L’ascolto può essere considerato come un momento del processo della comunicazione: il messaggio in arrivo viene ascoltato ed elaborato per formulare un’azione o un messaggio di ritorno (feedback). Se lo scambio dei messaggi è finalizzato al raggiungimento di obiettivi concreti (come avviene nelle organizzazioni o, comunque, per motivi di lavoro), l’ascolto spontaneo può non essere adeguatamente efficiente: molti equivoci e molte incomprensioni che si verificano in questo contesto si possono attribuire ad una scadente capacità di ascolto da parte degli interlocutori.
MODI DI ASCOLTARE
Il termine “ascolto”, nell’uso corrente, viene associato ai concetti di passività e naturalezza.
PASSIVITA’
Per ascoltare non bisogna “fare” niente. Basta che chi ci parla pronunci le parole in modo sufficientemente forte e chiaro.
NATURALEZZA
L’ascolto non richiede alcun accorgimento particolare perché è un fenomeno spontaneo e coincide semplicemente con lo “stare a sentire” qualcuno che parla.
Il senso nel quale viene usato qui, invece, è diverso: l’ascolto ha una doppia natura perché da un lato è vero che è un fenomeno spontaneo tanto che, a volte, avviene anche contro la nostra volontà (non possiamo fare a meno di sentire rumori molesti o discorsi noiosi). L’ascolto spontaneo presenta, infatti, due limiti fondamentali:
1. si limita all’aspetto verbale delle comunicazione (si ascoltano solo le parole dell’interlocutore);
2. è condizionato dall’istintiva tendenza di chi ascolta a pensare subito a cosa rispondere, invece di accogliere fino in fondo ciò che l’altro dice.
Capita così di esprimere il proprio pensiero prima di aver capito bene la situazione, di agire sulla base di ciò che si crede di aver capito invece che sulla base di ciò che è stato veramente detto, di concordare su delle idee mal comprese, di eseguire male un lavoro per non voler ammettere di non aver capito e così via. Il cattivo ascolto è fonte di molti problemi connessi alla comunicazione e alle relazioni interpersonali (l’interlocutore non capito si sente frustrato e poco considerato).
D’altra parte la capacità di ascolto, che tutti in qualche misura possediamo, può essere sviluppata ed esistono indicazioni, tecniche specifiche e riferimenti per passare da un atteggiamento spontaneo a quello che è definito ascolto attivo: chi ascolta non è più un ricevente passivo ma qualcuno che agisce in modo finalizzato per facilitare la comunicazione e si attiva per:
A) capire che cosa vuol comunicare l’interlocutore;
B) capire a quale scopo lo sta comunicando;
C) evitare di interpretare soggettivamente i messaggi dell’interlocutore;
D) cercare di individuare e rimuovere eventuali ostacoli al libero fluire della comunicazione;
E) far capire che ha capito.
PER UN ASCOLTO ATTIVO
L’ascolto attivo è una delle tecniche dell’assertività e si fonda sia sulla capacità di leggere i segnali che ci invia l’interlocutore, sia su quella di controllare i segnali che noi emettiamo e di finalizzarli a favorire un’espressione più aperta e una maggiore comprensione. Innanzitutto è necessario tener presente che, nell’ambito di un approccio pragmatico ai problemi della comunicazione, non si ascoltano solo i contenuti (espressi attraverso le parole), ma si può “ascoltare” anche la relazione (espressa attraverso la comunicazione non verbale).
A proposito della comunicazione non verbale, è fondamentale saper riconoscere i segnali che indicano il non ascolto; chi non ascolta di solito:
a. non guarda mai negli occhi chi parla,
b. sembra non poter stare fermo,
c. ha sempre troppo da fare,
d. viene costantemente interrotto (telefonate, visite),
e. fa troppe domande interrompendo chi parla,
f. non mostra interesse,
g. è troppo aggressivo, non è obiettivo,
h. fraintende a proprio vantaggio,
i. non è abbastanza umile,
j. sta troppo sulla difensiva
L’ascolto attivo si basa non solo sul controllo dei segnali di questo tipo (sia che li riceviamo, sia che ci accorgiamo di emetterli), ma anche su una serie di comportamenti specifici a livello di interazione con l’altro; in effetti la capacità di ascoltare è connessa con il fornire feedback sulla corretta ricezione dei messaggi, in modo da chiarire e favorire il proseguimento della discussione. La capacità di ricezione ha due dimensioni fondamentali: la prima, è comunicare l’intenzione di voler capire le idee e i sentimenti dell’emittente; la seconda, è comprendere e interpretare le idee e i sentimenti espressi dall’interlocutore. Il principale ostacolo per una efficace comunicazione è, infatti, la tendenza a giudicare (approvando o disapprovando) il messaggio ricevuto; questa tendenza al giudizio è particolarmente accentuata in situazioni nelle quali sentimenti ed emozioni sono particolarmente coinvolti, soprattutto quando gli interlocutori esprimono punti di vista o valori diversi.
