Salve, sono una ragazza di 21 anni e da circa un mese e mezzo ho cominciato ad avere attacchi d'ansia improvvisi...la prima volta mi è capitato dormendo a casa di amiche, mi giravo e rigiravo senza prender sonno e a un certo punto mi sono sentita il cuore che batteva all'impazzata, mi sentivo debole, come se non avessi il controllo del mio corpo, e ovviamente spaventatissima da questa cosa inattesa... dapprincipio si era calmato in fretta, x poi però ricominciare x un tempo parecchio più lungo... dopo quest'episodio ho fatto vari controlli medici (pressione,elettrocardiogramma) da cui però non è risultata alcuna anomalia... al che, anche parlandone con amici a cui era successo qualcosa di simile, sono giunta alla conclusione che si trattasse di un attacco di panico, probabilmente dovuto al forte stress che sento al momento (mi sto per laureare,mi mancano tre esami e il tempo stringe...soprattutto x gli obiettivi che mi ero prefissa). Insomma la situazione si è poi ripresentata,in misura più lieve, più o meno un mese dopo...e di lì, altre due volte, più ravvicinate...l'ultima proprio stanotte, in cui sembrava tra l'altro che nessuno dei modi che normalmente alla lunga mi avevano calmata le altre volte (camomilla, chiacchiere, musica) potesse darmi tregua... A volte la situazione è accompagnata anche da fastidio allo stomaco, che ha come conseguenza vomito o diarrea. Cosa devo fare? Cosa fare a lungo termine, ma anche cosa fare nell'immediato momento in cui succede, x cercare di tranquillizzarmi? Ieri mi è capitato a ruota continua x quasi tre ore, prima che potessi dormire, crollando dalla stanchezza..
Ciao Anna, dalla descrizione che fai dei tuoi sintomi è ipotizzabile parlare di disturbo da attacco di panico per l'episodio a casa delle amiche. Per quello che concerne le altre descrizioni potrebbero essere dovute all'ansia anticipatoria che ogni "attaccatore" si crea a seguito di un primo attacco per la paura che questo si ripresenti. Ottimi risultati sono stati ottenuto per questa problematica dalla terapia cognitivo-comportamentale che prevede, da una parte l'analisi dei pensieri negativi, detti anche disfunzionali, e dall'altra una modificazione di alcuni comportamenti che altrimenti andrebbero a vantaggio del sintomo. Molto spesso infatti sono i nostri pensieri che alimentano le nostre emozioni fino ad estremizzarle nei loro aspetti più negativi e questo porta poi ad attuare atteggiamenti che rinforzano il disturbo stesso. Ad esempio se ho paura di affrontare una situazione, questo pensiero mi farà crescere l'ansia e con buone probabilità il tipo di comportamento che emetterò, sarà di evitare la situazione in oggetto. La realtà quotidiana si restringerà sempre di più, così come quella relazionale e tutto questo porterà ad un abbassamento dell'autostima, poichè non potrò dire a me stesso "riesco ad affrontare questa situazione". Attraverso il modello cognitivo il terapeuta ti potrebbe aiutare a diventare più consapevole dei tuoi pensieri e di come modificarli, mentre dal punto di vista comportamentale ti aiuterà ad affrontare, in senso pratico, attraverso una tecnica chiamata "esposizione" ,le situazioni che hai incominciato ad evitare. In ogni caso è bene ricordare che un attacco d'ansia è sempre un'ottima opportunità che il mio corpo ci offre per comprendere qualcosa che forse non ho voluto vedere o non ho compreso prima. In bocca al lupo per gli studi e per il tuo eventuale percorso personale.
Cara Anna, le tue conclusioni sono corrette, si tratta di un Disturbo da attacchi di panico, molto comune e molto conosciuto. Di solito si manifesta quando una persona non solo è sotto stress, ma vive (spesso a livello inconscio) un conflitto interiore tra bisogni profondi ugualmente importanti per la persona ma in contrasto tra loro (esempio classico: bisogno di crescere in autonomizzazione dalle relazioni familiari e bisogno di appartenenza-dipendenza-protezione). In questo caso il sintomo di panico diventa una "spia" del disagio sottostante, è come una spia luminosa che accendendosi dice alla persona: "attenzione, c'è qualcosa che non va, che richiede la tua attenzione per cambiare perchè così vivi male". Per capire che cosa la "spia" ci sta dicendo conviene rivolgersi ad uno specialista di fiducia (psicologo, psichiatra o psicoterapeuta) che con colloqui di approfondimento è in grado di aiutare la persona a prendere maggiore consapevolezza dei propri bisogni e a esplorare possibili strategie di "cambiamento". Da non sottovalutare la possibilità di un aiuto anche farmacologico (i farmaci possono essere prescritti non da uno psicologo, ma da uno psichiatra o da un medico). I farmaci non risolvono da soli il disagio sottostante, ma permettono di ridurre significativamente i sintomi, e questo è importante soprattutto quando il disturbo è molto invasivo sulla qualità di vita di una persona e la condiziona con dolorose e penose limitazioni (evitamento di posti, situazioni, ecc, per paura di "stare male"). Però nel caso si utilizzino farmaci, su valutazione specialistica, è importante abbinarli a quel percorso di esplorazione psicologica detto prima. La cosa peggiore che si possa fare è usare solo i farmaci e basta, perchè non è risolutivo sul problema e può crearne un altro innescando una dipendenza. Spero che questa risposta possa esserti di aiuto. Se desideri maggiori informazioni contattami pure (lavoro a Modena). Un cordiale saluto.
