Non riuscire né a vivere né a morire

Aafsa


E’ un eterno ritorno. Lo sento e penso da anni, e di fatto la strada continua in questa direzione.
Non sono molto bravo con le sintesi, e se probabilmente ogni situazione merita molto più di quanto non possa riassumersi, indubbiamente una vita complessa e traumatica come la mia.
E’ necessario un qualche background alla situazione.
Parlando del rapporto coi miei, posso dire che con mio padre è sempre stato assente. Più presente era da piccolo, ma da adolescente idiota. Mi hanno avuto molto giovani, e se già ora vedo che non sono capaci nemmeno loro di vivere, non posso che capire il perché di quegli anni. È sempre stata la figura passiva, che vive perlopiù per lavorare.

Mia madre invece è sempre stata onnipresente e tirannica: lei mi ha sempre imposto di far tutto e ha sempre fatto tutto, tanto che son arrivato a 20 anni, senza nemmeno saper fare la pasta o prendere un autobus. Non lavora, si fa mantenere, e perlopiù comanda, perché, come ho detto, suo marito non oppone resistenza. Nel tempo ho sviluppato un odio micidiale verso loro, ma particolarmente verso lei, anche perché è una persona estremamente stupida ed ignorante. Ho avuto modo di testare ciò in diversi casi, e son sicuro di non dirlo per odio, ma per pura razionalità.

Di fatto l’ho sempre designata a me e agli altri con perifrasi di insulti, perché per me è tale e in più, la cosa che mi fa più odio, è il fatto che è mantenuta e comanda, e che non c’è mai stato verso di cambiare la situazione. L’unica soluzione è sempre stata la più ovvia: andarmene. Ma proprio questo è stato ciò che mi ha reso la vita esponenzialmente più deleteria. È da quando sono piccolo che vedo psicologici (mi ha portato lei, cioè mi ha obbligato, perché mi vedeva come un problema, per poi rinfacciarmi anni fa tutto quello che “ha speso”, ovvero lo stipendio che non ha nemmeno mai guadagnato), e l’ultimo e incapace ha cercato di farmi uscire ecc, ma con scarsi risultati, dato che si parla ormai di dieci anni fa.
Ho sempre avuto alcuni talenti o predisposizioni, in particolare il pianoforte da quando son piccolo, anche se non me l’hanno mai fatto fare. Ho iniziato molto più tardi. Poi in genere l’ambito artistico/letterario/filosofico. Non mi hanno mai spronato a fare niente. Son sempre stato mentalmente problematico sotto vari aspetti, e quando ho cominciato a maturare un po’ di consapevolezza della mia situazione, ho capito di aver avuto solo handicap dalla mia genitrice. Così come lei, anche io ero pieno di odio, insicurezza, incapacità, rabbia, paura, ecc. Il rapporto con il mondo da lei iniziato e gentilmente trasmesso a me, è stato questo, fino a una ventina d’anni, quando ho finito la scuola. La scuola che ho odiato, che mi ha obbligato lei a fare e nella quale son stato sette anni. Poi hanno naturalmente detto di lavorare, ma non ero capace di far niente figuriamoci quello. In più ci si è messa la crisi. Non ho mai avuto particolari relazioni di amicizia, e fondamentalmente son sempre stato solo, macerando nella mia situazione a non finire. Il pensiero di non poter avere una vita normale e in più di buttare le mie predisposizioni sono solo alcuni dei pensieri distruttivi.

Nel tempo ho avuto la mia prima e unica “relazione” complicata con una ragazza, sempre se così possa definirla. Molto distruttiva anche quella ed in ogni caso non sessuale, e che di fatto è rimasta sempre più un fardello che altro, e di cui non mi son liberato da una parte per mia incapacità, dall’altra perché non ho mai avuto alternative (infatti solo per conoscenza tramite conscenza è venuta fuori).


