L’identità sociale di un individuo in questa fase coincide con l’acquisizione di uno o più ruoli, e acquisire uno o più ruoli significa poter affermare la propria identità per lasciare la propria impronta nel mondo, popolato da simili e pieno di splendide opportunità per esprimere le proprie capacità.
Questa fase si completa nella post-adolescenza e occupa buona parte dell’età adulta, in base ai codici e al livello di complessità della società di appartenenza. I compiti inerenti a questo stadio di sviluppo sono: la realizzazione lavorativa, un livello adeguato di istruzione, l’indipendenza dalla famiglia di origine, la definizione e il consolidamento del proprio stato relazionale-affettivo, la costruzione di una rete amicale e sociale. In breve, il proprio inserimento nel mondo in base alla propria, unica e irripetibile specificità. Dalla realizzazione di questi compiti evolutivi deriva uno stato personale di soddisfazione e autoefficacia, mentre dal loro parziale o totale fallimento consegue spesso uno stato di sofferenza e un senso di disadattamento. Naturalmente, si tratta di un processo lungo, talvolta lento e impervio, non sempre definito, con momenti di arresto ed eventuali movimenti regressivi.
Questa possibilità evolutiva, che caratterizza l’individuo adulto, considerata naturale in quanto avviene nella maggior parte delle persone, pur non essendo affatto scontata, è il frutto di un lungo processo di crescita, culminante con l’entrata nello stadio (o periodo) delle operazioni formali, in cui si attua progressivamente il completamento delle strutture del pensiero adulto, definibili complessivamente come mente razionale.
La mente razionale si basa sul pensiero e con esso si esprime. Possiamo dire che il pieno sviluppo dell’io a questo livello evolutivo coincide con il pensiero. Un buon pensiero dovrebbe saper guidare la psiche tenendo conto delle emozioni sottostanti e ascoltando i bisogni del corpo, espressi attraverso le sensazioni. Ma il pensiero, e con esso il modo di produrlo, non deriva solamente dal pieno sviluppo della capacità operativa formale; alla sua formazione contribuiscono le abitudini consolidate e le modalità di pensiero ereditate, oltre che dal sistema parentale, anche dalle agenzie educative. Solitamente, non viene impartita un educazione specifica del pensiero, e quello che accade più spesso è che ognuno impara da sé, “sul campo”, come svilupparlo e applicarlo, con tentativi ed errori e utilizzando il feedback ricevuto nei contesti relazionali, cui viene adattato.
Così come esiste un’intelligenza emotiva per gestire correttamente la propria vita emozionale, potremmo affermare che occorra un’intelligenza del pensiero, per poter gestire adeguatamente la vita “pensativa”. La capacità di pensare correttamente è di tale importanza per la vita psichica che la psicoterapia cognitivo-comportamentale concentra buona parte dei suoi sforzi sulla ristrutturazione cognitiva del pensiero disfunzionale, fissato su credenze e convinzioni consolidate e distorte. Un pensiero efficace e funzionale è in grado di rispettare le norme e le convenzioni della cultura di appartenenza, e questo garantisce la sopravvivenza della persona nel suo proprio ambiente.
A livello della struttura tripartita, questo stadio evolutivo coincide con il predominio dell’io adulto, un tipo di subpersonalità che ha la funzione di mediare tra le istanze pulsionali del bambino e quelle moralistiche del genitore. Un buon adulto, guidando e dando spazio alle altre due istanze in nome dell’adattamento, produce nella vita esteriore la capacità di sviluppare e mantenere i ruoli. Quando invece l’equilibrio della struttura tripartita non è stabile, anche l’efficienza nei ruoli ne risente. La mediazione dell’io adulto è di vitale importanza, in quanto lo svolgimento dei ruoli richiede un funzionamento psichico avanzato (rispetto a quello del bambino e dell’adolescente), improntato ad efficienza, capacità di risolvere problematiche complesse, autonomia, capacità decisionale e, in generale, alla capacità di agire in modo responsabile, lasciando momentaneamente da parte le richieste emotive e gli sbalzi umorali. È la posizione coscienziale espressa dalla frase “prima il dovere, poi il piacere”, spesso utilizzata con i bambini come formula educativa preparatoria alla acquisizione dei ruoli.
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