Cara Anna, quello che puoi fare quando ti capita è di regolare innanzitutto il tuo flusso respiratorio. Ciò perché serve a ripristinare i livelli di ossigeno nel tuo organismo secondo parametri adeguati: sono il mezzo più efficace per riportare le reazioni involontarie che senti a livello di norma. Ti siedi o distendi e respiri regolarmente secondo questo schema: 5 secondi inspiri, 2 secondi trattieni, 7 secondi espiri. Quando lo fai, per non correre velocemente, conta: 1001, 1002, 1003…. Secondo questa dicitura, ti troverai a scandire i secondi dell’orologio senza fatica. E ripeti questa sequenza x 10 minuti. Ideale sarebbe che lo facessi 2 volte al giorno, distanziate, per almeno una settimana o 2. Per il resto, ciò che ti può servire è pensare che tale reazione improvvisa dell’organismo è quella che classicamente si ha dinanzi alla percezione di pericolo: l’organismo si attiva involontariamente per prepararsi alla fuga dal pericolo. Tu già ben descrivi la tua situazione come tesa e colma di scadenze importanti. Se pensi di continuo che non ce la farai, non ti prepari al peggio ma vivi male anticipatamente solo quello che conoscerai più avanti. Perciò lascia stare le previsioni e dedicati al presente. Se ti capita di notte, alzati, siediti e fai gli esercizi di respirazione lenta. Tra gli altri accertamenti da fare, forse manca il prelievo del sangue per monitorare valori tiroidei. Se cercherai uno psicologo in futuro, lavorano bene in quest’area quelli di formazione cognitivo-comportamentale. In bocca al lupo, vedrai che andrà tutto bene.
Cara Anna, escluse cause fisiche, poichè ha fatto vari accertamenti, si tratta, come già lei ha ben detto, di attacchi di panico. Da quello che ci scrive probabilmente adesso sono usciti fuori per il forte stress e tensione emotiva che avverte per via della laurea; però, mi permetto di dirle, credo che le cause vere del DAP, disturbo da attacco di panico, vadano ricercate attraverso una terapia individuale di tipo analitico, in quanto il motivo della laurea potrebbe essere stato semplicemente la "scusa" per far emergere qualche disagio più profondo. Le lascio la mia mail personale qualora avesse necessità: bozamauro@tiscali.it Saluti
Cara Anna, A volte situazioni di stress possono scatenare attacchi di panico, e questo può capitare pressochè a tutti. Quando però si innesca la paura persistente di avere un altro attacco e si adottano delle strategie per prevenirlo (come evitare alcuni ambienti o situazioni ansiogene, evitare attività fisica intensa, ecc), allora si innesca un vero e proprio disturbo. In questi casi, la persona che teme il sopraggiungere di un altro attacco di panico, per proteggersi dall'ansia, limita sempre di più la sua vita. La terapia farmacologica con farmaci inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI) funzionano bene nell'attenuare significamente il disturbo nel medio termine (3-4 settimane), ma purtroppo alla sospensione della terapia, il rischio di ricadere permane. I farmaci come le benzodiazepine (xanax, lexotan, ecc...) attenuano l'ansia nell'immediato, però danno assuefazione e dipendenza, ovvero per ottenere lo stesso effetto ansiolitico, il paziente avrà bisogno di assumerne un quantitativo sempre maggiore e si sentirà a suo agio solo se coperto dall'effetto del farmaco. La psicoterapia cognitivo comportamentale può offrire alcune tecniche che nel breve termine attenuano l'ansia, come la respirazione lenta e il rilassamento muscolare progressivo, potendo anche bloccare sul nascere un eventuale attacco di panico, e in più fornisce strumenti che aiutano la persona ad affrontare le situazioni temute e a prevenire le ricadute. Potrebbe informarsi se nella sua zona c'è un terapeuta che adotta questo approccio. In bocca al lupo