La presenza o meno nell’età infantile, di malattie distimiche corrispondenti alle sindromi depressive dell’età adulta, è un argomento assai controverso nella letteratura psichiatrica. Ammesse da taluni Autori, come rare, le malattie distimiche vengono invece escluse da altri Autori, dall’ambito della pedopsichiatria, mentre altri infine, ne sostengono la frequenza relativamente elevata, anche se “camuffata” sotto aspetti sintomatologici “atipici”, rapportabili alle specifiche modalità e possibilità di espressione sintomatologica del bambino nelle sue diverse età.
Le caratteristiche sintomatologiche generalmente riconosciute come “depressive” al di sotto dell’età puberale, sono le seguenti.
Nella prima infanzia, prevalgono i disturbi somatici: turbe dell’alimentazione, irregolarità del ritmo del sonno, ipoattività, ritardo dello sviluppo psicomotorio; nei casi più gravi, anche decadimento delle condizioni somatiche generali, sino ai quadri del “marasma”, descritti da Spitz nella sindrome dell’ “ospitalismo” ovvero del bambino ospedalizzato che, in sintesi, perde l’interesse per la vita, come se in qualche modo volesse lasciarsi morire.
Nella seconda infanzia, la depressione si manifesta con una insufficienza o ritardo delle prestazioni intellettive, con la povertà delle iniziative e dei rapporti relazionali, con la tendenza all’isolamento, l’ esagerata risposta “negativa” alle frustrazioni, le crisi prolungate di pianto, talora apparentemente immotivate, l’accentuazione dell’aggressività fisiologica, tipica di questo periodo, le manifestazioni di autoerotismo, i comportamenti regressivi (enuresi ed encopresi), l’accentuazione delle manifestazioni fobiche fisiologiche (paura del buio, della solitudine, degli animali), l’accentuazione delle manifestazioni ansiose (pavor nocturnus, crisi dispnoiche).
Nell’età scolare, la depressione si manifesta soprattutto con un cattivo adattamento scolastico: ritardo e difficoltà dell’apprendimento, insicurezza, timidezza, sfiducia nelle proprie capacità, crisi di pianto, riduzione dell’interesse, non solo in rapporto all’attività scolastica, ma anche nel gioco. Anche in questa età si può osservare un aumento dell’auto/ e dell’etero/aggressività, la persistenza di comportamenti autoerotici tipici di età precedenti (suzione del pollice); e l’accentuazione di quelli tipici dell’età scolare (onicofagia, masturbazione genitale), comportamenti regressivi (enuresi, encopresi, iperdipendenza dagli adulti).
Vi può essere persistenza e accentuazione di manifestazioni ansiose e di manifestazioni fobiche tipiche di età precedenti (paura del buio, degli animali) ed anche comparsa di fobie o paure fantasmatiche più strutturate: fobia dello sporco, fobie connesse con l’alimentazione, come quella dei cibi solidi (timore di restare soffocati) o che i cibi possano far male, sino a proprie e vere idee ossessive come la paura di ammalarsi o morire. Queste fobie possono essere talmente pregnanti e persistenti, da corrispondere apparentemente a veri deliri. Non possono però propriamente essere definiti come tali.
Molte delle manifestazioni, raggruppate nel quadro della “fobia della scuola” possono essere comprese nell’ambito dei comportamenti depressivi del bambino in età scolare; sia quelle di ordine “psico/somatico” (gastralgie e vomiti, cefalee prevalenti al mattino, etc.), sia quelle che riguardano la condotta (rifiuto della frequenza scolastica, o sua elusione: il tipico fenomeno del “marinare” la scuola, fughe, etc.).
Sia pure tenendo conto della predisposizione costituzionale, dei possibili fattori endogeni, e degli eventuali fattori organici (malattie generali intercorrenti, stati di convalescenza, ospedalizzazioni, etc.) che molto spesso (specie questi ultimi) costituiscono la base somatica della sindrome depressiva infantile, essa, nelle diverse età ora considerate, è strettamente connessa, nella sua patogenesi, con i fattori “relazionali”.
Nella prima infanzia ha importanza soprattutto il rapporto tra il bambino e la madre.
Nella seconda infanzia ha importanza il tipo di rapporti dinamici intrafamiliari: posizione del bambino nella famiglia, gelosia o senso d’inferiorità rispetto ai fratelli, tipo di educazione (carenziale o perfezionista o respingente), carenze affettive, quali per esempio per separazione dalla madre, o più in generale dalla famiglia, perdita di un familiare, o altro.
Nell’età scolare si aggiunge tutta la problematica inerente alla scolarizzazione.
In questo ambito ha molto influenza il carico scolastico: le manifestazioni depressive si accentuano quando l’impegno pedagogico e l’impegno “prestazionale” raggiungono una maggiore tensione, esse si attenuano quando la tensione pedagogica diminuisce.
E’ abbastanza tipico, in molti casi, il comportamento “elettivo” della depressione del bambino: è presente a scuola, e non a casa; oppure è presente nei periodi di attività scolastica e non nei periodi di vacanza; può essere anche presente solo in rapporto ad un determinato insegnante, e non in rapporto ad un altro.
Caratteristica comune di tutti questi vari tipi di “depressione” nelle varie età, oltre che quello di essere strettamente connessi nelle loro motivazioni e nelle loro manifestazioni, con la situazione relazionale e con gli interessi prevalenti nel bambino nelle varie età, è anche quella di essere generalmente sensibile al mutare di tali situazioni relazionali.
Un semplice mutamento di ambiente o la rimozione (concreta e oggettiva) del fattore motivante, o la sua correzione, è molto spesso sufficiente per ottenere la normalizzazione.
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