In relazione alla precedente mia domanda “Tradimento e senso di colpa“ vorrei ringraziare tutti i dottori per le gentili ed esaustive risposte. I vostri interventi mi hanno aiutato a leggere in maniera diversa la mia esperienza. So bene che è stato un periodo molto confuso, ma proprio grazie a questa confusione, al non ritrovarmi nei canoni e negli stereotipi che avevo sempre avuto di me stessa, ho dovuto confrontarmi (lo sto ancora facendo veramente!) con un’altra me, sicuramente meno perfetta della precedente, ma forse anche un po’ più simpatica. Non andrò mai fiera di quello che ho fatto, ma il passato non si può cambiare e l’unica cosa che posso fare è trarre da questa esperienza tutto il positivo possibile e costruire una persona migliore e più consapevole; non so ancora se sarò capace di affrontare la “ricostruzione” da sola o dovrò affidarmi all’aiuto di un esperto, comunque per maggiore chiarezza, mi permetto di porre ad alcuni di Voi le seguenti domande: - dott. Sabrina Chianelli: nel momento in cui mi consiglia di abbandonare l’idea di perfezione per evitare “fughe dalla realtà”, dichiara che il suo punto di vista su queste fughe è però diverso, me lo può spiegare? - dott. Federica Guagliardo: spesso mi trovo a pensare che se avessi avuto la lucidità di intuire in tempo che il mio collega era un farfallone mi sarei evitata l’esperienza o almeno sarei stata più cauta nel cercarlo e nel parlargli dei miei problemi. Eppure, mi sentivo così sola e angosciata per quello che stavo vivendo a casa, che non posso esserne certa. Nel suo intervento parla di meccanismi inconsci che entrano in gioco in una situazione del genere, me ne può dare una spiegazione, anche non approfondita,o suggerirmi letture in questo senso che possano aiutarmi a fare chiarezza? Lavorando insieme all’altro, devo imparare a mantenere un rapporto distaccato ma civile (soprattutto vista la presenza di altri colleghi che sono completamente all’oscuro del nostro vissuto). -dott. Silvia Polizzi Andreeff: lei mi suggerisce di tenermi stretta la vita che ho preso dal rapporto col collega, di ricordarmela e di godermela. Crede che sia necessario per la mia crescita personale? Non so se ne sarò capace, forse col tempo, e comunque lei pensa che a sporcarne il ricordo siano i miei sensi di colpa, o la certezza che l’altro voleva solo l’ennesima scappatella extraconiugale? Approfitto per ringraziarla sia per l’appoggio sulla scelta di non rivelare a mio marito l’accaduto (laverei solo la mia coscienza, ma non cancellerei il fatto, anzi gli darei maggiore peso) e per il suggerimento di pagare un prezzo per la mia colpa, credo che troverò un modo. GRAZIE DI NUOVO A TUTTI.