La connessione tra pensiero ed iniziativa imprenditoriale del bambino è facilmente osservabile. L’imprenditore inventa la propria iniziativa, il bambino è l’imprenditore della propria esperienza infantile.
Il bambino è un’iniziativa dopo l’altra: cammina, corre, parla, si muove, si va a cercare gli amici, va a tirare la giacca a quello di casa che trova più simpatico per farci delle cose insieme, si fa i giochi da solo, se non ne ha abbastanza se li inventa. E’ formidabile nell’aprire tutti gli sportelli apribili e tutte le possibilità che il mondo gli offre. Non è un ente a un solo sportello: li apre tutti.
Un figlio, appena ha cominciato a parlare, è capacissimo di chiamare papà, o anche mamma, l’amico, magari sconosciuto fino ad un’ora prima, appena arrivato, perché gli sta bene. In questo modo ha aperto un nuovo sportello, in senso bancario, il bambino si è aperto una nuova linea di credito.
La sua facoltà d’iniziativa ha una illimitata capacità di pensiero. Si dice infatti: “Una ne fa, cento ne pensa”.
È in un tempo successivo che cominciano a costituirsi dei limiti al pensiero: “Ci son cose che non si devono neanche pensare!”.
Man mano che i bimbi diventano grandi, gli educatori dicono: “Certe cose non si pensano nemmeno”. Così il bimbo diventa sempre più inibito, sempre più limitato nell’esercitare il proprio pensiero. L’inibizione, infatti, non riguarda tanto gli atti, quanto il pensiero!
Fin dal primo momento di vita il bambino non è una tabula rasa, molto presto è un attivista con un grado di realismo che fa impallidire il concetto filosofico di realismo. Al realismo del bambino non sfugge niente, sono i genitori che non si accorgono di come i bambini osservino il loro comportamento, ascoltino i loro discorsi, criticamente.
Semplicemente il bambino non ha ancora connesso la criticità all’ostilità.
E’ da grandi che uniamo la criticità alla malevolenza o, nel migliore dei casi, all’obiezione. I bambini semplicemente osservano che il papà è universitario, che la mamma è simpatica, che si è comportata bene o non si è comportata bene, che gli amici sono di una specie o di un’altra specie.
I bambini sono di una chiarezza senza pari!
Gli adulti necessitano della facoltà osservativa e critica, non malevola, che hanno avuto da bambini. Ed è abbastanza frequente il caso del genitore che detesta proprio il fatto della capacità di idee chiare e distinte del bambino, oltre che di imprenditoria e di pensiero senza limite!
Entrando ancor più nel merito del discorso: il Colto è economico e politico. E’ importantissimo per cambiare rotta educativa riconoscere al bambino queste due proprietà: di essere cioè ad un tempo oeconomicus e politicus, avendo non solo la capacità di un moto e di un’azione individuali, in vista di un beneficio, ma anche di elaborare forme del rapporto a pieno titolo giuridiche. E’ sufficiente l’osservazione per constatare come il bambino agisce in modo da suscitare il desiderio dell’altro a collaborare alla sua soddisfazione e che ne sarà soddisfatto solo quando l’altro risponderà liberamente per la propria stessa soddisfazione. Il bambino è competente dei fondamenti di un ordine economico giuridicamente regolato. Ben lungi dall’idea di dover civilizzare, il bambino è semmai orientato verso la distruzione dell’ordine di una incivile civiltà, piena di diseconomie e di sopraffazione degli uni sugli altri.
La facilità dei bambini a stare al posto dei figli è notevole: i bambini ci chiedono la bussola. Perché? Qual è il pensiero del figlio? Nella posizione del figlio, il bambino associa volutamente, praticamente, fattivamente, effettivamente un altro al proprio pensiero. La posizione del figlio è quella posizione giuridica in cui il soggetto - non conta mai l’età, ma la posizione in quanto giuridica e psichica - annette volentieri un altro al proprio agire e al proprio pensare. Quindi dal posto del figlio si costruisce l’idea di lavoro come lavoro a due posti.
Dal bambino si tratta anzitutto di prendere-imparare il profitto di salute del suo modus recipientis, equivalente al concetto di “principio di piacere”.
Si tratta di profitto(-meta) per mezzo di un altro, ossia di partnership.
Nella patologia si rifiuta il profitto, il piacere sta nel profitto, il consumo è in subordine. In natura non c’è piacere: il piacere è meta-fisico.
Il bambino prende-pratica il linguaggio situandolo nella relazione profittevole con l’altro (chiunque sia), secondo tutte le possibilità di tale relazione, utilizza e modella una notevole serie di suoi apparati e organi di fonazione (corde vocali, lingua, palato, polmoni, laringe, cassa toracica, ecc…). Un tale insieme organico è qualcosa di più complesso di qualsiasi strumento musicale, tanto più se si osserva che l’apporto del soggetto è maggiore di quello che ci mettono i suoi insegnanti. Anzi, si fa da sé lo strumento, mentre il clavicembalo Mozart l’ha trovato fatto. Del linguaggio il bambino fa letteralmente man bassa, impara tutto da solo.
Più densamente e anche più esplicitamente: il bambino si fa alla relazione (formale) con l’altro, positivamente, in modo cognitivo: è già legislatore pensante la legge del proprio corpo. La legislazione non è natura, ed è altro dall’invenzione, si tratta di pensiero. Facendo lingua il bambino pensa in lingua.
Lo si può vedere anche in quel suo opposto che è il bambino autistico precoce, che manifestamente si disfa dalla relazione con l’altro, per esempio buttandosi fuori dalle braccia della madre. Il pensiero non è natura.
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