Il termine "ansia" oggi giorno è diventato di uso comune, forse troppo. Molte persone utilizzano questo termine in associazione ad altri sintomi e disturbi come: paura, fobia, stress, attaco di panico; sembra così venirsi a creare una grossa "insalata" di sintomi che si mischiano tra sé.
Succede, allora, che molte persone oggi utilizzano questo termine con una modalità generica a tal punto che questa parola risulta quasi "diffusa", ovunque, sia nel corpo, sia nelle relazioni, nei vari contesti di vita, divenendo quasi troppo globale ed acquisendo, forse, una valenza superficiale che non permette quindi di associare il giusto significato al giusto sintomo o disturbo (un caso simile credo riguardi il termine "depressione", usato spessissimo, gratuitamente e spesso in modo inconsapevole).
L'ansia che proviamo è un fenomeno normale, come la paura, perché ci segnala che il nostro organismo si è attivato a livello fisiologico e che è necessario trovare una soluzione al problema di fronte a situazioni potenzialmente pericolose.
Diviene un disturbo quando lo stato ansioso è "sopra le righe" rispetto ai reali pericoli o se non ne esiste alcuno di questi. Il nostro corpo ci segnala questi stati di ansia attraverso alcuni sintomi, credo però che alcune persone facciano confusione e spesso convivano con l'ansia come se facesse parte di loro, altri possono anche mai soffermarsi un attimo per chiedersi da dove derivi quel sintomo, quale sia la causa.
Altri ne sono maggiormente consapevoli e alcuni arrivano a sviluppare una sintomatologia ansiosa importante chiedono l'aiuto dello specialista ed è quello un nodo fondamentale che può dettare le sorti della risoluzione o meno del sintomo stesso.
L'ansia appartiene ad un individuo ma ques'ultimo si trova all'interni di una rete di relazioni sia sociali che familiari. All'interno quindi di un corretto inquadramento diagnostico il paziente che richiede aiuto allo specialista per risolvere una sintomatologia ansiosa credo che debba essere da subito inserito in un contesto relazionale ampio 360° che racchiuda ogni membro familiare e sociale a lui vicino; si viene così a creare il sistema relazionale in cui è coinvolta la persona che chiede aiuto.
All'interno di questo sistema vigono precise regole, ruoli e alleanze specifiche che possono influire e mantenere lo stato sintomatico di un individuo che diventa "paziente designato" all'interno del proprio contesto familiare (tale contesto può comprendere sia la famiglia attuale che quella di origine).
Esclusa ogni causa medica a seguito di una corretta diagnosi differenziale, questo tipo di indirizzo interpretativo fa si che ogni attore, che ruota intorno al paziente, possa essere coinvolto e fin da subito potrà essere individuato un percorso psicologico o psicoterapico idoneo, sia che quest'ultimo abbia una valenza individuale, di coppia o familiare.
Il lavoro psicoterapeutico non si incentra quindi sul trattamento del sintomo ma sulle relazioni e i contesti che lo possono avere generato.
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