Carissima Jess
Dopo i primi tempi nelle relazioni di coppia, i tempi di seduzione e di erotismo, iniziano a venir fuori gli scheletri dall’armadio che sono i fantasmi del nostro passato cioè i modelli dei nostri genitori che hanno fatto sì che noi avessimo particolari rappresentazioni che ci portano ad agire in un certo modo
Quello che il bambino impara nei primi anni di vita, solitamente nei primi 12 anni di vita, età dello sviluppo, costituisce una rappresentazione che permea e che plasma tutta la vita come diceva BOWLBY “dalla culla alla tomba”, plasma e orienta le nostre scelte.
Quando incontriamo un partner, nella nostra prospettiva evoluzionistica, scegliamo un partner intimo sessuale o affettivo, ma nelle nostre reti c’è anche la prospettiva del genitore (anche nei casi in cui coscientemente non abbiamo nessuna intenzione di avere figli) che vorremmo per i nostri figli, e quindi i criteri di selezione saranno adattivi per garantire la sopravvivenza della prole.
Questa scelta non avviene quando abbiamo un flirt!
È quando si costruisce una relazione di coppia che compaiono le nostre rappresentazioni interne, nel bene e nel male, quindi se abbiamo avuto la fortuna di avere nella nostra infanzia delle relazioni sicure noi ci aspetteremo che il nostro partner sia proprio una persona che ci ami, leale, che ci rassicuri nel momento del bisogno, con la quale possiamo esplorare congiuntamente per raggiungere obiettivi paritetici, quindi in un’ottica cooperativa. Può anche succedere, come di fatto avviene la maggior parte delle volte, di non aver avuto un attaccamento sicuro, quindi passata la fase iniziale tutta zucchero e comprensione, possiamo rimettere in atto tutti gli schemi disfunzionali che abbiamo acquisito nei primi anni di vita.
È importante capire cosa ci aspettiamo da una relazione e cosa mettiamo in gioco del nostro passato. Infatti la scelta che noi facciamo del partner esprime completamente quello che desidereremmo, cioè cambiare il modo in cui noi ci siamo sentiti, ad esempio se non ci siamo sentiti amati desidereremo incontrare un partner che ci ama che ci rispetti che ci rassicuri nel momento del bisogno, ma poi purtroppo finiamo per scegliere partners che assomigliano in qualche modo alle nostre figure di riferimento, ai nostri genitori. Questo succede perché c’è di mezzo in qualche modo l’evoluzionismo, NOI SCEGLIAMO CONSPECIFICI, così come il gatto sceglie una gatta noi scegliamo il partner che assomiglia a quello che noi abbiamo visto accadere nella nostra famiglia, oppure scegliamo un partner diverso ma in qualche modo temiamo che quel partner ripercorra oppure riattivi quello che abbiamo vissuto con i nostri genitori, con le nostre figure di accudimento, ed ecco che spesso un comportamento del partner, o un’emozione o una parola o una frase detta diventa qualcosa che ci fa sentire e essere e pensare e muovere nello stesso modo in cui noi ci siamo sentiti, ci siamo mossi, ci siamo pensati nella relazione con i nostri caregiver. E non solo! Entrano qui in gioco i modelli comportamentali relazionali che abbiamo visto nella relazione dei nostri genitori, perché noi siamo stati testimoni della loro storia.
Nelle mie molteplici specializzazioni sono anche una un terapeuta di coppia, spesso vedo pazienti individuali che vengono da me con problematiche emotivo-relazionali di coppia, separazioni, perdita del partner, difficoltà nel gestire la relazione di coppia, tradimenti subiti, tradimenti attuati, passaggio difficile di transizione verso la genitorialità, problemi di fertilità, separazioni dolorose da un figlio, difficoltà a vivere la relazione di coppia nel momento in cui nasce un figlio.... ma molto più spesso quando la coppia si rompe.
L’attaccamento di coppia di due persone adulte deve corrispondere a una base sicura, cioè deve soddisfare reciprocamente il bisogno di conforto e sicurezza. Un rifugio sicuro è vicinanza emotiva.
Succede proprio come a un bambino con i genitori però, mentre il bambino continua a chiedere attraverso il pianto o attraverso il raggiungimento della figura di riferimento ricevendo rassicurazioni con la vicinanza fisica del genitore, in età adulta questo bisogno è reciproco quindi i partner devono essere l’uno per l’altro figura di riferimento e fonte d’aiuto.
A volte si cristallizza la dimensione dove solo un partner è figura di riferimento e l’altro è solamente quello che richiede, questo impedisce alla coppia di muoversi in maniera sintonica e può favorire rotture relazionali perché si basa su uno schema rigido e non flessibile.
In età adulta devo essere in grado di sentirmi al sicuro con il mio partner non solo quando è vicino ma anche quando è lontano, devo potermi portare la relazione all’interno di me stesso, e noi adulti ci portiamo dietro questa capacità di mantenere l’altro nella nostra mente anche quando l’altro si è allontanato.
Per risponderle su un piano squisitamente personale dovrei farle molte domande per capire in quale scenario si incastra la sua storia. Provi a chiamarmi e a fissare un appuntamento con me, potremo fare tanto.
Cordiali Saluti
dott. Tiziana Vecchiarini