PERCEZIONE LUTTO PER UN BAMBINO
In presenza di eventi accompagnati da emozioni negative, come possono essere un lutto, una separazione o un abbandono chiunque ha bisogno di sostegno, ai bambini, serve ancora più aiuto, loro hanno bisogno di vicinanza, di “sentirsi” accolti, di poter “piangere” e di poter esprimere rabbia, frustrazione e ogni pensiero/emozione connessa ad un evento forte.
Quando si perde qualcuno, piccoli o adulti, si percepiscono tormento e angoscia. Per un certo periodo di tempo può essere normale provare una sensazione di stordimento, di vuoto o subire una mancanza di voglia di reagire.
E’ importante riflettere sulla struttura cognitiva-emotiva degli infanti: già attorno ai 2 mesi quando il bambino è accudito dai genitori, per esempio mentre mangia dal seno materno, o riceve il latte, nel cambio del pannolino, ecc., si iniziano già a creare i primi rudimenti dell’amore. I bambini sperimentano le prime emozioni/sensazioni piacevoli come la gioia o l’innamoramento.
Le difficoltà emotive e sentimentali, però, si osservano, soprattutto nel comportamento manifesto. In relazione alle diverse età in cui si vive un evento negativo e stressante la persona sarà più o meno capace di manifestare a parole le sue paure, la rabbia, la tristezza e la sofferenza.
Magari vi state anche chiedendo: “perché si riversa solo nel comportamento?”
Il motivo è che i bambini, faticano a comunicare le loro emozioni, e non sempre riescono a “descrivere” i pensieri o a riconoscere lo stato emotivo del momento.
Attenzione, quindi, ai comportamenti messi in atto: si arrabbia spesso? È diventato “insopportabile”? Non vuole mai “lasciarvi”? È tornato a fare pipì a letto? Si isola dai suoi amici? Chiede di dormire con voi nel lettone?
Bisogna tenere ben presente che la sofferenza non intacca solo il comportamento verso l’esterno, o la visione che si ha verso gli altri, (per esempio dopo una separazione di mamma e papà), ma si rivolge anche verso l’interno quindi verso se stessi perché il bambino potrebbe: incolparsi, non riuscire più a mangiare, lamentarsi di “forte” dolore alla pancia, rifiutarsi di andare a scuola, invertire l’accudimento (cercare cioè di “aiutare” ed accudire un genitore), ecc.
MONDO INTERNO E MONDO ESTERNO DOPO UN LUTTO
Il mondo, quando un bambino perde qualcuno, sia per un distacco per sempre o solo nella routine quotidiana, può perdere totalmente di “significato”. Quando viene a mancare “il significato” verso l’esterno, il mondo è percepito come spogliato, arido, ruvido, inospitale, desolato, in cui non c’è presenza di vita. È un mondo che perde i suoi colori e le persone che solitamente si incontrano e con cui il bimbo si sperimenta (Sunderland, 2006).
L’emozione e il sentimento che spesso emergono da una visione “arida” è il “sentirsi traditi”, non perché lo siano stati per forza e veramente, ma perché non sono riusciti a rielaborare l’evento, a capirlo, a organizzarlo nella loro memoria, a parlarne con qualcuno, a spiegare e sentirsi dire che sono emozioni normali, ecc.
Quando un evento non si riesce a ri-narrare dentro sé stessi non lo si può capire e non lo si può conoscere, di conseguenza si tende a non aver più fiducia negli altri e non avere più attrazione verso il mondo sociale ed esterno.
Nei casi “più gravi” è possibile osservare chiusura e isolamento nei giochi o nella vita sociale in generale.
Attenzione anche quando sembra andare tutto bene!
A volte i bimbi sono anche capaci di non manifestare subito le loro sofferenze e le loro preoccupazioni, ma di mostrare il loro lato migliore, magari per paura di far soffrire chi c’è al loro fianco, oppure perché sono abituati così, però, questo comportamento non denota un reale benessere ma solo il tentativo di allontanare il dolore per poi uscirne più forti di prima, solo che improvvisamente dopo qualche settimana, mesi, o addirittura anni, anche quando si è già adulti, il dolore si manifesta.
