Numerosi studi hanno ormai accertato le possibili conseguenze della pandemia da Covid-19 sulla sfera psichica ed emozionale: difficoltà nelle relazioni, fatica eccessiva e sensibile calo della concentrazione nello svolgimento di attività di studio e di lavoro, fino all’insorgenza di disturbi depressivi, d’ansia, psicosomatici, al peggioramento di difficoltà psicologiche pregresse, alla necessità di assumere o incrementare la dose di psicofarmaci per gestire l’ansia, la depressione, l’insonnia, ecc.
Se dovessimo riassumere in una parola gli ultimi due anni, molto probabilmente ci troveremmo tutti d’accordo sul fatto che quel termine sia “paura”: di essere infettati, di contagiare involontariamente gli altri, di conoscere l’esito di un tampone, di morire o che possano venire a mancare le persone care, di perdere il lavoro e la sicurezza economica, ecc.
La pandemia da Covid-19 ha generato in molti un forte disagio emozionale, non solo perché ha imposto di far fronte a periodi di quarantena, di isolamento, di forte preoccupazione per la nostra salute e dei nostri cari, fino al dover affrontare un lutto, ma anche perché ci ha fatto confrontare, tra l’altro in modo forzato e violento, con il “limite”. Limite in tutte le forme in cui esso si presenta: limite del tempo, che continua a scorrere anche se a volte non vorremmo, limite alla nostra possibilità di pianificare ed organizzare gli impegni, il limite per eccellenza quale è la morte.
Insomma, la pandemia da Covid-19 ci ha fatto sbattere come treni in corsa contro un importante dato di realtà: il controllo che è possibile esercitare sulla nostra vita non è mai assoluto, ma relativo, ovvero, c’è un “limite” ad esso. Scomoda consapevolezza in un momento storico e sociale in cui siamo abituati a dare estrema importanza all’autodeterminazione, al “tutto e subito” e in cui non è previsto uno spazio mentale alla possibilità che le cose possano andare diversamente da come le abbiamo programmate, cioè non riusciamo a tollerare l’attesa, la frustrazione, la perdita e facciamo molta fatica ad accettare e ad adattarci in modo flessibile all’imprevisto.
Come tutti i momenti di crisi però, dato che non possiamo scegliere di viverli e nemmeno evitarli, possiamo però provare a “sfruttarli” e a lavorare affinché sia possibile trasformare i momenti di difficoltà in un vantaggio.
“Limite al controllo”: concetto ovvio a livello razionale, ma, aimè, non sul piano più profondo, emotivo…e la prova di questa nostra negazione è il fatto che con la pandemia ci siamo sentiti improvvisamente catapultati nell’estremo opposto: la sensazione di totale discontrollo, la percezione che tutta la nostra vita ci stesse improvvisamente sfuggendo di mano, che non controllassimo più nulla.
Ma è davvero così o è possibile per una volta provare a cambiare punto di vista, guardare le cose da un’angolazione diversa? Quello che è certo è che con l’arrivo dell’emergenza sanitaria il modo con cui ciascuno di noi guardava la vita è diventato obsoleto, ed il volerlo mantenere a tutti i costi ha generato solo un braccio di ferro, nell’estenuante e fallimentare tentativo di non far cambiare nulla…mentre molte cose, invece, mutavano e continuano a farlo giorno dopo giorno.
In molti si ricorderanno (e, forse, provano ancora) la spiacevole sensazione di noia, “vuoto”, sperimentato specialmente all’inizio della pandemia. Dopo essersi spesso lamentati del fatto che il tempo a disposizione non è mai abbastanza, quando questo tempo viene concesso sembra che letteralmente “manchi la terra sotto i piedi” e non si sappia cosa farne!
Avete mai provato a chiedervi in questi momenti: “di cosa ho bisogno adesso?”.
Travolti dalla quotidianità, purtroppo, abbiamo perso l’abitudine di farci questa domanda, tanto che a volte non riusciamo a rispondervi. Eppure, è proprio in questa risposta che risiede la sicurezza, la parte vitale di ciascuno di noi, che ci impedisce di annoiarci e che ci consente di prenderci cura di noi e ci rende più capaci di farlo anche nei confronti degli altri.
La nostra sicurezza, infatti, passa proprio dal riconoscimento e dall’accettazione dei nostri “bisogni” (fisici, affettivi, relazionali, ecc.), delle risorse a disposizione per soddisfarli e del “limite” al controllo che possiamo esercitare in generale sulla nostra vita, quindi anche dalla capacità di dover tollerare a volte l’attesa e la frustrazione rispetto alla soddisfazione dei nostri bisogni.
È quindi molto importante imparare a convivere con l’iniziale sensazione di passività ed impotenza che talvolta i nostri bisogni suscitano; per questo è essenziale la comprensione che la passività non è mai assoluta, ma è uno stato transitorio, in cui è possibile riconoscere i propri bisogni per poi divenire attivi e cercare di soddisfarli utilizzando le risorse che ciascuno di noi ha a disposizione.
Dedicare, da un lato, il proprio tempo ad iniziare gradualmente a sentire, ad esplorare i propri bisogni, procedendo talvolta anche per prove ed errori, esercitando l’abilità di auto-osservazione (come mi sento adesso, fisicamente ed emotivamente?) e, dall’altro, lavorare sulla consapevolezza ed accettazione dei “limiti” al controllo, sono i due aspetti di cui è importante occuparsi in questo periodo così difficile, per recuperare le redini della nostra vita.
Crearsi uno spazio mentale in cui divenire consapevoli ed accettare i limiti al controllo consente, infatti, di fare il secondo passaggio fondamentale: lo “spostamento del potere”. Questo significa che se si riconosce di avere un controllo, un “potere” relativo e non assoluto, su una certa situazione, è possibile orientare poi il fuoco dell’attenzione agli ambiti su cui invece si può esercitare una presa maggiore, senza uno spreco di energie e traendone invece un senso di benessere ed efficacia.
Non è possibile prevedere e controllare ciò che accadrà in futuro, così come non si possono controllare i propri sentimenti, eliminando la paura e l’ansia che proviamo spesso in questo periodo. Si tratta quindi di mediare tra “onnipotenza” ed impotenza, a favore di una posizione di potenza relativa, basata sulla consapevolezza delle proprie risorse e potenzialità, ma anche di alternanza di momenti di passività ed attività.
L’elaborazione psicologica di questo difficile periodo per molti sta avvenendo in modo spontaneo; altre volte, quando sono attivati vissuti psicologici più complessi o sintomi psicosomatici, può essere opportuno ricorrere ad un aiuto specialistico di tipo psicoterapeutico, così che possa essere intrapreso un lavoro psicologico avente l'obiettivo di rimuovere gli ostacoli che impediscono il processo di adattamento psichico.
commenta questa pubblicazione
Sii il primo a commentare questo articolo...
Clicca qui per inserire un commento