In realtà si ha una intensa sensazione di paura o paure che insorge improvvisamente non necessariamente causata dall’esposizione ad una situazione che per il soggetto è abitualmente ansiogena, anche se talvolta accade (ma in questo caso si tratta di fobia e cessata la situazione fobica recedono immediatamente anche i sintomi), più spesso ad esordio improvviso e nel giro di pochi minuti si intensificano alcuni sintomi tipici di un attacco d’ansia ( difficoltà a respirare, tremori, sudorazione, tachicardia…. ) che portano il soggetto a credere di stare per morire o di impazzire.
Esistono poi altre indicazioni più tecniche legate alla diagnostica ( si devono escludere possibili cause organiche, uso di sostanze psicoattive, fobia semplice e fobia sociale..) ma tralascerò di proposito di approfondire ulteriormente l’aspetto tecnico limitandomi a dire che l’età di insorgenza è indicata entro la fine della terza decade e che spesso è presente un consistente disturbo depressivo, per dedicarmi di più a delineare l’aspetto emotivo e le complicanze sociali, lavorative e relazionali. Si può senz’altro affermare che le sensazioni ( cioè i sintomi ) che si sperimentano durante un attacco di panico, almeno per la loro intensità, sono fra le più dolorose che una persona possa sperimentare sul piano personale e psicologico.
Da cosa deriva un attacco di panico? La vera risposta sarebbe: non lo sappiamo!
Pur tuttavia mentre nei manuali psichiatrici e nel DSM-IV si parla di fattori predisponenti ( disturbo da ansia di separazione nell’infanzia, perdita di supporti sociali, o la rottura di importanti relazioni interpersonali ) preferirei cercare di dare una risposta forse meno precisa ma più psicodinamica e cioè più correlata all’animo dell’uomo.
Per fare questo ricorrerò alle due teorizzazioni di Freud sulla risposta d’angoscia , non tanto perché queste rispondono perfettamente alla domanda che ci siamo fatti ma in quanto possono farci capire meglio, almeno credo rispetto ai tecnicismi, su quale tipo di personalità è più facile trovare una risposta del genere.
Nella sua prima teoria sulla risposta d’ansia o d’angoscia Freud ci parla , riferendosi ai sintomi correlati, di una personalità con un super-io rigido o eccessivamente scrupoloso che quindi ha ricevuto una educazione piuttosto repressiva (si badi bene questo anche se il soggetto attualmente avesse delle condotte piuttosto “libere”), le emozioni però a suo tempo represse dal soggetto e che perciò non sono state sperimentate per così dire “naturalmente” si prendono la loro rivincita scaricandosi ( vedi sintomi ) per le vie afferenti al sistema nervoso centrale ( scariche nervose attraverso il sistema simpatico e parasimpatico ). Tutto questo costituirebbe un modo surrogato di provare “emozioni “ che la mia educazione mi ha impedito di “vivere “. Da qui ne deriva che praticamente anche la maggior parte delle psicosomatosi avrebbe questo tipo di origine.
Dopo le formulazioni che troviamo in Inibizione, sintomo e angoscia in una sua successiva teoria 1926ca.( che in pratica in chiave divulgativa si potrebbe chiamare “teoria dello stress” ) Freud asserisce che quando gli stimoli esterni/interni si sommano dando luogo ad una sorta di ingorgo che il nostro corpo (vedi il Sé ) non è più in grado di padroneggiare, si ha la risposta d’allarme o angoscia-segnale. Personalmente pur ritenendo assolutamente fondata la “teoria dello stress”, come l’ho chiamata per semplicità, sono dell’idea che la prima sia altrettanto valida per spiegare i tipi di personalità più soggetti all’ansia,alle psicosomatizzazioni ( esclusa la nevrosi isterica ) ed anche ai disturbi da attacchi di panico, patologia assai diffusa e che nella mia percezione clinica è andata aumentando considerevolmente negli ultimi anni, comportando nei soggetti colpiti, gravi compromissioni nella vita lavorativa e sociale. Difficoltà a recarsi al lavoro, mantenere relazioni sociali, affettività coartata, gravi handicap in alcuni tipi di attività (ad es. luoghi chiusi o ristretti) e cosi via.
