La Dipendenza affettiva
La Dipendenza affettiva è un disturbo della relazione che comporta la distorsione della percezione di sé e dell’altro.
Tale modello relazionale, che causa disagio e frustrazione nell’affettivo dipendente, tende a riprodursi come uno stereotipo.
In questo tipo di relazione vengono meno gli elementi essenziali per definirsi sana:
-la reciprocità,
-la complementarietà dei ruoli,
-il potersi sostenere in modo equilibrato,
-il rispetto.
Nella relazione tossica, possiamo individuare due parti:
-una parte (dipendente affettiva) che si aggrappa disperatamente all’altro
-un’altra (controdipendente) che rifugge l’intimità e la dipendenza, perché percepite come pericolose.
La parte dipendente affettiva che si aggrappa disperatamente all’altro, si riconosce degna di valore solo in relazione al partner, è estremamente bisognosa di amore e accudimento per colmare dei vuoti affettivi derivanti dalla sua storia che hanno scalfito la fiducia in se stessa, la sua autostima e l’idea di essere meritevole di amore e rispetto.
La persona dipendente si dedica totalmente al partner, ponendo il soddisfacimento dei bisogni altrui davanti ai propri, se ascolta i suoi bisogni si sente immediatamente in colpa e si ritiene una persona cattiva, spesso in conseguenza di manipolazioni psicologiche da parte del compagno che solitamente è un narcisista patologico oppure un antisociale (queste persone sanno, specialmente all’inizio, come presentarsi con fare molto amichevole e seduttivo, per poi rivelarsi altamente maltrattanti, e sono incuranti delle conseguenze negative che arrecano all’altro).
Prodigarsi continuamente per il partner comporta un notevole dispendio di energie, qualsiasi cosa si faccia non è mai abbastanza, spesso le umiliazioni e i maltrattamenti diventano sempre più esacerbati, si assiste a una vera e propria escalation, da cui è fondamentale uscire prima possibile.
Il partner (controdipendente) che si incastra spesso con una persona affettivamente dipendente è ad esempio un narcisista patologico, una persona che si serve costantemente della manipolazione per raggiungere i suoi obiettivi, incurante della sofferenza che arreca al prossimo. Per raggiungere i suoi scopi, è disposto a mentire sui propri sentimenti ricorrendo a dichiarazioni d’amore smisurato al partner, o fare progetti su un futuro insieme.
A questo punto la vittima potrebbe avanzare il desiderio di avere una relazione stabile con il narcisista, il quale però teme terribilmente l’intimità, vista come una minaccia al suo Sè grandioso e onnipotente, e teme di dipendere dall’altro, perché potrebbero in tal modo emergere le sue fragilità, cosa troppo dolorosa e intollerabile, visto che da bambino era rifiutato se esprimeva i suoi bisogni e le sue emozioni, ma era accettato, ad esempio, solo se rispecchiava le richieste dei genitori.
I genitori di una persona narcisista possono essere stati trascuranti, oppure aver considerato il figlio come il proprio prolungamento, e averlo messo costantemente al centro dell’attenzione come un oggetto da ammirare, ma non da amare per la sua autenticità. Il messaggio che arriva al figlio, in entrambi i casi, è quello di non essere degno di amore, mancanza che andrà a compensare cercando approvvigionamento narcisistico.
Queste relazioni sono devastanti per la parte che si aggrappa disperatamente al partner o alla stessa dinamica della relazione, spesso infatti si tende proprio a ricercare rapporti con l’altro che ripropongono questo modello relazionale distorto, perché è l’unico schema conosciuto e familiare e perché si spera in una sorta di riscatto, si crede che cambiando il partner allora si verrà finalmente accettati e colmare quel vuoto affettivo lasciato dalle figure di accudimento.
È importante ascoltare il disagio e la frustrazione che derivano da queste relazioni e divenire consapevole di avere un disagio (spesso la persona attua strategie, come la minimizzazione e la giustificazione, per evitare di riconoscere di avere un problema di dipendenza affettiva). La persona dipendente teme terribilmente la solitudine e il senso di vuoto che la accompagna, nello spazio di terapia è possibile condividere questi vissuti ed elaborarli, comprendere l’origine dei comportamenti disfunzionali, dargli un senso, imparare a spostare il focus su se stessi piuttosto che restare ossessivamente sull’altro.
La terapia è senz’altro un aiuto fondamentale in questo percorso, ma lo è ancora di più la volontà e la motivazione al cambiamento del paziente. Solo così si è in grado di scoprire le proprie risorse in modo da imparare a stare bene da soli, a non sentire più quella paura dell’abbandono che fa mancare la terra sotto i piedi.
Spostare l’attenzione su di sé implica essere in contatto con il proprio Io, percepirsi, avere la consapevolezza dei propri pensieri, bisogni, desideri e dargli seguito.