Considero la mia vita meno che vomito, e solo per eufemismo mi dico “sfortunato”. E non ho ancora detto niente. Son migliorato molto negli anni, ma in ogni caso essere vicino ai 30, senza ancora una vita e con queste condizioni sulle spalle, mi fa solo venire voglia di morire. In ambito relazionale, ho perso molte amicizie. Una volta che scendo nei particolari della mia vita mi rendo stranamente pesante, e io per primo non mi sopporterei. Non posso raccontare niente a nessuno, perché mi sfogo e basta e mi ripeto a non finire, dato che la mia vita non cambia. In ambito di trovare una ragazza:

1) non son mai stato bravo nel provarci;

2) non ho praticamente mai occasione di conoscere dal vivo. Avrei voluto fare l’università anche per questo, e cercare persone a me più affini, e che certo non troverei così facilmente fra le cassiere o le operaie;

3) limitandomi a cose via internet, in anni non ho mai combinato niente. E anche qui sono l’unico idiota. Una delle ultime cose è stata tinder, ma in svariate volte provato e in un raggio di 50km non ho mai avuto niente. E dire che non credo di esser così brutto.


Nell’ambito lavorativo invece, in tutti questi anni non ho fatto quasi niente. A parte per ciò che si sa ecc, e in particolare per la legge professionale dell’avere esperienza, per cominciare ad avere esperienza, anche qui faccio parte dei poveri sfigati. Per vie dirette o indirette, e nel tempo, ho sentito di conoscenze che prima o poi qualcosa… io collezione solo aneddoti ridicoli o infamanti, e potrei scrivervi pagine se non ci credete. Tra gli ultimi lavori in cui son stato scartato, ci sono stati anche lavori temporanei, di qualche giorno, ed in cui non richiedevano esperienza, e persino di portare un pacco. Gli unici che mi hanno chiamato più di una volta sono quelli delle Generali assicurazioni, in cui son stato l’anno scorso e mi hanno implicitamente cacciato, quando mi sono rifiutato di vendere a familiari ed amici le assicurazioni. Quindi non mi sento di avere grosse speranza di far qualcosa, e in ogni caso, non nel mio ambito. Il pensiero ricorrente a proposito del lavoro è sempre stato lo svegliarmi e maledire la mia vita per esser ancora vivo, ed il disgusto per buttare ancora la mia vita per uno stipendio, che mi farà ancora stare in vita, solo per continuare questo ciclo infernale.
Infine ho sempre avuto un istinto di sopravvivenza micidiale. Ho provato più volte esperimenti di morte col gas, ma altro che addormentarmi… due secondi e vado in allarme, e smetto. Per quanto negli anni scorsi abbia avuto picchi incredibili di malessere, sfociati anche in sintomi psicosomatici, fra cui l’insonnia e dolori/secchezza a occhi e bocca (ora mi bruciano abbastanza gli occhi), imperterrito mi lasciava in vita solo per continuare il mio ciclo di odio. Continuavo a non fare niente, a non avere niente che mi desse benessere.
Ho sempre odiato quelli che si inventano qualunque cosa a favore della vita, perché per me sono solo razionalizzazioni, dettate dalla paura di morire. Nessun pensiero è più vero di un’opinione o un romanzo fantasy. Ammettere che la vita abbia valore ecc allo stesso livello de “il fuoco brucia” mi ha sempre mandato in bestia, anche perché, soprattutto una volta, queste cose mi facevano sentire ancora più solo ed incompreso, e sostanzialmente fra idioti. Oltre che naturalmente raddoppiare all'infinito il mio malessere: già sto male e sto qui a raccontare queste cose?
Gli psicologi son serviti a poco; gli psicofarmaci hanno tamponato, ma alla lunga, giustamente, non servono a niente. Ormai so quali sono i miei problemi ecc. Il problema non è il cosa fare, ma l’aver modo di farlo, ma per farlo devo avere una vita che non ho. Nella migliore delle ipotesi dovrò accettare di fare altri anni schifosi per poter un giorno, finalmente, avere una vita decente anche io, ma non so dove prendere sta forza. In ogni caso uno dei miei infiniti paradossi è che dovrei avere uno psicologo che mi aiuti, fra le altre cose, ad avere denaro. E per farlo devo pagarlo con quel denaro. Senza contare che 50 euro – nella più rosea delle aspettative – o comunque una mia intera giornata di lavoro, per stare al massimo un’ora, mi fa venire piuttosto voglia di bruciarli o di accartocciarli su un sasso da lanciare in faccia. Dovrei come minimo incominciare la seduta esprimendo rabbia per la cifra che mi chiede! (e non so se ridere a questo). Ma potete semplicemente leggere questo fatto come la lunga serie di mie sfortune, del tipo che al male o non ho soluzione o ce l’ho non fattibile per me, e quindi sostanzialmente non è una soluzione.
