Scrivo perché forse scrivere aiuterà a farmi un po' di chiarezza. Ho sempre avuto problemi di autostima (che ho sempre cercato di combattere e risolvere) ma ultimamente ho notato una specie di ricaduta. Infatti alcuni anni fa dopo un periodo buio e turbolento in cui mi era stata diagnosticata una lieve depressione, ho deciso di trasferirmi in una grande capitale europea. Sono ripartita da zero, senza sapere la lingua, senza conoscere nessuno nella città in cui mi sarei trasferita, senza contatti e senza nessuno su cui contare insomma. Questa per me è stata una grandissima sfida. Per i primi tempi ho combattuto quotidianamente le mie insicurezze ho resistito alla voglia di prendere il primo volo per tornare indietro. Con il passare del tempo ho capito che era stata veramente una scelta folle quella di partire in quel modo, ma che mi aveva reso più forte e più entusiasta della vita. Così i primi tre anni sono volati e con determinazione e positività ho tenuto duro e sono riuscita a trovare un lavoro nel mio settore una volta a settimana. Per sopravvivere e pagare le bollette faccio altri mille lavori (il multitasking obbligatorio nel curriculum dei trentenni d'oggi) e spero che un'esperienza in un posto così importante nel mio settore mi apra le porte per nuovi sbocchi professionali. E fino a qui, va tutto bene. A lavoro sono tutti efficientissimi e in un anno e mezzo di collaborazione non ho quasi mai visto i miei colleghi fare degli errori. Ovviamente il mio giudizio è parziale essendo presente solo una volta a settimana ma potrei descrivere i miei colleghi e il mio capo come professionali ed efficienti. Io mi sono subito inserita bene e hanno deciso di tenermi perché lavoravo in linea con il loro standard. Ultimamente però ho iniziato a fare sempre più errori, comportando una perdita di incarichi che ha innescato di nuovo quella vecchia sensazione a me molto familiare di incapacità e impotenza. Negli altri lavori va tutto bene, anzi, sono felici di darmi più incarichi ma nell'unico lavoro che veramente mi interessa faccio un errore dopo l'altro. Ripeto a me stessa tutte le cose positive come un mantra ma non funziona. Continuo a fare errori e questo mi ha portato a riflettere alla mia situazione professionale attuale. Non riesco ad avere una spinta d'intraprendenza per iniziare un progetto mio, penso sempre di non essere all'altezza, di non potercela mai fare e finisco sempre per rinunciare e non mandare le domande per fare nuovi progetti. Appena inizio a pensare in positivo arriva qualche notizia che mi avvilisce e mi rispinge indietro di tre passi. Così dopo l'ennesima mail di rimprovero, ho deciso di lasciare la città per un po' e trasferirmi per due mesi in un altro posto. Per prendere aria, per capire se sto andando nella direzione giusta, per capire se tutta la mia insicurezza è legata solo a quella particolare situazione lavorativa o se c'è un blocco più profondo, che affronterò come al solito a schiaffi in faccia. Ripartendo da zero. Continuo a pensare di non essere all'altezza. E non so come fare per non avvilirmi ancora di più. Non è come un attacco di panico, non posso risolvere la situazione con un sacchettino di carta. Ormai è un pensiero costante. In ogni azione.