Pur senza negare in toto la validità di un approccio psicanalitico ( che però in genere prevede tempi molto lunghi ) mi sento di consigliare ai miei pazienti anche un approccio di psicoterapia autogena e cioè di quelle discipline cognitivo-comportamentiste come l’apprendimento del Training Autogeno per vedere di ridurre prima e poi di controllare tali attacchi, operando con la tecnica del doppio binario di Kretchmer ( una seduta di psicoterapia e una di insegnamento col Trainig Autogeno di Schultz ). Devo dire che nella mia pratica psicoterapeutica, adoperando già da molti anni i metodi del Training Autogeno di base e Superiore, ho riscontrato dei risultati molto lusinghieri e direi proprio selettivamente con questi tipi di disturbi, il tutto non disgiunto da una buona alleanza terapeutica ( transfert ) senza il quale anche la migliore terapia è purtroppo destinata a fallire o a non concludersi .
Questo perché un tale tipo di paziente ( come del resto spesso accade con il paziente psicosomatico ) non è in grado di tollerare l’attesa, rispetto al bisogno del sollievo immediato dai suoi sintomi e cerca pertanto o la soluzione nel farmaco (magari di ultima generazione) o ricorrendo anche a percorsi “magici” o esoterici.
Ho letto in rete delle spiegazioni anche molto dettagliate su tale tipo di disturbo ( ad es. con o senza attacco di agorafobia ), l’agorafobia deriva da agorà ( piazza in greco ) e phobos ( paura ) e cioè paura degli spazi aperti, ma in chiave più estensiva in luoghi e situazione dai quali è più difficile allontanarsi senza provare imbarazzo: in coda, su un ponte, in mezzo alla folla, in auto ,in treno…senza poter contare su nessuno, in genere alcuni soggetti arrivano a farsi fisicamente accompagnare da una persona amica o un conoscente, anche per incombenze quotidiane, sino a giungere, nei casi più gravi, a non uscire più di casa. Perciò rimando per una trattazione più estensiva dell’argomento sia alla consultazione del DSMIV ( Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali ed. Masson a cura della American Psychiatric Assoociation ) sia ai vari contributi di colleghi sull’argomento, pur tuttavia mi preme aggiungere alcune considerazioni pratiche, proprio per aiutare meglio chi ne soffre ad avere un piccolo vademecum di comportamento immediato.
Cosa fare se si è colpiti da un attacco di panico improvviso
A)Sappiate innanzitutto che anche se le sensazioni sono bruttissime mai nessun soggetto relativamente sano e giovane è mai morto per un attacco di panico : in altre parole non state morendo!
B)L’esordio è immediato ma rendendovene conto sappiate che l’attacco dura in genere pochi minuti e come è venuto rapidamente altrettanto rapidamente se ne andrà.
C)Cercate,per quanto possibile sia chiaro,di non perdere il controllo se avete la possibilità sedetevi e respirate lentamente e regolarmente .
D)Se la vostra mente è inondata da pensieri catastrofici, cercate di utilizzare qualsiasi mezzo per non amplificarli ma anzi distraetevi ad esempio contando ininterrottamente o adoperando un idea rifugio più consona a voi o nella quale credete.
E)Se ne avete la possibilità prendete pure qualche goccia o una pastiglia di ansiolitico ( benzodiazepine quali : EN , Xanax, Lexotan, Valium …ma salvo gli ansiolitici nientaltro al massimo un bicchiere di acqua .
F)Non abbiate timore a chiedere aiuto, all’occorrenza una parola amica vale più dello stesso ansiolitico!
G)Se la situazione si facesse ingovernabile non fatevi scrupolo ed andate al pronto Soccorso più vicino dichiarando subito tutti i vostri sintomi.
H)Infine dopo che l’acme dell’attacco è passato rivolgetevi ad uno psicoterapeuta che adotti delle strategie cognitivo-comportamentiste ( Trainig autogeno, Desensibilizzazione sistematica, ipnosi….ma in ogni caso una terapia mirata a ricondizionarvi su questo aspetto e non a mettere in discussione tutta la vostra vita se il vs. problema n.1 è questo)
I)Contrariamente a quanto leggevo, anche se anch’io credo alla terapia di parola e non ai farmaci per uscire da questo incubo, non fatevi scrupolo i primi tempi di girare con un ansiolitico in tasca o in auto, non vi risolverà il problema ma vi rassicurerà per il momento, in attesa di uscirne.
L’ultima cosa che aggiungo è che anche se non è facile, dall’attacco di panico si guarisce o quantomeno si riesce a gestirlo in maniera accettabile, ed allora come minimo gli attacchi diventano sempre più rari e sempre meno disturbanti e il vostro incubo si trasforma in una piccola nuvoletta, che si fa viva al massimo assai raramente.
Dott. Vinicio Berti Psicologo Psicoterapeuta, Specializzato in Psicoterapie Brevi e Autogene (C.I.S.S.P.A.T.), didatta I.C.S.A.T. ( Comitato Italiano Studi di Training Autogeno ) dirige la sede di Bologna – Emilia Romagna
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