Ci son dei giorni in cui sento dentro una rabbia, un’insofferenza e una forza che ha del demoniaco. Vorrei prendere un martello e spaccare la casa gridando, quasi a voler sfogare tutti questi anni, e i tanti episodi che per ovvie ragioni non posso raccontare. Ce ne sono molti, ed alcuni abbastanza gravi. Ma basti sapere che sono “semplicemente” traumi più o meno importanti; che non sono in pace col mio passato e il lavoro schifoso da “genitori” che ho ricevuto su di me; che la mia vita attuale è l’ovvia conseguenza di quello schifo; che con queste premesse e con quanto ho sacrificato ecc, non posso aspettarmi niente neanche in futuro. Si aggiunga per contorno che non ho nemmeno i soldi, che sono l’unica cosa che darebbe uno stacco netto alla mia vita (perché se fossi milionario avrei risolto moltissimi problemi: me ne andrei e non starei più in mezzo a una situazione direttamente deleteria; non mi preoccuperei di cercare lavoro; riprenderei i miei talenti e cercherei di fare ciò che avrei dovuto fare da adolescente come tutti. Magari non lavorerò comunque con quelli, ma almeno non devo convivere col fatto di non aver avuto neanche possibilità perché mi hanno ostacolato), e che non riesco ad avere relazioni. Senza contare che ho sviluppato una ovvia invidia per le situazioni di vita normale, e se stessi con qualcuna che perlomeno studia per avere ecc, si instaurerebbe subito un'indivia per la sua situazione. Del resto non ho mai conosciuto persone lontanamente simili a me, perché o lavorano o studiano. Stare a casa ci sta, ma non per anni, né tanto meno con 360° di malessere. In qualche ambito si ha quasi sempre qualcosa, o perlomeno alti e bassi. Io ho solo bassi e depressioni paurose.
Avessi una pistola, che non dia tempo all’istinto di opporre resistenza, non ho dubbi che riuscirei. Altrimenti tiro a campare ogni giorno e in conflitti interiori che mi portano solo ai soliti pensieri, quando non a voglia di violenza, di sfogo, ecc. Sento veramente in certi momenti un inferno che a stento contengo, per poi deprimermi nel pensare al fatto che ci devo convivere o fino alla morte, o fino a non so quando. E di questo non posso più dire niente, né alle persone che conoscerò (abbiamo capito perché), né a psicologi, perché in ogni caso non posso pagarli, perché non ho voglia di andare avanti ancora mesi o anni come in passato, e perché il mio dolore non è immaginario, ma dovuto a cause ovvie ed essenziali che mancano. Avrei voglia solo per sfogo, perché appunto non ho altri modi utili di farlo. Inutile dire che ho spesso ricevuto indietro più male che bene dai miei “racconti”, con l’ancora più ovvio risultato di odiare ancor di più la mia situazione. Insomma sono circoli viziosi a non finire, perché quando si hanno questi problemi alla fine va tutto a rotoli, specialmente se sei circondato da persone normali o ebeti che non capiranno mai, che meno che mai sapranno aiutare, e spesso anzi ti si rivelano nemiche.
Sostanzialmente, come dico da tempo, “sto bene solo quando mi dimentico della mia vita”. Ogni giorno è una lotta per dimenticarmela, per distrarmi. Una bella giornata e un libro di filosofia, e per un po’ dimentico l’orrore in cui mi trovo. Ascolto un brano musicale o ne suono uno io, e mi concentro sui pochi modi fattibili di trovare bellezza nella vita, dato che gli altri che conosco necessitano di denaro (soprattutto viaggiare, la cosa che farei di più e che stranamente faccio di meno). Arrivo di sera, e alle volte mi congratulo per esserci arrivato ancora. Poi mi sveglio, e alle volte mi deprimo, per essermi svegliato ancora, e anche per il pensare di dover ricominciare tutto daccapo. E mi rendo conto che questo stesso messaggio qui fa ben parte di tutto il gioco.
Posso solo sperare in un mecenate o qualche causa esterna, che mi dia denaro, o al contrario l’agognata morte, a dispetto di quelli che credono che i problemi così non si risolvono e rimangono a imputridire assieme al mio corpo. Io sono più ignorante, e per questo son più propenso a pensare che da morti i problemi della vita non ci riguardano più.

