Non riesco a vivere e sono bloccato alla preadolesceza

Razuxx

Salve a tutti, sono S., uno studente universitario di 30 anni; o meglio, in teoria sono uno studente, perché mi sono iscritto all'università 3 anni fa e non ho ancora dato neanche un esame orale, né mai parlato con nessuno, per l'ansia.

Per comodità farò cominciare la mia situazione alla terza media, quando ho cominciato a rifiutarmi di andare a scuola.
Prima e seconda media erano state un inferno, non avevo amici, venivo costantemente emarginato e preso in giro in massa, sia perché mi piacevano cose ritenute infantili (come i Pokémon), diversamente dai miei compagni ossessionati da calcio e programmi televisivi (cose che detestavo), sia perché ero in forte sovrappeso; ma credo comunque che il vero problema fosse un altro, e cioè che venivo percepito come un individuo debole ed "indietro", oltreché diverso.
I miei genitori erano iperprotettivi, mi vedevano e trattavano come un bambino piccolo e, tra le altre cose, non volevano che uscissi da solo spaventandomi col rischio d'immigrati e pedofili e mi hanno tenuto all'oscuro su tutto ciò che riguarda il sesso. In classe era un continuo fare allusioni sessuali ed utilizzare termini del ramo, senza che capissi nulla.
Cercavo di socializzare rifiutando di omologarmi, ma venivo rifiutato. Non studiavo, perché ero completamente preso dal difendermi dalle derisioni. Quando tornavo a casa mi buttavo tutto il giorno sui videogiochi, mentalmente distrutto, e non pensavo a niente; la mattina avevo sempre i dolori allo stomaco per l'ansia. Mi sentivo come se stessi andando in guerra.
Dopo le vacanze estive tra la seconda e la terza media non ce l'ho più fatta a ricominciare tutto da capo, sono andato per un mese circa, con tante assenze nel mezzo, e dopo ho cominciato a non volermi più alzare dal letto la mattina, inventando scuse e litigando furiosamente coi genitori ogni giorno.

Omettendo i guai relativi all'obbligo scolastico, sono stato bocciato in terza media per le assenze, l'anno dopo non ci sono andato lo stesso e mi hanno fatto sostenere l'esame di terza media da non frequentante, per altri due anni mi sono iscritto al liceo e ci sono andato solo il primo giorno, occasioni nelle quali ho avuto giramenti di testa per la vergogna, che mi sono scattati rispettivamente quando un compagno si vantava delle sue esperienze sessuali (che io non avevo avuto) e quando dovevo scrivere la data di nascita sul test d'ingresso e consideravo un'onta essere bocciato due volte.
Quando è decaduto l'obbligo scolastico ho smesso di vedere persone del ramo psichiatrico, i miei mi hanno lasciato libero di fare quello che volevo, e in sostanza sono stato fino ai 20 anni chiuso in casa tra computer e videogiochi, senza avere alcuna esperienza di vita, né interazioni sociali coi coetanei, a parte quelle via internet (chat, forum...).
Uscivo solo insieme per andare a trovare parenti, o per fare compere (ma in supermercati fuori città, perché avevo paura d'incontrare ex compagni che mi facessero domande).
Quando avevo 20 anni i miei genitori hanno fatto venire in casa una psicoterapeuta per sbloccarmi e farmi prendere il diploma, cosicché potessi cercare lavoro. All'inizio non riuscivo neanche a guardarla, dopo tanti anni che stavo sempre in casa ero diventato molto timido e mi comportavo in modo "normale" solo con genitori e parenti, mi veniva da ridere da solo senza motivo e rispondevo alle sue domande con monosillabi... Le facevo vedere dei cartoni animati che mi piacevano, e pian piano ho preso confidenza e mi sono sbloccato anche con lei.
A 22 anni mi sono iscritto in una scuola privata ed è stata dura perché mi sono trovato in una classe di ragazzi svogliati e con problemi comportamentali, che erano bocciati più volte e che oltretutto per i miei comportamenti strani (come lo stare zitto ed immobile al primo banco fissando l'insegnante, o l'arrossire e mordermi il labbro per non ridere senza motivo, ma anche i miei modi goffi e il parlare a voce bassissima o tutto d'un getto), mi vedevano come una persona con problemi di tipo diverso (l'autismo, o comunque neurologici), mentre in realtà la mia era semplicemente una timidezza estrema e disabitudine alla vita sociale. Nonostante tutto, mi sentivo una persona più matura (anche se ero stato sempre in casa, ho conosciuto tantissime persone su internet, dal cui confronto sono cresciuto) e trovavo quella situazione frustrante ed umiliante.
Anche in quella circostanza, non ho retto le prese in giro e fatto molte assenze, ma ogni anno ho cambiato il mio status in non-frequentante, e sono arrivato al diploma.
Preso il diploma ho avuto un crollo emotivo, non accettavo la fine della gioventù e di dover trovare un lavoro a caso, soprattutto dopo aver trascorso gli anni delle superiori così male.