10 risposte degli esperti per questa domanda
Buongiorno, Se dovessi definire il tuo problema come lo chiameresti? Cos a vuoi cambiare, se c'è qualcosa da cambiare? Rifletti su queste domande,non sono semplici. Ti aiuteranno a capire in che direzione vuoi andare e una volta fatto questo potresti rivolgerti ad un terapeuta per un eventuale percorso. Molti hanno Skype per cui se sei all'estero non dovresti avere difficoltà. Cordiali saluti
Brescia
La Dott.ssa Elisa Fedriga offre supporto psicologico anche online
Cara Anna, sei davvero convinta che quel tipo di lavoro sia quello che desideri veramente? O è soltanto un modo per metterti alla prova e confermare a te stessa ciò che le tue insicurezze ti spingono a pensare? Forse inconsciamente hai bisogno di sbagliare, di darti una ragione per sfuggire da una situazione che non ti appaga fino in fondo. Racconti di stare bene e non avere problemi negli altri settori, perchè li valuti come meno meritevoli se ti fanno sentire capace? Fossi in te mi farei quattro domande, comincerei a pensare cosa davvero può essere utile per star bene, cercherei di fermarmi anzichè fuggire dai problemi. La serenità va raggiunta con noi stessi, non esiste il luogo perfetto. Avevi amici, legami importanti dove ti eri traferita? Coltiva quelli, apriti, sentiti davvero parte di un luogo. Scegli. Non avere paura di rinunciare a qualcosa, tutto andrà meglio. Puoi sempre affidarti al sostegno di uno specialista se senti di averne bisogno. Spero di esserti stata d'aiuto.
Brescia
La Dott.ssa Gloria Baisini offre supporto psicologico anche online
Salve Anna, credo sia difficile dare una risposta e risolvere il problema avendo pochi elementi e soprattutto senza incontrarsi faccia a faccia. Credo che forse potrebbe aiutarla cambiare il tipo di domande che si pone. Mi spiego... partiamo dal presupposto che tutto ciò che fanno le persone sia sempre una scelta "elaborativa" ossia la miglior cosa che le persone possono permettersi di fare in un determinato momento; quando parlo di scelta non intendo per forza una scelta consapevole ma l'alternativa migliore che riusciamo a percorrere... altrimenti evidentemente faremmo qualcosa d'altro. In che modo quindi per lei andarsene da un determinato luogo di lavoro è una scelta elaborativa? cosa le permette di fare? dall'altra parte cosa cerca di evitare? o cosa intende lei per errori? gli altri li vedono come tali o hanno altri punti di vista? e soprattutto cosa le accade quando sente di aver fatto un errore? capita a volte di scoprire che gli errori non sono poi così totali o definitivi ma sono occasioni che aprono delle porte nuove, anche di crescita e di relazione. dipende da quanto noi siamo disposti a crederci e a renderli tali... in bocca al lupo per la sua vita cordiali saluti
Treviso
La Dott.ssa Elena Daniel offre supporto psicologico anche online
Gentile utente Credo sarebbe opportuna una rivalutazione psichiatrica che possa permettere una diagnosi precisa ed una eventuale terapia.
Cara Anna, voglio riferirmi subito alla lieve depressione che ti è stata diagnostica qualche tempo fa e, quando ti sei sentita meglio, hai deciso di trasferirti in una grande capitale europea!! Questo stato di lieve depressione da che cosa era dovuto? Lo hai analizzato? In che modo? Lo hai effettivamente superato dopo adeguata elaborazione? Potrebbe essere avvenuto un miglioramento ma le cause possono essere rimaste latenti!! Quando sei andata a vivere all’estero le tue capacità e la tua forza di volontà ti hanno aiutato a superare i primi tempi di disorientamento contro il quale dici di “avere lottato e resistito”. Dopo, gli anni sono passati piuttosto tranquillamente. Attualmente, però, mi sembra che la tua ansia stia facendo di nuovo il suo ingresso nella quotidianità. Parli della tua scarsa autostima descrivendola con sensazioni di insicurezza, incapacità ed impotenza!! Anna devi sapere che l’autostima e le sicurezze non si acquisiscono con la lotta e lanciando sfide alla vita!! Certe caratteristiche della nostra personalità si acquisiscono con modalità diverse e molto precocemente nella nostra esistenza. Tu non devi “combattere” contro i tuoi disagi psicologici e comportamentali ma devi cercare di capirli, scoprirne le cause e solo così potrai conoscere le tue risorse interiori, i tuoi limiti (che esistono in ognuno di noi) per poter trovare le adeguate modalità di scelta e di comportamento. Non ritengo possa esserti molto utile chiuderti in te stessa ‘fuggendo’ in altra città più piccola!! Credo, invece, che sia arrivato il momento che ti confronti con uno psicologo per affrontare in modo definitivo le difficoltà psicologiche relative alla tua ancora giovane età!! Un augurio ed un cordiale saluto.