3 risposte degli esperti per questa domanda

Gentile Aafasa, sono passati un pò di anni e spero che lei abbia fatto qualcosa per la sua vita.

Dopo 5 anni e un pò di esperienza in più ho deciso di modificare la mia risposta nei suoi confronti perchè mi è sembrata eccessivamente dura. La provocazione è una strada terapeutica anche molto efficace, ma solo se usata in una psicoterapia settimanale. Molto meno utile probabilmente se si limita ad una risposta sul web. Capisco quanto possa essere stato frustrante e deleterio avere un genitore castrante e un altro assente. I genitori dovrebbero essere i nostri contenitori e le nostre guide, ma questo presuppone che siano individui maturi, consapevoli e risolti. E le assicuro che purtroppo sono veramente pochi gli individui che arrivano a poter maturare una grande consapevolezza di sè e che agiscano usando al meglio le proprie capacità e che riflettano sempre sulle possibili conseguenze di ogni parola o scelta e delle possibili conseguenze che quella azione può rappresentare. 

Non possiamo cambiare i nostri genitori e le circostanze in cui siamo cresciuti ma possiamo, se sopravviviamo, cambiare noi stessi. Forse il nostro compito è provare  rimediare amando noi stessi, a ciò che gli altri non sono stati in grado di offrirci. Una guida esperta è sempre utile. Gli psicoterapeuti sono tantissimi e, così come le altre persone che incontriamo, non tutti vanno bene per tutti. Non è mai tardi per costruire un sano rapporto di contenimento e di guida ed è più facile trovarlo in chi ha piacere di ricoprire questo ruolo che in chi si trova a ricoprirlo solo perchè ha generato una vita. 

La vita secondo me non è sacra o giusta a tutti i costi ma rappresenta una opportunità e se ogni volta che ha tentato il suicidio il suo spirito di sopravvivenza ha prevalso provi ad usare la sua opportunità puntando su sè stesso invece che rimanendo intrappolato in un passato che non può cambiare.

