È piuttosto comune il pensiero che la violenza appartenga agli uomini con problemi psichiatrici, ai tossicodipendenti, agli alcolisti, agli stranieri con basso livello culturale. Queste sono le categorie più frequentemente prese in considerazione, ma non sempre é così.
Infatti, i comportamenti violenti e le azioni aggressive che spesso si consumano nelle "mura domestiche" appartengono anche agli uomini con un buon livello culturale, con un lavoro sicuro, con un'apparenza gentile e garbata, privi di precedenti penali.
Può accadere in soggetti appartenenti a tutte le fasce d'età e numerosi sono gli interrogativi, spesso senza risposte concrete. Negli ultimi decenni, gli interventi effettuati, da una parte, si sono rivolti alla protezione della vittima attraverso centri di accoglienza e di ascolto per la donna, e dall'altra, alla condanna del reo con un inasprimento della pena sempre maggiore. Tuttavia, il fenomeno della violenza non é stato contrastato e la violenza non é diminuita.
L'indicazione di percorsi terapeutici, stabilisce un primo livello di intervento in cui si stimola il soggetto violento ad acquisire consapevolezza e responsabilità rispetto alla sua aggressività favorendo il blocco delle sue azioni violente mediante tecniche di gestione dell'aggressività ad impronta comportamentale. Una tecnica conosciuta é quella del "time out" in cui il paziente, quando vi é il conflitto, deve lasciare la stanza. In un secondo livello di intervento, il terapeuta invita il paziente ad un'indagine sul significato della violenza attraverso il racconto della sua storia familiare, di eventi traumatici e, di frequente, l'origine di essa si colloca nel suo passato.
Con questa tipologia di soggetti,é opportuno procedere con una terapia individuale in cui si evince, da subito, la scarsa consapevolezza della sua dimensione emotiva. Infatti, mentre la rabbia viene riconosciuta, risulta molto più difficile scoprire la paura, la sofferenza, la tristezza che si fanno confluire in essa.
Ciò accade in quanto le esperienze traumatiche hanno bloccato la possibilità di penetrare nelle emozioni dolorose o ancor più, alcuni sentimenti sono quasi proibitivi nella visione maschile della realtà. É lapalissiano che questi interventi devono essere sempre più potenziati da una società che promuova, su fronti diversi, la parità tra i due sessi ed una maggiore consapevolezza del proprio mondo emotivo. Bisogna considerare che questa società fa conoscere anche ai bambini situazioni di aggressività attraverso i "war games" la cui diffusione é, ai giorni nostri, a macchia d'olio.
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