I pensieri suicidari spaventano ed angosciano sempre, non è facile raccontarli e gestirli. Il suicidio nell’immaginario collettivo e per le statistiche è collegato in gran parte alla malattia mentale.
Da professionista devo dire che mettono a dura prova gli addetti ai lavori perché richiamano angosce di morte e di fallimento ed allarmano su un comportano da cui non si può più tornare indietro.
Gli individui che muoiono per suicidio, tuttavia, rappresentano una frazione di quelli che pensano ad esso o che compiono un tentativo: le statistiche suggeriscono che ci possono essere tra 8 e 25 tentati suicidi per ogni morte. Il suicidio è una tragica reazione alle situazioni di vita stressanti, da cui non si percepisce via di uscita, si pensa di essere intrappolati, tanto più tragica perché può spesso essere prevenuto. Quindi, anche solo fantasticamente, il pensiero suicidario è una via di fuga.
Io direi che pensieri ed immagini del proprio suicidio appaino nella mente di ognuno di noi in istanti particolari della propria vita. La discriminate importante è il passaggio all’atto, premeditato oppure impulsivo.
Le statistiche dicono che gli uomini sono coinvolti 4 volte di più delle donne, che il rischio suicidario aumenta con l’aumentare dell’età (raggiunge il 10% negli ultrasessantacinquenni), che l’impiccagione o il soffocamento rendono conto quasi della metà dei suicidi.
Il disturbo suicidario è un comportamento connotato dai seguenti denominatori:
· è autodiretto, ossia non c’è lesione o aggressività rivolte ad altri ma sono dirette esclusivamente alla persona stessa;
· è legato al tema esistenziale della solitudine;
· ha quale caratteristica preminente il tema della morte.
Sono sintomi che appartengono a chi non vive pienamente e serenamente la propria appartenenza sociale, il proprio esserci nel mondo, e sceglie per questo di allontanarsene; due sono infatti le modalità sociali che ci buttano fuori dall’appartenenza ad una comunità: morire, impazzire o escludersi.
Quali sono gli indizi/campanello che ci possono allertare su un rischio suicidario?
L’indizio più logico è un precedente tentativo. Altre indicazioni di pericolo includono:
1. avere avuto esperienze simili in famiglia
2. accresciuta instabilità di umore; il sembrare abbattuti o tristi;
3. sentimenti di inutilità o di scoraggiamento;
4. una forma di distacco dagli amici, dalla famiglia, e dalle normali attività;
5. minacce specifiche al suicidio;
6. lettere, poesie o altri scritti che rilevano inquietudine e pensieri di morte;
7. noia persistente;
8. declino delle prestazioni personali nelle azioni consuete;
9. nei giovani, comportamento violento, ostile e ribelle, compresa la fuga da casa;
10. rottura di relazioni strette;
11. incremento dell’uso di sostanze e di alcool;
12. fallimento di una relazione amorosa;
13. insolita trascuratezza nell’aspetto esteriore;
14. difficoltà di concentrazione e nel prestare attenzione all’interlocutore;
15. lamentele riguardo sintomi fisici, come mal di testa o continuo affaticamento;
16. affermazioni del tipo “Non serve” o “Non importa più”;
17. cessione di beni particolari, mettere ordine nei propri affari.
Mi è accaduto, in diverse esperienze professionali, di trovarmi difronte a pensieri suicidari, in cui ho indagato delicatamente il progetto e la persistenza del pensiero. Solitamente se ci sentiamo compresi siamo maggiormente disponibili a liberarci di una “cosa” molto angosciante ed iniziare a rifletterci in modo diverso , dandogli un senso. Nella maggior parte dei casi questo processo permette di non passare all’azione ma trovare soluzioni alternative.
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