Le auguro il meglio e la saluto

Gentile Aafsa,

lei racconta tante cose di sè e della sua vita, ma glissa su aspetti molto importanti, che sono solo sfiorati, così en passant, come per caso. Mi riferisco ai ripetuti traumi di cui ad un certo punto parla e di cui sarebbe stato vittima e, scostandosi dal suo stile così dettagliato nello specificare i suoi sentimenti, dichiara che preferisce non approfondire. Forse durante un ipotetico incontro con uno/a psicoterapeuta dovrebbe partire proprio da lì. Tutto quello che lei afferma, compresa l'ultima parte del suo sfogo, può avere un senso, ma solo all'interno di un quadro depressivo. Certo, si evince dal suo lungo racconto, un difficile rapporto con sua madre, ma anche un profondo attaccamento. Si può detestare un genitore quando ha fatto del male, ma da come si esprime, sembra lei sia stato vittima di attenzioni ben più gravi rispetto a quelle che riferisce. Insultare e contemporaneamente rimanere attaccati a genitori così inadeguati, (una madre "piovra" ed un padre passivo), non credo sia la risposta. Lei ha quasi 30 anni e si crogiola ancora in fantasie preadolescenziali, dove o si è perfetti oppure è meglio morire. La realtà è, che se il suo malessere è così grande, da domanimattina, lei dovrebbe uscire e cercarsi un lavoro, partendo dall'accettare gli incarichi più umili che le possano capitare, poichè è così che si impara la vita, un passo dopo l'altro. Certo è molto probabile che la sua tendenza all'autocompatimento derivi dal suo forte complesso materno negativo, poichè la tendenza a rimanere sognatori e tendenzialmente passivi, è tipico di chi è dominato da una forte influenza materna. Ma, come direbbe Jung, è proprio il destino dell'"eroe", quello di affrancarsi, dal mondo della madre, e uscirne per crescere.

Lei parla in modo molto severo di sua madre. mettendo addirittura in discussione il suo legittimo diritto ad avere uno stipendio  per esempio, ma, se suo padre è stato generoso, è proprio perchè tra loro probabilmente vigeva un patto, secondo il quale lui sarebbe uscito per lavorare all'esterno e la moglie si sarebbe dedicata alla famiglia, cosa che ha fatto anche se sicuramente in un modo che lei ritiene inadeguato. Fino a poco tempo fa, le famiglie si reggevano su questa spartizione di ruoli e forse i suoi, sono un pò all'antica, ma il loro comportamento riguardo a questo specifico ambito non è affatto deplorevole. Sua madre, non è sua sorella e come moglie è più che naturale che goda di alcuni diritti, anche se forse come dice lei, per ignoranza (che significa letteralmente ignorare) può avere esercitato troppo potere e condizionato in modo eccessivo le sue scelte. Ora lei Aafsa però è a questo punto. Ha un diploma e può muoversi nel mondo con umiltà fino a che non avrà trovato la sua strada, ma per cercarla occorre uscire e non crogiolarsi in una rabbia e in un rancore che servono solo a toglierle energia e lucidità. Peraltro, la rabbia che lei prova verso i costi delle psicoterapie, è la stessa che molti di noi psicoterapeuti e psicoanalisti provano, dal momento che non si riesce, nonostante le pressioni, a far emendare una buona legge sulla psicoterapia convenzionata. Le ribadisco comunque che, a mio parere, prima della psicoterapia -che dovrà comunque affrontare in seguito- è necessario che lei trovi un lavoro, magari come commesso, magazziniere, operaio o qualunque altra occupazione onorevole le possa servire, per provare il piacere di mantenersi da sè e che possa costituire un trampolino di lancio per crearsi nel tempo la carriera più adatta a lei.

Poi verrà tutto il resto: pianoforte, filosofia e qualunque altra cosa le possa dare sollievo e piacere.

Augurandole ogni bene,

La saluto cordialmente

Certamente Lei conoscerà Jean P. Sartre il quale diceva che L’uomo è condannato ad essere libero: condannato perché non si è creato da sé stesso, e pur tuttavia libero, perché, una volta gettato nel mondo, è responsabile di tutto ciò che fa.

E poichè è stato così bravo ad arrivare a quasi 30anni nonostante tutto quello che di tossico ha dovuto ingoiare da questa vita, Le propongo un esperimento. Lei può continuare come ha sempre fatto fino ad ora, a barcamenarsi tra le continue avversità che la colpiscono accettandole passivamente, (ed a mio avviso è un altro indubbio talento che Lei possiede) oppure prendersi lei stesso gioco della sua vita, trovando o creando dal nulla, una strategia/ stratagemma per realizzare la più piccola di tutte le cose che Le piacciono e che le sono state ingiustamente negate.. Poichè la sua vita è al momento piena solo di immondizia, può "scegliere" di farne qualcosa di "meno peggio" di ciò che è ora, perchè ad oggi non ha nulla perdere, o sbaglio?