In alcuni casi è possibile anche osservare un mondo interno “lontano” dove il bambino si distacca dalle proprie emozioni e dai propri pensieri. Può apparire come bimbo anaffettivo, non provare più emozioni, parlare meno, chiudersi “per molte ore” nella propria stanza, non avere più interessi, diventare apatico, mettere in atto dei comportamenti compulsivi (es. continuare a ripetere una frase o una parola, magari di incoraggiamento), non voler più dormire da solo, avere paura del “buio”, si riosserva la comparsa di enuresi notturna, attaccamento morboso, regressione del linguaggio o di alcuni comportamenti, dire frasi di auto colpevolizzazione (es. “non sono bravo”, “sono stato cattivo”,…) ecc.
COSA NON BISOGNA FARE PENSANDO DI PROTEGGERE UN BAMBINO:
- Non farlo partecipare al funerale.
- Non parlare insieme del lutto vissuto.
- Non confrontarsi e non descrivere anche le proprie emozioni o sentimenti che si stanno percependo nel momento specifico.
- Non star vicino al bambino.
- Non riuscire a “sopportare” e di conseguenza non vivere la sofferenza del figlio.
COSA SI POTREBBE FARE?
- Star vicino al bambino e farlo sentire amato.
- Normalizzare le sue emozioni magari raccontandogli esempi passati di vita o il proprio stato d’animo del presente.
- Riservare loro una presenza costante e “genuina”.
- Spiegare al figlio che se una persona “non c’è più” un genitore o l’altro o entrambi rimangono e ci saranno sempre.
- Cercare di accogliere ed accettare scoppi di ira o di pianto: dare conforto alle sue emozioni negative, standogli vicino, aiutandolo a esprimerle e “coccolandolo”.
- Mostrarsi empatici e vicini al suo dolore.
- È importante spiegare al bambino cosa è la morte o perché mamma e papà si stanno separando.
- Accettare che si possa mostrare il dolore e magari far vedere prima il genitore “triste” o che piange. “Buttar fuori” può essere un inizio della valvola di sfogo e solo dopo può essere utile intervenire con spiegazioni varie.
COME SI PUÒ AIUTARE UN BAMBINO? A CHI CI SI PUÒ RIVOLGERE?
- Parlando con lui, confrontandosi, raccontando esperienze vissute anche dal genitore per far capire e sentire che sono emozioni e sentimenti “normali”. Quindi tipici di alcuni eventi o situazioni.
- Usare storie o libri quando non si riescono ad usare le parole proprie perché il genitore magari è in difficoltà o chiuso.
- Chiedere aiuto ad un professionista che ascolterà ed aiuterà il bambino, ed eventualmente anche la famiglia, e potranno essere accolti, ascoltati e aiutati in questa rielaborazione.
- Genitori e professionisti potrebbero usare anche il gioco o il disegno per aiutare il bimbo nella narrazione delle emozioni interne, e per far emergere il vissuto di sofferenza o di paura ed anche per spiegare la situazione venutasi a creare in famiglia.
Un dolore non elaborato può creare specifiche difficoltà, può essere la causa dell’insorgenza di un disturbo da DSM V oppure si può osservare disturbo post traumatico da stress o shock.
Una buona relazione di fiducia, in cui la persona si sente accolta, protetta e non giudicata può far tornare a credere in se stessi e negli altri, la voglia di sorridere, di ripartire, di rimettersi in gioco e di vivere momenti felici e di spensieratezza.
Bibliografia:
Margot Sunderland: “AIUTARE I BAMBINI… A SUPERARE LUTTI e PERDITE: attività psicoeducative con il supporto di una favola”; ed. Erickson, 2006.
John Bowlby: “ATTACCAMENTO E PERDITA: La perdita della madre”; ed. Bollati Boringhieri, 1983.
John Bowlby: “ATTACCAMENTO E PERDITA: La separazione dalla madre”; ed. Bollati Boringhieri, 2000.
Dott.ssa Federica Ciocca
Psicologa e psicoterapeuta
Riceve a Torino, in provincia e online
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