Sono sempre stato un po' asociale ma non l'ho mai considerato un problema.

Federico

Sono sempre stato un po' "asociale", come dicono i miei amici... Non evito la gente, ma sento spesso il bisogno di stare da solo e non l'ho mai considerato un problema. Circa un anno fa ho perso mia madre, in un incidente stradale nel quale guidavo io. Da allora questa mia caratteristica è andata accentuandosi sempre di più, tanto che gli amici, si stanno un po' allontanando da me, solo questo ha iniziato a farmi vedere questa asocialità come un problema. Sono arrivato a mentire pur di non dover giustificare questa mia voglia di solitudine. Non è che io resti a casa a piangere o chissà ché, semplicemente non mi va di uscire, non mi va di vedere gente. Penso in fondo di utilizzare l'incidente come scusa, per assecondare questa mia voglia di solitudine. Però mi rendo anche conto di non riuscire ad affrontare il ricordo dell'incidente e che spesso l'avere gente intorno, invece che aiutarmi a non pensarci, mi ci fa tornare quasi ossessivamente sopra, anche se non ne capisco il motivo. Ho provato a parlarne con un amico, che però non ha dato peso più di tanto alla cosa, anzi secondo lui è solo questione di tempo e mi passerà. Devo considerarlo un problema? Dovrei parlarne con qualcuno? o dovrei semplicemente affrontare da solo quello che per ora evito nella mia testa? o ancora, dovrei aspettare? Grazie.

22 risposte degli esperti per questa domanda

Salve, ritagliarsi dei momenti di solitudine in cui dedicarsi a se stessi non è di per se un problema. Quello che mi fa riflettere però è quanto lei dice: " mi rendo anche conto di non riuscire ad affrontare il ricordo dell'incidente e che spesso l'avere gente intorno, invece che aiutarmi a non pensarci, mi ci fa tornare quasi ossessivamente sopra". Da quanto dice la sua "asocialità" non è dovuta tanto al desiderio di dedicarsi del tempo. Sembra piuttosto un tentativo di evitamento teso a non dover affrontare un evento che ancora è particolarmente doloroso. Dopo un anno questo tipo di dinamiche avrebbero dovuto iniziare a diminuire, anche se ognuno di noi ha delle tempistiche che possono variare. Nel suo caso invece sembra che stiamo peggiorando. La situazione che descrive, anche se non connotata da altre caratteristiche che potrebbero far pensare a una psicopatologia, di sicuro fa pensare a un campanello d'allarme. Ci può essere una predizione allo sviluppo di psicopatologia (come ad esempio la depressione). Prenderei in considerazione l'idea di rivolgersi a uno psicoterapeuta che potrà analizzare meglio la situazione e fare una diagnosi accurata e specifica per il suo caso. Si ricordi che intervenire in tempo è importante per rendere il percorso meno arduo. A presto
Caro Federico, non credo che con il tempo la tua voglia di solitudine, la difficoltà di affrontare persone e situazioni che anche lontanamente ti possano ricollegare al dolore e all’incidente svaniranno per magia. E’ importante che cominci a pensare all’idea di chiedere aiuto, non per cambiare come sei fatto, ma per tornare a vivere meno spaventato. Distinti saluti.
Gentile Sig. Federico, prima dell'incidente che ha raccontato, Lei aveva già certe caratteristiche di personalità che, probabilmente,la portavano ad avere più piacere a stare con se stesso piuttosto che con gli altri. Questo non è un male di per se, ma quando un tratto di personalità s'amplifica a seguito di un evento traumatico (così grave e ricco di significati come quello della perdita della mamma), allora la cosa merita maggiore attenzione. L'ambiente circostante (in questo caso gli amici) spesso c'informa, più o meno direttamente, riguardo l'adeguatezza del nostro comportamento. Questo avviene sostanzialmente in tre modi: con l'indifferenza, con il premio e con la punizione. L'allontanamento dei suoi amici rappresenta il modo (anche se doloroso) attraverso cui essi le mandano dei messaggi di riflessione. Lei ha percepito questi messaggi e, in maniera adeguata, si sta mettendo in discussione chiedendo consiglio agli esperti. Un evento traumatico come quello che Lei ha vissuto può scatenare delle risposte disadattive, anche se ognuno di noi risponde agli stessi eventi in modo diverso e non tutti hanno bisogno di un intervento specifico. Il fatto che Lei non pianga non vuol dir nulla......si può piangere dentro senza versare una lacrima e senza averne chiara consapevolezza. Cerchi di ritornare a fare le cose che le facevano piacere prima dell'incidente, sia da solo che insieme agli altri. Se, come del resto in parte già afferma, sente che qualcosa d'importante è cambiato e che un aiuto professionale possa esserle utile, non esiti a farne richiesta. Oggi ci sono molte tecniche terapeutiche per sciogliere il dolore congelatosi durante e dopo l'evento traumatico. Distinti saluti
Dott. Nunzio Bonaventura

