Ho 51 anni e da un anno e mezzo mia moglie mi ha lasciato (abbiamo due figlie adolescenti) perché stanca di me che per lei sono stato sempre un peso. Mi ha definito "terzo figlio problematico". Devo riconoscere che ha ragione, mi sono sempre aggrappato a lei, timoroso di fare le cose: dalle faccende di casa all'organizzare un viaggio, dal risolvere un imprevisto al trattare con gli operai per i lavori in casa. Purtroppo, sono sempre stato così: insicuro, bloccato. Mi sono laureato ma ricordo che ad ogni esame andavo solo se super preparato, ero terrorizzato dal fallimento, anche l'esame di terza media fu uno choc per me, non volevo farlo, fu il primo trauma di questo tipo. Dopo la laurea sono riuscito a vincere un concorso e ho iniziato a lavorare ma non sono mai andato a vivere da solo. Dopo poco mi fidanzai con quella che sarebbe diventata mia moglie e andai a vivere con lei, appunto aggrappandomi a lei in tutto e per tutto. Ora senza di lei mi sento disperato, sono tornato a vivere dai miei genitori e rimpiango la famiglia che ho perso per sempre. Sono stato un vigliacco, un marito pessimo e un padre assente. Ho trascurato le mie figlie in quanto sempre concentrato a recuperare il rapporto con mia moglie che mostrava dopo pochi anni di non sopportarmi. Purtroppo io non sono riuscito a cambiare. Ora mi sono aggrappato ai miei genitori anziani. Sono un eterno bambino che ha paura di crescere. Ho paura che non ci sia soluzione per me, tutto mi sembra una montagna troppo ripida da scalare e ormai ho perso la mia famiglia. Mia moglie si è disinnamorata per sempre. Sto pensando anche al suicidio per quanto sono disperato e sfiduciato da me stesso. Andrea