Gentile Annamaria,
lo so che molte volte ci pentiamo per quello che abbiamo commesso, forse per debolezza, oppure per non voler accettare la malattia dei nostri cari. Resta comunque il dolore per quello che abbiamo fatto, e come ci siamo comportati.
Nel suo caso mi verrebbe da dire che questo senso di colpa, è una modalità di elaborazione del lutto, sentendoci appunto in colpa per non aver fatto qualcosa, che avrebbe potuto alleviare le sofferenze di suo marito.
Ma detto questo, il proprio cammino dovrebbe avere una speranza, quella di potersi riscattare da queste colpe, o presunte tali, e la difficoltà è quella di saper trovare quel limite per ritenersi assolta.
Purtroppo le modalità con cui elaboriamo queste situazioni, sono inique, e ingiuste, perché nello stesso momento rappresentiamo sia il Giudice che il pubblico accusatore, e questo circolo vizioso andrebbe interrotto, per ritrovare una propria serenità.
Io credo che nel sociale le opportunità le offrono molte possibilità per cambiare questa situazione, attraverso sia il volontariato, o anche occupandosi di qualcuno che abbiamo vicino a noi.
Questo accompagnato dalla possibilità d'intraprendere un cammino psicologico con un collega a lei di fiducia, potrebbe aiutarla a risolvere questa sofferenza.
Nell'augurarle tutta la serenità che le è possibile, la saluto cordialmente.