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Latina

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Federico, sentire il desiderio/bisogno di stare da soli non é assolutamente un difetto!! Anzi la solitudine può - in alcuni casi - diventare molto creativa!! Nel Suo caso, invece, non mi sembra che attualmente sia così!! Anzi mi sembra di capire che per Lei sta diventando ansiogena!! Ritengo che sia opportuno che Lei elabori - in modo adeguato - l'evento luttutoso che un anno fa lo ha lo ha coinvolto e in cui ha perso Sua madre. Deve affrontare un percorso psicoterapeutico che Le permetta di potersi confrontare con le Sue problematiche interiori e relazionali: sofferenza, emotività, affettività, autostima etc.. Non perda tempo e cerchi uno psicologo. Le faccio i miei migliori auguri e La saluto cordialmente.
Salve Federico, il fatto che tu senta l'esigenza di parlarne con un amico e il renderti conto che hai allontanato le persone a te vicine, già questo ti dovrebbe far riflettere su come probabilmente questa situazione ti sia diventata stretta. Il fatto se considerarlo un problema o meno quello dipende da te; solo te puoi comprendere, magari con l'aiuto di qualche "esperto" quello che vuoi veramente.
Buonasera Federico. Personalmente, ritengo che elaborare la sofferenza causata dalla morte di tua madre, e il modo traumatico in cui è avvenuta, non possa che esserti di aiuto per affrontare la condizione che stai vivendo. Parlare delle proprie difficoltà con amici o parenti è sicuramente positivo e anche consigliabile, specie se l’alternativa è dissimulare i propri problemi e chiudersi in se stessi. Ma credo che il confronto con un professionista esperto potrebbe aiutarti a rispondere alle domande che (ti) stai ponendo, soprattutto perché sembri piuttosto consapevole della tua situazione. E immagino che formulare dei quesiti implichi il desiderio di trovare delle soluzioni… Buona fortuna per la tua ricerca.
Ciao Federico, quello che racconti è molto complesso, parli di una ricerca di solitudine che ha da sempre fatto parte di te. Da qualche tempo, però, mi sembra che la stai definendo "come un problema". Sicuramente il lutto che hai subito ti ha segnato, soprattutto per la dinamica con cui è avvenuto. Io credo che sia arrivato il momento, per te, di affrontare la tua sofferenza con uno specialista, più passa il tempo e più sarà difficile per te affrontare determinati argomenti. un abbraccio,
Dott.ssa Monica Palla

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Pisa

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Buongiorno Federico, non solo hai perso tua madre, ma l'hai persa in un incidente, e come se non bastasse guidavi tu. Già di per sè il lutto di un genitore è un evento traumatico della vita; se poi viene aggravato da un altro trauma connesso ad esso possiamo rischiare di stare molto male. Tu per il momento hai solo ridotto di molto i tuoi contatti con gli altri. Tuttavia, mi sembra che tu senta il bisogno, magari sporadico di parlarne. Perché non farlo con uno psicologo? Potresti iniziare con qualche colloquio in cui racconti la tua storia, e poi valuterai se proseguire con una psicoterapia. Ci sono dei momenti della nostra vita in cui abbiamo bisogno di aiuto. Gli psicologi sono professionisti formati per fornire questo tipo di servizio. Te ne puoi servire senza problemi. Ti invito a riprendere a stare in relazione con qualcuno, cominciando da uno di noi che esercita la professione nella tua zona. Tantissimi auguri,
Dott.ssa Marina Belleggia

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Roma

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Caro Federico, affrontare un lutto è sempre qualcosa di difficile e doloroso, soprattutto nella tua situazione. Infatti racconti di essere stato tu alla guida dell'auto quando è morta tua madre. Questo genera inevitabilmente un senso di colpa che sarebbe bene affrontare, poiché probabilmente ti sta spingendo ad una chiusura che, col tempo, potrebbe portarti forti problemi, primo tra tutti l'isolamento sociale. Non è un disturbo in sè il fatto di avere un carattere solitario, ma lo diventa se il chiudersi in se stessi diviene esagerato e, soprattutto, un sistema per difendersi dal provare sentimenti di dolore intollerabili. Ti consiglio di rivolgerti ad uno psicologo, con cui intraprendere un percorso che ti aiuti a superare il lutto e ritrovare un equilibrio nelle tue relazioni sociali. Buona fortuna!
Dott.ssa Gloria Baisini

