Nel film “a thousand words” il Sign. Jack McCall, il protagonista, abituato a raggiungere tutti i suoi obiettivi di lavoro grazie alla sua vivace parlantina, incontra un giorno un guru spirituale che tenta di convincere. Dopo quest’incontro che sembra aver dato i suoi frutti, scopre in giardino un albero le cui foglie cascano ogni volta che pronuncia una parola. Scopre quindi di avere a disposizione un migliaio di parole prima che la sua vita finisca.
Ok tranquilli.. Non vi spoilero il finale (credo che oggi si dica così) ma il significato è intuibile: non sprecare le parole, sceglile con cura.
Nel lavoro dello psicologo ogni giorno ci troviamo a scegliere le parole da usare, il tono, il momento… anni di studio per imparare a parlare, e io che pensavo che dopo le elementari fosse tutto in discesa! Macchè.
È che i grandi maestri del passato e quelli che ancora oggi ci si arrovellano il cervello, non si sono fermati a soggetto, verbo e complemento oggetto… no, hanno voluto fare molti passi in avanti. Possiamo solo dirgli grazie, perché l’eredità che ci hanno lasciato su quanto sia potente il linguaggio come strumento di cambiamento, oggi è chiara più che mai.
Il linguaggio infatti struttura la propria realtà, il proprio modo di vedere le cose, dà forma ai pensieri che rivolgiamo verso noi stessi. Per rimanere coi piedi per terra:
Se abbiamo un tono basso dell’umore la traduciamo con la parola “depresso” ad esempio, che diventa presto etichetta e nella peggiore delle ipotesi una diagnosi statica, irreversibile. No, è necessario andare a vedere cosa è successo, perché a un certo momento si comincia a stare male. La terapia diventa possibilità di riscrivere la propria storia con parole diverse.. magari stavolta ben scelte !
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