A dispetto dei 27 anni mi sono iscritto all'università, per studiare qualcosa che mi piace ed avere un'istruzione seria: l'ambiente mi stimolava e credevo che mi sarei riempito di amici, che avrei trovato una ragazza, che sarei uscito a divertirmi e che avrei fatto tutto quello che non avevo fatto da adolescente; mi sono abituato ad uscire da solo, a prendere il treno ed a fare il pendolare, più avanti anche ad entrare in bagno e ad andare alla mensa universitaria, senza avere un attacco di panico ecc., ma in questi 3 anni nessuno mi ha mai rivolto la parola e sono come invisibile, sto sempre da solo a prendere appunti e non ho il coraggio di farmi avanti con qualcuno perché ho paura di lasciar trasparire la mia situazione (è dai tempi delle medie che non ho una vita sociale, e anche prima ero comunque lo zimbello della classe!), non so come comportarmi né quanto e cosa dire; siccome a voce non parlo mai, se non un po' coi miei, ho l'impressione di aver anche disimparato a parlare e non mi presento agli esami orali per paura di dire quattro cose sconnesse in preda a sudore ed agitazione e di sembrare pazzo.
Penso ossessivamente alla mia vita e non riesco a studiare, mi chiedo perché nessuno si faccia avanti per socializzare e come mi vedano, se una collega mi chiede la penna, sto tutto il giorno a chiedermi se era interessata.
Mi sono fatto affittare dai miei un appartamento con sacrificio, credendo che così, senza la stanchezza del treno, forse sarei riuscito a sostenere qualche esame... Ma vivo barricato in casa, in una città dove non conosco nessuno, ho anche l'ansia a scendere a fare la spesa ed il fine settimana i miei mi portano il rifornimento di cibo, ormai non vado nemmeno più a lezione e mi sento schiacciato da tutti gli esami accumulatisi negli anni, oltre che dalle esperienze di vita in cui sono indietro...

Non so più cosa fare, mi sono visto con quella terapeuta per più di 10 anni e non vedo grandi risultati, alla fine mi sfogavo e raccontavo cos'avevo fatto nella settimana e basta; anche se sono più autonomo, dal punto di vista delle relazioni interpersonali, sono al punto di partenza.
Il mio problema, oltre all'ansia, è che non ho mai fatto niente nella mia vita (l'ansia è una conseguenza), dovrei costruirmi una vita da zero a 30 anni, ma se racconto solo il 2% della mia storia credo di spaventare le persone e di essere additato come malato di mente, rovinandomi l'esistenza, quindi sto chiuso a riccio, ma così facendo resto solo e non progredisco...

Cosa pensate che debba fare?
Mi sto sfogando in chat a caso e mi dicono di andare a farmi curare o pensano che sia semplicemente un fannullone, che doveva essere mandato a lavorare a calci; ricevo insulti e vengo scambiato per un mitomane.
Non so neanche se cercare un nuovo terapeuta, o quale figura.
Vorrei solo uscire, divertirmi, avere una vita normale...

4 risposte degli esperti per questa domanda

Buongiorno S.,

come lei racconta, i molti anni di psicoterapia individuale l’hanno aiutata ad aprirsi in un rapporto a due. In questo modo, ha potuto acquisire la capacità di affrontare la grande paura dello “stare in relazione”. Grazie a questa esperienza, quindi, lei ha potuto lavorare su di sé per acquisire  una certa autonomia fuori di casa.

Per quanto riguarda l’aspetto relazionale, le suggerisco di intraprendere una psicoterapia di gruppo di tipo dinamico-esperienziale.

Questo tipo di psicoterapia le darà l’opportunità di uscire fuori dal “guscio” in un gruppo allargato e di rendersi visibile di fronte a persone reali (e non virtuali) che, come lei, vivono la sua stessa paura e la stessa fatica di mostrarsi.