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Brescia

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Caro Federico, credo che sia importante che lei si fermi ad ascoltare se stesso. I momenti di solitudine sono importanti e preziosi finchè vengono vissuti con serenità e finchè non diventano un modo per evitare qualcosa. Provi a riflettere sul senso che hanno per lei questi momenti. Se sente che sono anche una fuga o un modo per non affrontare qualcosa allora forse è il momento di parlare con qualcuno. Un caro saluto
Caro Federico da quello che ho letto sulla sua "asocialità" come Lei la definisce mi piacerebbe però capire qualcosa di più: ad es. Lei dice che non passa il tempo a casa a piangere e allora cosa fa? Abita con qualcuno? Ha un lavoro, degli hobby, passioni. Quanto tempo riesce a starsene da solo? Sono periodi brevi? Come si sente invece quando trascorre il tempo con i suoi amici? Mi scusi se Le pongo tutte queste domande ma mi aiutano meglio a capire la sua situazione. Per quanto riguarda il fatto che non riesce ad affrontare il ricordo dell'incidente è soprattutto dovuto al fatto che essendoci stato Lei al volante questo ha generato un forte senso di colpa e può aver altresì rimosso il ricordo dell'incidente. Le suggerisco di non affrontare da solo tutto ciò ma Le sarebbe di aiuto parlarne con qualcuno. Non esiti comunque a ricontattarmi. Cordialità
Caro Federico, è interessante vedere come -quasi sempre- la risposta si trovi già nella domanda. Tu stesso sostieni che tendi ad utilizzare l'incidente per assecondare la tua "asocialità": quando troviamo una scusa per assecondare una nostra caratteristica, essa ovviamente si accentua, in quanto viene 'finalmente' legittimata da qualcosa... è come se in qualche modo potessimo finalmente giustificarci di fronte agli altri: "vedi? se agisco così non è perché lo scelgo, ma dipende da questo fatto che mi è accaduto". Questa, in noi, è una tendenza del tutto naturale, dunque è altrettanto naturale il conseguante accentuarsi di questa tua caratteristica. Veniamo adesso alle altre tue domande. La tua asocialità (se così dobbiamo chiamarla) è un tratto che ti contraddistingue da sempre, ma non ti ha comunque impedito di intrattenere rapporti e di fare amicizie, mi sembra di capire, dunque non sembrerebbe un problema, ma solo una tua particolarità. D'altra parte, adesso, il bisogno di stare solo si intreccia, forse, con l'esigenza di affrontare quanto ti è accaduto: come tu stesso affermi, "avere gente intorno mi ci fa tornare quasi ossessivamente". Alla tua domanda "dovrei parlarne con qualcuno o dovrei affrontare da solo quello che per ora evito?" posso rispondere in un unico modo: la scelta è solo tua, ma permettimi una riflessione a margine: noi agiamo e cambiamo quando qualcosa ci spinge fortemente a farlo, altrimenti tendiamo ad essere molto resistenti al cambiamento (lo stesso si può dire anche riguardo alla nostra tendenza ad evitare o rimandare, quando ci troviamo di fronte a situazioni da affrontare). Inoltre l'evento che hai vissuto è stato sicuramente molto forte, quindi mi sentirei di incoraggiarti a rivolgerti a qualcuno, ma -ti ripeto- non perché ritenga un problema la tua "asocialità", bensì per due motivi: il primo è che hai davvero molte domande sulla tua situazione (e questo è positivo, perché potrebbe indicare che hai deciso di cambiare qualcosa), ma per rispondere occorre un contesto differente e la possibilità di avere da te altre informazioni. Il secondo motivo è che tu stesso affermi di "non riuscire ad affrontare il ricordo dell'incidente", ma già il fatto di riconoscerlo significa che ne senti il bisogno. Spero di esserti stata in qualche modo d'aiuto.
Caro Federico, intanto le sono vicina umanamente rispetto al lutto così grave che ha subito. Lei parla di una introversione estrema che la caratterizza, probabilmente un tratto temperamentale, che però non le ha giustamente causato problemi fino all'evento della morte della mamma. Essere introversi, desiderare la solitudine, la riflessione, la compagnia di pochi amici fidati, invece che amare relazioni più numerose e superficiali, non è assolutamente un tratto patologico. Nella situazione più recente del suo lutto mi sembra però che le impedisca di usufruire del sostegno sociale degli amici e di elaborare la sua grande perdita. Le consiglio veramente di rivolgersi a un professionista che la aiuti in questo momento, ad affrontare quel ricordo traumatico che è rimasto come "incapsulato" nella sua memoria. Abbia fiducia, le auguro il meglio per la sua vita
