Obesità: una difficoltà emotiva troppo spesso sottovalutata

L’obesità è una patologia alimentare che spesso viene percepita nell’immaginario collettivo come una disfunzione della persona nel rapporto con il cibo, ovviamente verso il polo dell’eccesso.

A differenza degli altri disturbi alimentari (come ad esempio l’anoressia e la bulimia), in cui spesso è riconosciuto un malessere profondo, all’obesità si accostano vissuti come l’ingordigia, l’essere golosi, la difficoltà di controllo, dipendenza, la buona forchetta, senza attribuire ad essa un disagio soggettivo più profondo, che a volte anche più difficilmente identificabile.

Nell’anoressia nervosa, ad esempio, riscontriamo un rifiuto, la scelta di non incorporare ed una chiusura (apparente) della relazione con il cibo, quindi un mantenimento molto rigido del controllo; il livello della bocca è chiuso e il vomito assume il significato di un grande "No". Esso è un "rigetto", ha la funzione di "svuotare" e di "restituire un apparente controllo".

Nella bulimia nervosa il "No" viene meno e abbiamo un’alternanza tra “controllo” e “non controllo”. La porta murata (che troviamo nell’anoressia), nella bulimia si apre; in un certo senso le barriere sono minori. Questa perdita di controllo avviene ad esempio quando si verificano le abbuffate e diventa essenziale esplorare il vissuto prima, durante e dopo, in modo da indagare i temi e le emozioni che sono ad esse legate.

Nell’obesità invece non si utilizza il "No". C'è un vissuto volto a ricercare un equilibrio che è completamente sbilanciato verso un "pieno". Ciò si esprime in un dipendenza da qualcosa che rassicura, tranquillizza e questo "qualcosa" è il cibo. Il cibo veicola un godimento che ripaga, consola, premia, rispetto ad una realtà che spesso è troppo richiedente, troppo bisognosa, troppo "ingurgitante".

Spesso il corpo notevolmente sovrappeso (corpo che nei disturbi dell’alimentazione assume tema centrale) esprime il rifiuto della possibile accettazione degli altri, cioè attraverso il mio corpo esprimo il timore del venire accettati.

Il corpo obeso nasconde la femminilità (nelle donne) la virilità (negli uomini) che portano inevitabilmente alla competizione, alla seduttività, alla sessualità, alle emozioni delle relazioni di coppia ed anche al rischio della perdita. 

Dunque, è essenziale indagare (anche attraverso un percorso psicoterapico) il rapporto e il timore che queste persone hanno del giudizio e la difficoltà a parlare della loro relazione con il cibo, del senso di fallimento legato alle diete.  

Attraverso la focalizzazione sul corpo si può indagare l’aggressività, la difficoltà del controllo, paura del giudizio, sessualità e fallimento. Il corpo notevolmente sovrappeso forma una specie di cintura protettiva non solo verso l’esterno, ma anche verso il mondo interno, soprattutto verso le proprie emozioni. 

Il “peso del corpo” impedisce anche il “peso della responsabilità”, quindi il potermi permettere di prendermi le mie responsabilità e di portare avanti i miei obiettivi attivamente, oltre ad impedire l’assertività (quindi l’autoaffermazione) fino a trovare il proprio posto nel mondo.

Il discorso è sicuramente molto vasto, ma ciò su cui bisogna mettere l’accento è che l’obesità non è una semplice difficoltà o un debole per il buon cibo. 

Essa nasconde tutta una serie di significati emotivi che vengono coperti mediante il sovrappeso! Indagarne i vissuti, scomporli, rielaborarli, concede senza dubbio la possibilità di mutare e trasformare ciò che è disfunzionale, sino al raggiungimento di un meritato benessere psicofisico. 

“Stare bene con se stessi è stare bene anche con gli altri”.

Dott. Luca Giordani

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