L’ascolto attivo, dunque, si fonda sui seguenti tre punti, a ciascuno dei quali corrispondono specifiche azioni da compiere:
MANIFESTAZIONI DELL’INTERESSE
L’interlocutore deve avere l’impressione che ciò che sta dicendo ci interessa. Si può comunicare questo interesse attraverso il linguaggio non verbale (così facendo si modella la relazione): contatto visivo (guardare chi parla), linguaggio del corpo (non dare segni di impazienza o di disagio), non interrompere, non distrarsi.
RICHIESTE MIRATE
Si può interloquire non per interrompere chi parla, ma per facilitargli la comunicazione: invito a iniziare la conversazione, incoraggiamenti a continuare il discorso, richiesta di informazioni (meglio se brevi) volte a inquadrare meglio l’oggetto di cui si parla, stimoli ad approfondire certi passaggi per capire meglio ciò che viene detto.
ESPRESSIONI D’INTESA
Ricerca di conferme, per sé e per l’interlocutore sulla qualità della comprensione: parafrasare il contenuto esposto (“Allora, se non ho capito male, lei ha detto che...”), riflettere i sentimenti e le intenzioni dell’interlocutore (“Mi rendo conto che per lei questo è molto impegnativo…” o “Da quello che mi dice mi pare di capire che lei abbia intenzione di …”) riassumere (“Se mi consente provo a riassumere quanto abbiamo detto finora…”).
Un ascolto attivo implica una continua verifica, volta sia ad accertarsi di aver ben compreso che a confermare all’interlocutore che lo stiamo ascoltando; è dunque opportuno, per esempio, che le espressioni di intesa non si concludano, come affermazioni, ma con una richiesta di convalida: “Se ho ben capito lei ha detto che… E’ così?”. Oppure: “Mi pare che questi eventi la coinvolgano molto… E’ vero?” Bisogna, inoltre, mostrare di credere alle affermazioni di conferma oppure, assertivamente, esplorare con nuove domande; l’importante è non dire “Sì”, dando l’impressione di non fidarsi perché questo può uccidere la comunicazione.
Un ascolto attivo, per essere veramente efficace deve possedere tre qualità fondamentali, e cioè deve essere:
a – empatico: l’empatia mira ad instaurare il rapporto e la fiducia attraverso l’attenzione ai contenuti e la comprensione degli stati d’animo (un vero ascolto non si limita ai livelli razionali, ma considera la relazione e gli stati emotivi);
b – reattivo: chi ascolta non deve essere passivo, ma inviare continuamente feedback volti a rinforzare l’interlocutore e a ottenere più informazioni;
c – selettivo: chi ascolta deve cercare di ottimizzare il processo della comunicazione individuando gli argomenti effettivamente rilevanti stimolando l’interlocutore a concentrarsi su questi.
BIBLIOGRAFIA
A.Amadori Come conquistare un posto di lavoro Il Sole 24 Ore Libri
ELEA Risorse Umane – Gruppo PRAC Una giornata di lavoro Olivares, 1993P.
Ricci Bitti, S. Cortesi Comportamento non verbale e comunicazione Il Mulino
La comunicazione efficace - Dott. Valerio Rubino
La comunicazione è l’utilizzazione di un codice, per la trasmissione di un messaggio, tale da permettere che un emittente e un ricevente entrino in contatto. Gli elementi della comunicazione sono il CANALE (che può essere orale, scritto, gestuale, sonoro), il MEZZO (che può essere la carta ...continua
Le induzioni emotive - Dott.ssa Maria Galantucci
Esistono tre tipi di comunicazione: verbale non verbale o gestuale emotiva Analizzeremo la comunicazione emotiva e vedremo in cosa consiste e come può essere utilizzata dall’operatore (psicologo, educatore, pedagogista) come strumento di lavoro e in particolare ci occuperemo ...continua
commenta questa pubblicazione
Sii il primo a commentare questo articolo...
Clicca qui per inserire un commento