Vedrà che sarà un’esperienza molto arricchente.

 

Le auguro tutto il meglio

Gentile S.

Ha offerto egregiamente una descrizione molto dettagliata della sua situazione.

Non è detto che ad ogni età debba seguire una precisa esperienza di vita.

Non esistono manuali d'uso che consentono di comportarsi in modo "migliore" o "peggiore", anche perchè tali termini sono superficiali.

Ogni persona è degna di valore per il solo fatto di esistere. Ognuno di noi, a prescindere dal nostro comportamento e dalle nostre caratteristiche di personalità (che ci rendono magnificamente unici), è degno di essere amato e possiede di base la capacità di auto-realizzarsi. Qualche volta tale capacità va rispolverata un pò. 

Ciò che gli altri potrebbero percepire di noi è secondario all'autopercezione di noi stessi. Ovvero la nostra buona capacità di autopercepirci nel mondo, produrrà modifiche anche al contesto sociale in cui viviamo.

Saluti

Caro S., la sua storia mi ha ricordato quella di un ragazzo che sto seguendo. Lui è molto più giovane di lei, fa ancora le Scuole Medie, anche se non riesce ad avere una frequenza regolare. In realtà, va a scuola una o due volte a settimana, affrontando un grande stress emotivo. In entrambe le vostre situazioni, mi sembra che ci sia una tendenza a porre l'accento su quello che non si sa o non si può o non si riesce a fare, piuttosto che su quelle che sono le risorse da mettere in campo.
Quando parlo di risorse intendo riferirmi anzitutto alla scorrevolezza dell'esposizione scritta delle sue vicende e delle sue difficoltà, così come agli spazi di autonomia personale che lei si è progressivamente guadagnato e alle capacità di socializzare nelle chat e nei luoghi virtuali che dichiara di avere. Da ciò che descrive e da come si descrive, non mi sono fatto l'immagine di un ragazzino impacciato, ma di un giovane uomo piuttosto consapevole di se stesso, ma che ha paura che il ragazzino impacciato che ha smesso di frequentare la scuola tanti anni fa possa riemergere all'improvviso durante una conversazione informale o durante un esame universitario. Mi sembra tra l'altro che la paura coincida soprattutto con un utilizzo e un'espressione del corpo (parlare in pubblico, usare la voce, usare il linguaggio non-verbale eccetera), mentre per l'appunto se lei si esprime per iscritto o in chat virtuali, il rischio e la vergogna sono più remoti.
Il consiglio che posso darle passa quindi anzitutto da una maggiore presa di consapevolezza del proprio corpo. Da questo punto di vista, potrebbe esserle utile un programma di meditazione (per esempio l'MBSR di Kabat-Zinn), una qualche forma di Yoga o semplicemente l'iscrizione in una palestra. In secondo luogo, sarebbe utile tracciare una demarcazione meno rigida tra ciò che dice di aver appreso nelle chat e nei forum on-line e la conversazione a tu per tu. Provi a immaginarsi che così come le riesce di esprimersi utilizzando il filtro della tastiera e dello schermo, non le sarà impossibile farlo anche tramite la voce.
Spero di esserle stato utile. Le auguro di trovare quello che cerca.

Gentile S.,

nella sua storia dà conto della grande sofferenza che vive fin da bambino.

A causa del sovrappeso, della timidezza, dell’essere oggetto di costante derisione perché percepito come infantile e quindi “debole e diverso”, ha impegnato ogni sua energia a difendersi da quelle interazioni aggressive che la facevano sentire “mentalmente distrutto”.

Nell’incontro con gli altri provava frustrazione, vergogna, inadeguatezza, e tutto questo l’ ha portata ad evitare sempre più ogni contatto sociale e a viversi come  una persona che ha accumulato solo fallimenti.

Ora si è iscritto all’università ma la sua vita non è cambiata e si sente sempre più  solo. E’ molto importante, indispensabile, che lei intraprenda un percorso terapeutico.

In quel contesto potrà decidere il da farsi. Non può continuare a fare lo studente che non dà esami, è inutile e dannoso. Non può continuare a vivere isolato dal mondo, nascosto in una tana.

Conosce la storia del brutto anatroccolo?

Dott.ssa Maria Gurioli

Dott.ssa Maria Gurioli

Ferrara

La Dott.ssa Maria Gurioli offre supporto psicologico anche online