Cara Anna, Complimenti per la scelta coraggiosa di trasferirsi all’estero, questo la qualifica come persona sicuramente intraprendente. Ora lei si è trasferita e intende ricominciare di nuovo. Bene. Ma non aspetti di avere i “pensieri giusti” per cominciare a fare quello che potrebbe rendere migliore la sua vita. Quello dell’autostima è una grande inganno degli anni ’80: in realtà pensare positivo non aiuta. Ogni volta che tocchiamo qualcosa di cui ci importa, il timore di fallire (ed i pensieri corrispondenti) ci assalgono. É naturale. Cambiare i nostri pensieri, sostituire i “negativi” con quelli “positivi” è un’operazione destinata a fallire, e le ricerche lo dimostrano. Quello che possiamo fare è andare avanti con i nostri pensieri, smettere di lottarci contro, e stare bene con gli occhi aperti sul momento presente. Quando troverà un nuovo lavoro, l’unica cosa importante sarà concentrarsi su quel lavoro, cercare di farlo bene, autostima o no. Questo, più del pensiero positivo, le darà maggiori chance di conservare il posto di lavoro che avrà trovato. Quelle di cui le parlo sono abilità, che richiedono esercizi. Li troverà sull’ottimo libro di Hayes e Smith : Get Out of your Mind and into your life (ed. Italiana “Smetti di soffrire, inizia a vivere”). Cerchi anche “things might go terribly horribly wrong”, di Kelly Wilson (quando tutto va di male in peggio). Ci provi, e vedrà che potrà ottenere ottimi risultati anche pensando male di sé stessa. Se penserà bene di sé, ma non farà quanto necessario, vedrà da sola che il pensare bene non porta a nulla. Non abbiamo il pieno controllo dei nostri pensieri, ma delle nostre azioni.
Cara Anna, come molti ti avranno detto, non è scappando che potrai trovare le risposte che cerchi. Fermati, rallenta, respira… e contatta una/o psicologo della tua zona, che ti aiuti a occuparti di te, che ti abbracci e ti tenga quando ti viene voglia di fuggire. Mi pare che i tuoi errori periodici, le ricadute, le fughe, non siano dimostrazioni che non vali (molti successi di cui scrivi dimostrano il contrario) ma piuttosto il sintomo che qualcosa non va. Perché non prendersene cura? TI faccio i miei migliori auguri.
