"Uno studente è oggetto di azioni di bullismo, ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto da parte di uno o di più compagni”. (Olweus, 1996).
Questa la definizione di Olweus, parlando di bullismo; da qui un’ importante riflessione, partendo ovviamente da ciò che qualche giorno fa è accaduto ad un ragazzino a Napoli che quasi ci ha rimesso la vita!
Come sempre, ci ritroviamo a parlare (anche con toni decisamente accesi) di queste tematiche solo quando accade il cosiddetto “fattaccio” che nessuno può ignorare.
Vorrei partire proprio dall’analisi di un’ interessante ricerca che ha riguardato la nostra regione: “all'inizio dell'attuale anno scolastico il Dipartimento di Scienze della formazione e psicologia dell'Università di Firenze insieme all'Ufficio Scolastico Regionale per la Toscana ha lanciato una sperimentazione ad ampio raggio con modelli di intervento accreditati a livello scientifico internazionale. Da settembre scorso 13 scuole primarie e secondarie di Firenze, Lucca e Siena (per un totale di oltre 2.000 studenti e 130 insegnanti coinvolti) partecipano, infatti, alla sperimentazione del programma KiVa, progetto finlandese che ha dimostrato negli anni una capacità di riduzione del bullismo del 50% (l'efficacia media dei modelli di intervento si attesta attorno al 20-25%).La "fotografia" della situazione di partenza a ottobre 2013 segnala che sul totale dei 2.023 studenti partecipanti, il 22% dei ragazzi delle scuole elementari e il 6% della scuola media ha dichiarato di essere stato vittima di episodi di prepotenza da parte dei compagni. Autori di prevaricazioni (il cosiddetto "bullismo agito") si sono, invece, dichiarati l'8% dei ragazzi delle elementari e il 5% di quelli di scuola media. "Dalla scuola elementare alla media – spiega Ersilia Menesini, professore ordinario di Psicologia dello sviluppo e psicologia dell'educazione presso l'Università di Firenze e coordinatrice della sperimentazione – si rileva una diminuzione dei fenomeni, sebbene spesso la natura di questi comportamenti possa essere più intenzionale e più grave nei ragazzi più grandi" (http://www.unifi.it/not-4471-bullismo-a-scuola-in-svolgimento-una-sperimentazione-in-toscana.html).
Ecco, mi soffermerei proprio sull’ultima parte dei risultati che esplica come, sebbene il fenomeno risulti apparentemente in diminuzione, al tempo stesso è più intenzionale e grave nei ragazzi più grandi. L’autore della terribile violenza a Napoli ha infatti 24 anni, e non ha agito all’interno di un contesto scolastico, non era un compagno di classe della vittima; si tratta invece, di un adulto che deliberatamente ha scelto di procurare una forma di violenza inaudita su un minore senza alcuna apparente spiegazione, se non quella di una micidiale forma di derisione per il suo sovrappeso.
Come possiamo dunque definire questo accaduto con la parola bullismo? Questa è violenza, degrado sociale, crudeltà e assurdità.
Il clamore mediatico serve a poco, forse dovremmo innanzitutto dare una giusta definizione a questi atti e partire da lì, dalla prevenzione, dall’educazione civica nelle scuole (didattica mai arrivata nelle cattedre italiane), dal sostegno genitoriale per famiglie che vivono situazioni di degrado non solo sociale, ma anche morale.
Cominciamo a capire che non si può sempre e solo parlare di bullismo “riempiendosi la bocca” di ricerche e interventi spesso utili, ma anche a rischio di inutilità se pensati a lungo termine. L’abitudine alla violenza parte spesso da una malsana educazione a casa e soprattutto da gruppi amicali poco inclini al rispetto delle norme sociali. Ci sarebbe molto altro da dire, ma credo sia arrivato il momento di agire, evitando soprattutto di affrontare il problema solo quando ormai è troppo tardi.
commenta questa pubblicazione
Sii il primo a commentare questo articolo...
Clicca qui per inserire un commento