Molti sono gli studi che hanno dimostrato che il linguaggio degli occhi non é casuale ed involontario, ma segue regole ben precise, di cui alcune vengono apprese sin dalla nascita, ed altre ritrovano le motivazioni nei diversi contesti culturali. I nostri organi visivi non vengono usati solo per acquisire informazioni dal mondo esterno, ma anche come segnali per un dialogo silente, per trasmettere messaggi e per esprimere il nostro modo di essere nella sua interezza.
Lo sguardo é strettamente legato alla parola ed al silenzio e in esso traspare il nostro umore sereno o cupo e tutta la nostra preoccupazione o felicità. In alcune società primitive, si credeva addirittura al "potere degli occhi" per provocare il male attraverso rituali specifici e coniando addirittura la parola "malocchio" proprio in contesti di negatività.
Lo sguardo come "segnale sociale", appare nella vita del bambino verso la terza settimana, in quanto egli comincia a sorridere ad un cenno del capo, e verso la quinta settimana circa, riesce a ricambiare uno sguardo. Durante il primo anno di vita, il bambino prova divertimento quando il genitore si nasconde al suo sguardo per poi ricomparire all'improvviso. Questa modalità di gioco si considera una delle prime forme di comunicazione sociale. Quando accade che due persone si piacciono, l'una rivolge con una certa frequenza lo sguardo verso l'altra, ed entrambi si guardano reciprocamente. La troppa insistenza provoca disagio, in quanto la forma di attrazione viene resa manifesta proprio con lo sguardo.
Pur essendoci diversitá sul significato dello sguardo nelle diverse culture, tuttavia, l'uomo é consapevole che un'occhiata comprende sempre un contatto sociale e determina una reazione. Esistono alcuni significati del contatto visivo che potrebbero definirsi comuni, ciò si può spiegare con l'eredità biologica o con l'esperienza che vivono i bambini: l'estrema vicinanza al viso della madre mentre vengono allattati o tenuti in braccio.
In contesti diversi da quello occidentale, ad esempio in Giappone mentre si parla, si guarda ogni tanto il collo dell'interlocutore, anziché i suoi occhi, e molte informazioni vengono trasmesse dalle sfumature della lingua e dalla posizione del corpo, mentre presso le tribù Wituto e Bororo del Sudamerica, sia la persona che parla che quella che ascolta deve fissare un qualsiasi altro oggetto durante la loro comunicazione.
I Mende, abitanti della Sierra Leone, poiché credono al ritorno dei morti in forma umana, non guardano mai in faccia un vivente. I Tuareg abitanti del nord Africa avendo tutto il corpo coperto da abiti considerano lo sguardo un canale primario di comunicazione. É evidente che il linguaggio degli occhi é solo una parte del sistema di comunicazione di una cultura, insieme alla comunicazione che avviene mediante la parola.
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