Ciao Anna! Hai fatto benissimo a scrivere, a fissare sulla carta (in questo caso sullo schermo) i punti salienti di un disagio che senti tuo da diverso tempo. Forse, come dici, aiuta a far chiarezza o forse non basta scrivere... Forse è una “timida” richiesta d'aiuto o il tentativo di avere una conferma da chi dovrebbe essere esperto in materia, così da poter finalmente affermare “Sì, ho problemi di autostima!”. Ma basterà averne la certezza per eliminare questo disagio? Dopo quella che definisci una lieve depressione (rispetto alla quale resti un po' vaga però), decidi di andartene. Lodevole da parte tua lo sforzo che fai per ripartire da zero ed impegnarti nel lavoro. Ho come l'impressione che ti ci sei buttata a capofitto (per riempire le tue giornate e non pensare ai problemi? Per dimostrare qualcosa a qualcuno o forse solo a te stessa?...sarebbe interessante rifletterci su). Mentre leggevo la tua mail ho fatto attenzione al contenuto ma anche al modo in cui scrivi e ho notato come, curiosamente, hai iniziato usando un tempo del verbo al passato per poi passare improvvisamente al presente (pur riferendoti ad un episodio già concluso). Si ha l'impressione che la dimensione spazio-tempo sia saltata e i confini tra passato e presente siano talmente labili da creare confusione tra ciò che è stato e ciò che è. Ultimamente hai iniziato a fare sempre più errori. Ultimamente quando? E in seguito a cosa? E perchè solo in quel lavoro che più ti interessa? Si ripresenta il disagio e decidi ancora una volta di andartene, di cambiare aria, nella speranza di capire se stai andando nella direzione giusta. Ma qual'è Anna la tua direzione? Ne stai davvero seguendo una o ti lasci trasportare dagli eventi? Da quello che racconti, pare che davanti alle difficoltà della vita l'unica possibilità di affrontarle sia la fuga. Io non credo ti manchi l'intraprendenza e la tenacia per fare quello che ti prefiggi di fare ma probabilmente non ti dai il tempo giusto non solo per iniziare ma anche per portare a termine un obiettivo. Le capacità le hai, lo confermano a quanto pare anche i tuoi colleghi e il tuo capo. Ma appena qualcosa non va, come è normale che capiti in ambito lavorativo, così come in tutti gli altri aspetti della vita sociale, fai marcia indietro. Tu dici “a causa di brutte notizie”...anche qui resti sul vago. Le brutte notizie provengono dall'esterno, da qualcosa che noi non possiamo completamente controllare perchè non dipendono esclusivamente da noi. Questo concetto potrebbe giustificare in parte la convinzione che allora noi non possiamo farci niente, dobbiamo subire e basta. Ma non è proprio così: alle brutte notizie si può e si deve reagire! Non credi? Non è un attacco di panico, come affermi, ma non è che il sacchettino di carta tu lo stia usando per infilarci la testa dentro, un po' come gli struzzi sotto la sabbia? Resto a tua disposizione, per un riscontro...
Carissima, credo che avrebbe bisogna di vederlo più da vicino questo blocco. E' vero che non può risolvere la situazione in sacchettino di carta, in cui poi si finisce per nascondersi. So che non ha fatto una esplicita domanda, ma se ha occasione potrebbe iniziare un percorso personale.
Padova
La Dott.ssa Annalisa Sammaciccio offre supporto psicologico anche online
Cara Anna, penso che il problema di fondo riguardi l'ipotesi di una sua incapacità di tollerare l'ambivalenza dei sentimenti e di non riuscire a considerare di integrare doti positive con doti negative sia delle persone sia di se stessa. Intendo dire che probabilmente è una persona fortemente giudicante, per se stessa e nei confronti degli altri.Se si hanno caratteristiche personologiche tendenti al giudizio, talvolta dicotomico (quindi un giudizio: o tutto bene o tutto male)diventa tutto più difficile, perchè quando ci si riferisce alle relazioni umane e ai sentimenti umani non c'è nulla di certo, ma tutto è in divenire, tutto è suscettibile a cambiamenti (e per fortuna !). Il suggerimento: cercare di essere meno rigida e tollerare la possibilità di poter cambiare idea, di poter sbagliare ma sentirsi ugualmente dignitosa. Riuscire a non sentirsi un'incapace di fronte ad una performance mediocre perchè vivere è una sperimentazione continua e quando una persona sceglie di apportare dei cambiamenti nella sua vita, come andare a vivere all'estero, è una persona che non si sottrae alle sue responsabilità ( quindi degna di rispetto). Tuttavia le cose potrebbero rivelarsi faticose o diverse da ciò che si era previsto ed allora un ripensamento DEVE essere tollerato. Immagino che il suo atteggiamento le derivi da un contesto educativo subìto, cerchi di evolversi imparando a tollerare l'ambivalenza dei sentimenti, la mediocrità, il cambiamento, ecc.