Gentile Signorina Concetta,
come prima cosa vorrei ringraziarla per il suo coraggio: non sempre è facile buttare fuori quello che ci rode dentro, a volte quanto più esso è importante per noi tanto meno riusciamo a comunicarlo. Quindi, se questa è come lei dice la prima volta che ne parla, lo prenderei subito come un segno del fatto che lei vuole davvero un aiuto e che, se vuole, può ottenerlo.
La sua vita non è affatto finita, mi creda, per quanto questo sia un semplice esame di realtà: la vita finisce quando finisce davvero, quindi credo lei abbia tutto il tempo per venire a capo della sua drammatica storia.
La sua vita, però, mia cara signorina, sembra essere giunta ad un "empasse", uno di quei punti cruciali in cui o facciamo i conti con noi stessi o non andiamo più da nessuna parte, come avessimo perso la bussola del nostro viaggio.
Potrei girare attorno al punto come un buon percorso terapeutico vorrebbe, ma questa è solo una mail non una seduta di psicoterapia, quindi spero non me ne vorrà se vengo subito a quello che, a mio modesto parere, mi pare essere il nocciolo della sua questione.
Credo che il suo nodo irrisolto stia in ciò che è o è stato il rapporto con suo padre, un indizio di tale nodo sta in quella che lei chiama la sua "fissazione" (e mi creda ha davvero azzeccato la parola giusta: "fissazione" in gergo tecnico è un termine che indica quando una parte di noi rimane attaccata, legata, "fissata" appunto ad un nostro nodo, riuscendo così noi solo a riviverlo, senza però risolverlo) per questo "altro" uomo che continua a rifiutarla e nel suo rifiuto si rende per lei tanto più ossessionante. Tanto che viene da chiedersi come reagirebbe se questa persona dovesse dirle si... Lo rincorrerebbe ancora o finirebbe egli col perdere tutto il suo fascino attrattivo su di lei come succede col suo fidanzato che pure, lei dice, la ama tanto, e non intendo porre dubbi su quest'ultimo punto, sia chiaro.
Il fatto è, mia cara signorina, che forse, dico forse, lei non sta correndo dietro una persona specifica, ma dietro un rifiuto - quello di suo padre nei suoi confronti - cercando di cambiare la sua storia ma riuscendo solo a riviverla in tutta la sua drammatica frustrazione e forse, mi viene da pensare, anche senso di colpa. Il senso di colpa di chi si sente inaccettato, inadeguato, respinto.
Mi perdoni se preferisco, in questa sede, non andare oltre questo punto. La sua storia non si ferma certo qui. E se pure le riuscisse chiaro il "chi/che cosa" lei stia inseguendo, le rimane ancora da capire il "perché" ed è quel tipo di perché spesso risolutivo che scioglie il nostro nodo e ci fa vedere chiaro dentro i nostri sentimenti, quali che siano.
Sperando di esserle stato in qualche modo d'aiuto, la esorto, ove possibile, a cercare un aiuto specifico: il suo è un percorso sicuramente difficile, ma, mi creda, non impossibile da superare.
La sua vita non è finita, mia cara signorina, è solo giunta ad una svolta importante che preme e si fa sentire per essere affrontata.
Con i miei migliori auguri di tutto