Gentile Federico, mi sembra che ciò che le è capitato sia indubbiamente qualcosa di molto pesante. E' comprensibile che abbia voglia di pensarci il meno possibile, e forse la sua "costituzionale" voglia di ritirarsi, in questo difficile momento le fornisce una sorta di difesa naturale. Ora che però è passato un anno dall'evento luttuoso (e mi pare anche traumatico), forse dovrebbe iniziare a pensare di affrontare in qualche modo questi pensieri, che forse rischiano di estraniarla eccessivamente dalla sua stessa vita (sociale, affettiva ed emotiva). Mi rendo conto della difficoltà che può incontrare in questo difficile cammino, ma si faccia forza...
Gentile Federico, Da quello che lei stesso ha raccontato appare avere un carattere di per sè evitante situazioni socialmente impegnative probabilmente per una difficoltà a sentirsi accettato per quello che sente di essere o, forse, per una difficoltà ad entrare in sintonia emotiva con tante persone in una volta sola. Probabilmente il dolore per la scomparsa di sua mamma entra in questa dimensione di difficoltà di gestione delle forti cariche emozionali che la conduce a cercare l'isolamento dagli altri ma ,soprattutto ,dalle sue sofferenze .Le consiglio di parlarne con uno psicologo in modo che la aiuti ad elaborare elementi del suo carattere che la stanno inchiodando in un comportamento eccissivamente evitante.. Rimango a sua disposizione,
ciao federico credo che parlarne con qualcuno di cio che è accaduto e di cio che sta accadendo oggi nella tua vita possa aiutarti a fare un pò di chiarezza. c'è tanta paura e confusione quindi credo che spazzare via un pò di dubbi possa aiutarti a farti stare meglio. Spero che tu possa alleviare le tue sofferenze.
Caro Federico, sembra proprio che questa sua "caratteristica", come la chiama lei, stia diventando un problema in particolare da dopo la perdita di sua madre, come ha sottolineato anche lei. Pare che questo evento sia ancora una ferita aperta per lei. La perdita di una persona cara è una esperienza molto dolorosa. Dopo una perdita, segue un periodo chiamato di "elaborazione del lutto", suddivisibile in diverse fasi. Tali fasi non hanno per tutti la stessa durata e le "tempistiche" variano a seconda di alcune variabili (per esempio, le modalità con cui è avvenuta, le caratteristiche personali e del contesto circostante di inserimento). A mio avviso le sarebbe di sostegno una consulenza psicologica finalizzata prima di tutto all'elaborazione del lutto e in secondo luogo per capire e affrontare le motivazioni profonde di questa sua "voglia di solitudine". Le faccio i miei migliori auguri,
Salve Federico, sì io credo che debba parlarne con qualcuno, io sono di Firenze, ma se vuole le posso dare qualche nominativo di bravi colleghi a Pisa. Un cordiale saluto,
Carissimo Federico io mi soffermerei sul fatto che non riesci ad affrontare il ricordo dell'incidente più che sulla questione delle uscite. In realtà credo che le due cose siano correlate; tu hai vissuto un evento altamente traumatico, non solo hai perso una persona importante, ma il modo in cui è successo ti rende ancor più difficile affrontare questo evento. Tu dici di non riuscire proprio nemmeno a ripensare a quell'incidente e questo credimi è comprensibilissimo, ma forse parlare con uno psicologo che sicuramente non sminuirà il problema come ha fatto quel tuo amico, ti aiuterà non poco. Capisco anche la tua riluttanza a vedere gente. Il fatto è che stai portando un peso troppo grande, il tuo stato d'animo non rispecchia la realtà che trovi fuori e quindi la eviti. Penso davvero che ti farebbe bene parlare con qualcuno liberamente di ciò che senti. Ti auguro ogni bene.
Dovremmo imparare a considerare i nostri problemi psicologici, come ogni altro tipo di problema. La domanda che dovremmo farci è: se avessi un altro genere di problema sanitario, da diversi anni, chiederei aiuto? Sembra che la morte di sua madre, abbia esacerbato un problema preesistente. Potrebbe trovare giovamento da un terapeuta abilitato EMDR che potrebbe lavorare con lei attivamente sul trauma subito e successivamente valutare l'opportunità di andare avanti con un altro tipo di lavoro.
Sicuramente è stata un'esperienza che ti ha segnato profondamente. Se fossi in te cercherei uno specialista con cui parlarne ed elaborare ciò che ti è successo. Sarebbe molto utile per vivere più serenamente il tuo futuro. In bocca al lupo!
Caro Federico, credo che quello che le sia accaduto sia terribile. Il suo senso di cola sarà alle stelle. Forse quando sta in compagnia si sente giudicato...tutti sanno e lei sa che tutti conoscono la verità. Le consiglio di parlarne con un esperto, negare non serve a nulla. Nel frattempo cerchi di comunicare agli amici più stretti il suo disagio, parallelamente cerchi di frequentare posti nuovi e ambienti sani, in modo da far funzionare l'aspetto meno depressivo della sua personalità.