La relazione di attaccamento è la relazione con mamma e papà.
Il sistema di attaccamento è quel sistema che si mette in moto ogni volta che un bambino è in uno stato di bisogno “ho fame… ho sete… mi sento triste… mi sento in pericolo…”, è allora che lancia tutta una serie di segnali che hanno la finalità di ricevere la vicinanza protettiva di una figura di riferimento, cioè delle figure importanti che rispondono ai suoi bisogni. Non è un sistema sempre acceso, si attiva in tutte le situazioni in cui il bambino è in uno stato di bisogno.
Anche da adulti possiamo trovarci in uno stato di bisogno, e che facciamo? Pensiamo alle nostre figure di riferimento, pensiamo ad appoggiarci o a chiedere aiuto alle persone di fiducia, proprio come fa il bambino fin dai primissimi giorni di vita, anzi… già dagli ultimi mesi nella pancia della mamma attiva segnali e in questa fase della gravidanza il bambino sente tantissimo e sviluppa delle memorie importanti che possono influenzare lo sviluppo successivo della sua vita.
Quindi in Stato di bisogno il bambino fa partire segnali di richiesta di vicinanza della sua mamma e il modoin cui la mamma risponderà creerà nel bambino un’idea di sé e un’idea dell’altro… e anche un’idea di sé in relazione all’altro.
La prima fase per un genitore è capire che c’è un bisogno, cioè che il bambino è in uno stato di necessità, in uno stato di attivazione; la mamma quindi gli risponde cercando di stargli vicino, di comprenderlo, di carezzarlo, di abbracciarlo, di leggere i suoi segnali. Se tutto va proprio per il meglio, quella madre cercherà anche di trattare il suo bambino come un essere dotato di tratti emotivi, un piccolo esserino che ha le sue emozioni che possono essere diverse da quelle proprie della madre e da quelle degli altri. Quando la madre è disposta ad intervenire e comprendere i bisogni del bambino, lui imparerà a sentirsi degno di attenzione, meritevole di cura, degno di vicinanza, imparerà a fidarsi dell’altro e man mano interiorizzerà una buona sicurezza interna; il modello di riferimento c’è ed è pronto nel momento in cui lui può essere in uno stato di bisogno, il bambino saprà così di poter chiedere aiuto, si sentirà amabile, svilupperà la fiducia nell’altro… tutti tratti caratteristici della sicurezza.
Non sempre, purtroppo, funziona in questo modo! Possono esserci situazioni diverse meno fortunate, in cui, ad esempio, c’è una mamma che alle richieste di cura del bambino non riuscirà a rispondere in maniera sollecita, non riuscirà ad essere troppo vicina, una mamma che preferirebbe un bambino che non manifestasse troppo i suoi bisogni.
Questo può succedere per diversi motivi: trasmissione transgenerazionale, esperienze personali difficili del momento, esperienze della vita precedente alla nascita del bambino.
Quella madre può trasmettere al bambino che sarebbe meglio che non richiamasse troppo le attenzioni e che si aspetta da lui che sia autonomo, che se non si attivi tanto, che diventi indipendente, e se non piange quella mamma starà meglio vicino a quel bambino perché lei non ce la fa!
Questa comunicazione da parte della mamma spesso non è esplicita e volontaria, sono segnali non verbali continui e ripetuti, sguardi; al bambino arriva l’informazione della mamma in difficoltà, è un pochino appesantita, al bambino arriva il segnale “non disturbare troppo”.
Questo è il tipico scenario di un bambino evitante: il piccolo percepisce e capisce tutto molto presto e impara a non manifestare i suoi bisogni, a pensare che lui forse non è tanto degno di amore e di attenzione, dice a se stesso “non valgo” e inizia a strutturare degli schemi, delle idee negative di se “non sono amabile… non vado bene…”.
Sono quei bambini che durante le separazioni dalla mamma non mandano nessun segnale, che non danno alcun problema, definiti Molto Bravi dai genitori, autonomi, capaci e indipendenti.
Da adulti saranno persone in difficoltà con le relazioni intime, vivranno prevalentemente approcci sessuali fine a se stessi, imperversando nella conferma di non aver bisogno di vicinanza emotiva.
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