Scrivo volentieri questo breve articolo che spero serva alle persone che vogliono affacciarsi al mondo delle tecniche di rilassamento e alle pratiche bioenergetiche, affinché pongano bene attenzione a ciò che chiedono e il tipo di risposta che potrebbero ottenere.
La domanda è fondamentale per chiunque voglia richiedere un servizio, soprattutto quando ha a che fare con la ricerca del benessere; l'attenzione deve essere posta in primo luogo verso se stessi e le proprie reali esigenze, infatti, parlando con le persone, mi sono reso conto, nel tempo, che in molti si avvicinano al mondo dello yoga o a pratiche psicocorporee dinamiche come il tai chi chuan, per risolvere problemi di ansia, fobie e altri problemi di natura psicologica.
Benché queste discipline siano ormai da tempo praticate proprio per aiutare ad incrementare il livello del benessere del praticante, occorre fare attenzione a non confondere tutto questo con il piano dell'intervento psicologico, funzionale per risolvere difficoltà di natura psichica e quindi relazionale, emotiva, ecc.
Insomma, è rischioso pensare di poter risolvere in maniera alternativa una problematica psicologica affidandosi, tra l'altro, ad una figura diversa dallo psicologo, ovviamente non formata per intervenire in questo delicato settore.
Per spiegare meglio questo passaggio, farò accenno alle mie precedenti esperienze formative.
Prima di affacciarmi al mondo della psicologia svolgevo la mia professione di pedagogista; alla fine degli anni '90 mi occupavo tra l'altro di educazione degli adulti e, appassionato di Qigong e Tai Chi Chuan (pratiche bioenergetiche orientali che si basano su tecniche di respirazione, visualizzazioni guidate e gesti intenzionali), mi diplomai come insegnante di queste discipline presso il CSEN (Centro Sportivo educativo Nazionale del Coni) e, successivamente, discussi una tesi di laurea a conclusione del corso quadriennale in Scienze della Formazione Primaria, sul ruolo educativo delle discipline bioenergetiche e delle arti marziali orientali.
Ai tempi in cui praticavo io, l'insegnante svolgeva realmente il proprio ruolo, ovvero, insegnava.
Potrà sembrare un'ovvietà quello che affermo, ma è importante soffermarsi su questo punto. Un insegnante di discipline psicocorporee dovrebbe insegnare le basi del metodo, le tecniche, gli esercizi fondamentali del proprio sistema, affinchè il praticante possa sperimentare, in sé, tutti i benefici relativi al proprio agire, anche tramite il respiro.
Negli anni però, gli insegnanti di queste discipline si sono confrontati anche con altre realtà, soprattutto con quelle relative al mondo del counseling olistico e con le tecniche mutuate dalla psicologia della gestalt.
Niente di male che i saperi possano incrociarsi, anche perché, senza confronto, senza arricchimento culturale ed esperienziale non ci sarebbe né crescita, né sviluppo personale e professionale.
Bisogna fare attenzione però a non confondere ciò che è bagaglio culturale personale con gli atti professionali veri e propri.
Accade oggi, sempre più frequentemente, che molti insegnanti delle suddette discipline e non solo, pur non essendo psicologi, non si limitino all'insegnamento delle tecniche, ma inizino a scandagliare i vissuti dei praticanti, facendo verbalizzare, in gruppo, ciò che provano, le difficoltà che incontrano, i vissuti, ecc.
In pratica vengono utilizzate, durante le attività di insegnamento, metodi che rientrano nelle competenze dello psicologo/psicoterapeuta, con il chiaro intento di incidere nella vita psichica del soggetto al fine di aiutarlo a superare una difficoltà soggettiva.
Tanto per essere più chiari occorre citare la Sentenza 39339/2017 della Corte di Cassazione:
L'abuso della professione di psicologo non riguarda l'uso di un metodo preciso; sono sufficienti il fine di una diagnosi e il voler intervenire per risolvere un disturbo psichico.
Viene negato il fatto che sia necessario, per evitare l'accusa di abuso di professione, l'uso di tecniche o metodi particolari, diversi da quella del professionista regolamentato. E' sufficiente infatti che il comportamento in questione da condannare abbia a che fare con un tentativo di diagnosi (conoscenza del problema) e come obiettivo l'intervento per risolverlo.
Quest'ultimo passaggio è fondamentale. L'insegnante o operatore olistico non può intervenire nella vita psichica del soggetto ritenendo di utilizzare tecniche diverse da quello dello psicologo. Il metodo utilizzato, qualunque esso sia, non ha importanza. Conta unicamente il fatto che non è possibile per una figura diversa dalla psicologo/psicoterapeuta andare ad indagare nei vissuti della persona con il fine di aiutarla a risolvere problemi di natura, appunto, psicologica.
Insegnanti e psicologi sono, da sempre, due figure importanti dai confini ben netti e definiti. Al primo spetta il compito di insegnare, intervenire con didattiche opportune, programmare e realizzare attività formative affinché il soggetto possa apprendere nel migliore dei modi. L'insegnante, in sintesi, è un facilitatore degli apprendimenti.
Allo psicologo spetta, tra l'altro, il compito di aiutare il soggetto a far chiarezza in se stesso, nei propri vissuti, aiutandolo ad elaborare le proprie esperienze in modo da favorire un migliore adattamento alla realtà. Spetta allo psicologo far emergere potenzialità e risorse della persona, nel rispetto della sua unicità, affinché questa riesca a superare autonomamente le difficoltà che incontra.
Per sfera psichica del si intende ovviamente tutto ciò che ha a che fare con i vissuti del soggetto, quindi, ogni difficoltà che rientri nella sfera personale di carattere relazionale, emotivo, intrapsichico (conflitti), comportamentale, comprese quelle relative alle funzioni cognitive (attenzione, memoria, ecc.), sono da ritenersi di competenza esclusiva dello psicologo/psicoterapeuta.
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