Questo problema sino a pochi anni fa era considerato di minor rilievo, tanto che si parlava della difficoltà a trovare lavoro ma non della possibilità di perderlo.
Fino agli anni Ottanta il posto fisso era considerato la norma e chi non lo accettava era visto con disappunto perché se ne discostava e rifiutava una vita “sicura”.
Tuttavia non c’era la consapevolezza del privilegio sociale in cui si viveva, lo apprezzavano maggiormente i protagonisti della generazione precedente, che avevano conosciuto due guerre mondiali, dove il lavoro non c’era e l’obiettivo era quello di attivarsi per costruirlo. La crisi attuale ha provocato un grosso cambiamento nel mondo del lavoro e di conseguenza sulla percezione di sicurezza del proprio futuro, ciò che sino a poco tempo fa era scontato, ora non lo è più.
Numerose ricerche hanno evidenziato che la perdita del posto di lavoro provoca un peggioramento della propria condizione di salute e aumenta la probabilità di ammalarsi.
Perdere il proprio impiego a causa di un licenziamento, della chiusura dell'azienda, o anche di un semplice abbandono spontaneo dell'ambiente lavorativo comporta infatti un maggior rischio d'incidenza di svariati disturbi come ipertensione, diabete, malattie cardiovascolari o disturbi di natura psichica. Avere un impiego rappresenta una condizione essenziale per il mantenimento del benessere fisico e psicologico. Perdere il lavoro comporta infatti, oltre al danno finanziario, la privazione di un proprio status sociale che contribuisce generalmente al mantenimento di una buona salute mentale.
Le persone che perdono il lavoro provano sentimenti simili a quelli del lutto per la perdita di una persona cara o alla perdita di un rapporto importante per la propria vita. Questo malessere può esser sperimentato in diverse fasi.
Inizialmente c’è lo shock perché non si è pienamente consapevoli di quanto è accaduto, e ancor di più non si riesce a credere che la perdita sia reale. In un secondo momento emerge la rabbia per la constatazione della difficoltà a cambiare l’accaduto unito al senso di impotenza a frustrazione; parallelamente emerge anche la vergogna, questa viene messa in relazione alla propria identità: si ha paura di deludere i propri cari, senza lavoro ci si sente inefficaci, incapaci di portare avanti i propri obiettivi, e di guidare la propria vita.
L’autostima si abbassa notevolmente e la depressione diventa l’espressione della constatazione della perdita. Accettare l’accaduto è la fase finale del processo, una volta che si è venuti a patti con la perdita si può ottenere l’energia per affrontarla e superarla.
Vivere una fase di lutto in seguito alla perdita di un lavoro è normale, ma non tutti riescono ad uscirne con facilità. Questo processo non è semplice, anche se naturale.
Ognuno è fatto in modo diverso e la fase di accettazione ha tempi differenti in relazione a come si è fatti, al tipo di esperienze che hanno caratterizzato la nostra vita e alle persone e all’ambiente che ci circonda.
Per sbloccare questa situazione è utile chiedere aiuto a un professionista che può aiutare a superare l’angoscia relativa alla perdita del lavoro, la destabilizzazione rispetto al cambiamento di identità lavorativa e il senso di fallimento per non esser riusciti a mantenere il ruolo acquisito; una volta accettata la nuova situazione di vita, si può affrontare la fase successiva e procedere con la ricostruzione di se stessi.
Perdere il lavoro può diventare un’opportunità per cambiare. Il lavoro sicuro è come la bambagia che ci dà sicurezza e ci fa vivere una vita tranquilla, spesso senza darci l’opportunità di realizzare i nostri più intimi desideri, ci accontentiamo di ciò che abbiamo senza darci l’opportunità di cambiare.
Quando si perde la sicurezza raggiunta, si è costretti a rivedere tutto, magari a trovare o a crearsi un nuovo lavoro e scoprire delle risorse inesplorate.
Se si riesce a coniugare l’abilità con il piacere, lavorare assumerà nuove connotazioni, porterà nuove energie e permetterà di dare un nuovo e inaspettato slancio alla propria vita.
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