso è uno degli esercizi più potenti. La difficoltà sta nel riuscire a cambiare atteggiamento: mettere da parte la volontà di controllare e lasciarsi andare passivamente a ciò che accade. Importante, nel TA, il processo secondo cui ogni fenomeno corporeo non viene forzato, ma avviene spontaneamente da sé.
Una corretta gestione del respiro può, già di per sé, portare grandi benefici a livello psicosomatico. È molto comune, proprio a causa del costante stato di stress in cui si trova la maggior parte di noi, che il nostro respiro si trasformi, passando dalla respirazione naturale a una più forzata. Questa modalità di respirazione, detta toracica, vede il diaframma in una posizione quasi passiva. È infatti la cassa toracica a compiere il movimento per espellere l'aria. In questo modo, però, non si riesce ad effettuare il naturale ricambio totale di aria nei polmoni.
Grazie al cosiddetto esercizio del respiro, il soggetto acquisirà una maggior consapevolezza di come funziona il proprio organismo, fino a rendere automatica la pratica della corretta respirazione diaframmatica. Le prime volte egli dovrà cercare di respirare senza gonfiare la cassa toracica, non alzando le spalle. Egli percepirà nettamente la piacevole sensazione dell'aria che scende verso la pancia. Sarà proprio l'addome a gonfiarsi durante l'inspirazione. Facendo ciò, il diaframma scenderà verso il basso permettendo all'aria di riempire i polmoni.
Il diaframma, grazie alle sue grandi dimensioni e alla sua posizione di assoluta centralità rispetto al corpo umano, non assolve soltanto alla funzione respiratoria, ma anche ad altre funzioni di fondamentale importanza per la vita: la funzione circolatoria, la funzione digestiva e quella statico-posturale. Inoltre, il diaframma toracico entra in gioco da protagonista anche in molte attività del nostro corpo, volontarie e involontarie, piacevoli e fastidiose, come il canto, la risata, lo sbadiglio, il singhiozzo e lo starnuto. Infine, va considerato un aspetto del diaframma, meno noto ma fondamentale nella vita di tutti e spesso cruciale per la salute e la qualità di vita, cioè il rapporto con le emozioni, la relazione tra diaframma ed emotività. Il diaframma riveste una grande importanza anche riguardo alle emozioni perché è molto sensibile allo stato di tensione provocato da problemi, dolori, apprensioni e ansia. Ciascuno di noi ha già provato cosa accade alla respirazione dopo uno stress emotivo: sensazione di blocco del respiro oppure di avere ricevuto un pugno nello stomaco. I colpi emotivi, proprio come quelli fisici, possono creare danni alla struttura del diaframma e condizionarne la funzionalità. Se si è arrabbiati, preoccupati o in ansia, il diaframma tende a rimanere contratto, in tensione appunto; se queste condizioni emotive si protraggono nel tempo, esso tenderà a fissarsi in tale stato in modo permanente, diventando retratto, con le fibre corte, praticamente bloccato. Un diaframma permanentemente bloccato è molto limitato nelle sue funzioni, non solo respiratorie; conseguenza saranno problemi e patologie anche gravi agli organi ed alle strutture cui è collegato.
Esistono manovre meccaniche, praticate in osteopatia, che consentono di decontrarre un diaframma bloccato ma, come sempre, la miglior cura è la prevenzione, ecco perché è importante mantenere elastico, forte e duttile il diaframma; al pari di qualunque altro muscolo risulterà più resistente e meno vulnerabile anche alle reazioni emotive.
Quando siamo in uno stato di calma e rilassamento la nostra respirazione diventa diaframmatica, si attiva la parte inferiore dei polmoni, vengono messe in circolazione endorfine ed altre proteine che inducono ad una sensazione di benessere. Questo tipo di respirazione è tipica dei neonati e per questo ci parla di uno stato originario di calma, che l'essere umano ha, nel tempo della sua crescita, perduto.
Fortunatamente è possibile, con l'allenamento, tornare ad attivare la respirazione diaframmatica, per condurre il nostro organismo e la nostra mente a ritrovare la condizione di calma e benessere.
Ritrovare la capacità di connettersi con il nostro corpo e sintonizzarsi sul nostro respiro, re-imparando la respirazione diaframmatica, è riaffermare, come scrive Lowen, il nostro diritto di essere persona. Attraverso il TA, le tecniche di rilassamento e di visualizzazione mentale è possibile rallentare il ritmo frenetico del nostro respiro e della nostra vita.
Più il paziente avanzerà nell'apprendimento della tecnica del training autogeno, più sarà semplice e automatico acquisire e mantenere il giusto modo di respirare, con un ritmo più lento, allungando i tempi di inspirazione e soprattutto di espirazione e garantire un corretto apporto di aria a tutti i tessuti. La sensazione di rilassamento sarà gradualmente sempre maggiore, producendo un vero e proprio senso di benessere generale.
Quando il paziente si concentra sulla respirazione, lascia andare il suo corpo e il suo respiro affidandosi al corpo dell'altro. Nel TA respirare non è solo imparare a respirare meglio, ma è anche affidarsi all'altro. La respirazione è il prototipo della comunicazione ed è il primo modello di scambio affettivo. Durante il training autogeno, nel setting strutturato appositamente per il rilassamento, il paziente lascia andare l'inspirazione e l'espirazione accanto al corpo del terapeuta che a sua volta respira, accoglie e vigila sul suo rilassamento. Il terapeuta dovrà essere pronto a osservare tutto ciò che accade, in fiduciosa attesa, a volte accompagnando anche il ritmo dei movimenti respiratori. Saper sentire e osservare la propria respirazione e quella del paziente è la prima qualità della relazione terapeutica. Respirare vicini, insieme, con il corpo che si affida a un altro corpo potenzia non solo la consapevolezza respiratoria, ma sostiene anche l'affidarsi all'altro in quel contatto rigenerante pieno di "impliciti" fenomeni. In tutto il corso del TA il paziente può allenarsi al respiro, alla sensazione, ma soprattutto può affidarsi con il corpo al corpo accogliente, competente e discreto del terapeuta. Molti pazienti affermano che, durante gli esercizi con il terapeuta, hanno maggiore accesso a rievocazioni di immagini e sensazioni. Per questo motivo è importante che sia uno psicoterapeuta a somministrare il TA e, nell'era della tecnologia, non lasciare che computer, video o nastri occupino il posto del contatto umano (Falcone T., 2015).
Bibliografia
Falcone T. (2015), Intercorporeità - Pratica e Teoria. Per un Terapeuta in Formazione Continua, Alpes
Hoffmann B. H. (1980), Manuale di Training Autogeno, Astrolabio Editore
Lowen A. (1982), Il linguaggio del corpo, Feltrinelli Editore
Morelli M. (2019), Le tecniche di respirazione Yoga, Red Edizioni
Schultz J.H. (1976), Il training Autogeno, Feltrinelli Editore
Watzlawick P. (2005), Istruzioni per rendersi infelici, Ed. Feltrinelli, Milano.
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