Cari psicologi, grazie per aver aperto la lettera di un ragazzo di 18 anni, che ha già la pretesa di considerarsi un uomo vissuto, a cui la speranza, lo spirito adolescenziale, la voglia di vivere sono ingiustamente andati via troppo presto. Non credo che solo questa lettera potrà spazzare via anni di angoscia e paura, ma sentivo l'impulso di raccontarmi a qualcuno. Penso che la vera ragione che mi ha spinto a questa lettera è semplicemente che spesso ho momenti in cui non so chi sono. Questo non è altro che il monoloquio di uno scarso attore ( Ciò che sono in procinto di scrivere non lo sento reale, ovvero cerco di imitare una sofferenza che almeno in questo preciso momento non provo) in ogni caso anche il solo parlare davanti ad altri mi aiuta e questa dunque è una ragione sufficiente. Perché scrivo? Io non lo so. Paura, delirio? Io mi sento troppo fottutamente sensibile. Se fosse facile per me scrivere di ciò che sento non smetterei più. Questo mi fa sentire maledettam irreale. E perché non scrivo? Forse perché non ho l'anima di un poeta (E dio solo sa quanto lo desidererei!) io non scrivo perché non terrei fede al mio dolori. Io non ho la capacità di muovere l'animo con le parole. Tutto ciò che sento resta nella mia testa e li sola sembra reale. A volte ho momenti in cui dopo fasi depressive mi sembra di aver sognato, che il dolore è stata una mia immaginazione eppure nel dolore, nella malinconia di quell'abisso mi sento vivo. Ho letto che esistono personalità la cui caratteristica è l'esagerazione drammatica della vita. Se dovessi tenere conto, di ciò che deve apparire la mia vita agli occhi di chi mi circonda direi sì! Tu esageri e la tua follia è la più triste di tutte, poiché vedi la tua vita cupa e piena di dolore quando in realtà tutto ti è possibile e niente ti è proibito! Ma come posso considerarlo irreale ciò che è così chiaro ai miei occhi? Penso sia questo un destino comune a tutti gli uomini che in persone come me viene più accentuato. Eppure quando soffro mi sento vivo, non rinuncerei al dolore poiché ciò che lo causa è la stessa sensibilità che mi fa amare la vita, non è dal dolore che fuggo ma da quel mostro che in un sol sbadiglio divorerebbe il mondo: la noia. Ma allora cosa vuoi? Per cosa ti tormenti, qual'è il tuo desiderio? Questo mi ripeto e non so cosa rispondermi. So solo che la mia vita non può continuare così, non si può a 18 anni essere così privi di energia, non si può passare giornate intere sdraiato a dormire per quei 10 minuti di pace in cui nulla ricordi. Anche la notte poi non mi sembra meno tormentata del giorno, avvolte ho come la sensazione che il mio folle rimuginare continui durante il sonno. Ogni mattina da più di un anno (ma anche più) provo senza esito a ricordare cosa ho sognato la notte precedente (so che è impossibile non sognare, ma davvero sono rarissimi i casi in cui ricordo il sogno e quando riesco trovo solo incubi: sulla vecchia, sulla morte e sulla solitudine. Sogni, quelli che creano ristoro, da tempo non ne ho più. ). E poi il giorno, da circa una settimana ho una nausea continua come se volessi rigettare l'intero stomaco, raramente esco di casa, se non per evitare che i miei genitori si lamentino troppo della mia pigrizia e quelli che dovrebbero essere i miei amici per me sono come figure estranee, non mi curo di loro e dei loro stupidissimi problemi esco con loro solo perché sono ormai una figura abituale nel gruppo ,che nulla da è nulla riceve. Si drogano? Si anche io con loro. Non lo faccio per compagnia e personalmente andrei oltre l'erba (LSD mi affascina ma è una droga per gente normale, a me darebbe solo problemi) il sabato ormai mi sembra come un dover timbrare presenza. No... odio il ritratto che sto dando, Io non sono solo così, un vecchio goffo, impacciato pieno di rammarico per la vita. No, sotto questa fredda e impenetrabile crosta io brucio, brucio fuoco di vita! Più di quanto bruciano tutta la genteche ho incontrato fino ad adesso. Anzi è proprio perché il mio sentimento di vita non è condivisibile che io mi chiudo in me stesso, tutto ciò che è fuori mi sembra una falsità,dominata dal voler sopraffare l'altro e io sono di un indole troppo debole per farmi rispettare. Io invece soffro proprio perché mi manca il coraggio di vivere una vita libera, proprio perché il mio sentimento di libertà mi pare una cosa estranea al mondo esterno e allora mi chiudo in me stesso a sognare un futuro irrealizzabile. Se avessi il coraggio di vivere apparirei lunatico un folle, ma io ragiono, e la follia per me sarebbe il risultato più alto della ragione. Ed ho torto? Non soffriamo forse tutti di quello che soffro io? Freud se non sbaglio diceva che l'uomo era condannato a non essere felice proprio perché la sua natura è istintuale. Il passaggio dall'età giovanile all'età adulta si compie con la rassegnazione. Noi giovani veniamo dall'età infantile piena di energie e di istinti, lì è la nostra natura! Mi sento ancora un bambino che non vuole crescere.Io non ho idea di come possa continuare la mia vita e l'idea del mio futuro mi tormenta, beati coloro i quali vivono pienamente il presente. Io chiudo qui questa lettera, l'avevo iniziata due giorni fa e l ho conclusa solo oggi. Non chiedetemi di consultare uno psicologo, non ci riuscirei e non potrei mai chiederlo ai miei genitori, spero possiate capire.