Buona sera, Mi chiedevo come poter evitare che le persone a te care possano andare ad influenzare talmente tanto i tuoi stati d'animo ed il tuo benessere psicofisico. Mi spiego meglio: ho 22 anni e vivo con mia mamma, i miei nonni e mio fratello, non mi manca assolutamente niente ma purtroppo l'eccessivo contatto con loro mi fa attuare delle pratiche autolesive, quali abbuffate frequenti seguite da vomito. Tutto ciò è andato a peggiorare da 6 mesi a questa parte tanto che, nel momento in cui metto piede in casa, tutto mi sembra troppo stretto e percepisco perfino camera mia come un ambiente ostile al mio modo di essere. Mia madre è sempre stata eccessivamente oppressiva nei confronti di noi figli, ma, in seguito alla morte di mio padre, avvenuta due anni fa, lei non fa altro che ossessionarci l'esistenza. Tra mille chiamate al giorno e il voler sapere tutto quello che faccio in una giornata mi sembra di diventare matta e di incominciare ad odiare tutto ciò che mi sta intorno, persone incluse. Ho cercato di parlarle ma come dice un famoso detto: “non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire“ e di conseguenza, al fine di evitare discussioni e musi inutili, ho deciso di accantonare il discorso per una permanenza in casa più serena. Lei rappresentata tutto ciò che io non vorrei mai diventare, una donna insicura di se che si proclama costantemente vittima del mondo e che non ha altro che noi figli nella sua vita. Questa situazione è per me talmente invivibile che non appena ho avuto la possibilità di andarmene di casa per un weekend ho smesso di risponderle per 3 giorni consecutivi e finalmente, posso dire, di essermi sentita libera e meno appesantita. Spesso e volentieri penso che scappare sia la cosa migliore per me; mi sento spesso sola in dato ambiente casalingo e non c'è altra possibilità se non finire i miei studi e tagliare l'unico legame che mi tiene stretta a tutto questo (quello economico). Cosa devo fare per essere finalmente felice con me stessa e smetterla di praticare queste pratiche che non fanno altro che distruggere la mia vita? Devo far sorgere un muro invalicabile tra me e mia madre che mi renda possibile di vivere appieno la mia esistenza? Grazie in anticipo per le eventuali risposte.
Buona sera Giulia,
il cibo è simbolicamente riferito alla relazione. Chi soffre di abbuffate spesso racconta storie di iper-nutrimento materno legate ad una relazione quasi simbiotica in cui la mamma invade i confini dei figli per sopperire ad un suo bisogno bambino inascoltato. Spesso qui accade che i figli debbano prendersi cura dei bisogni dei genitori creando un'inversione di ruolo che porta alla genitorizzazione (iper responsabilizzazione) dei figli.
Da quello che racconta in queste poche righe sua mamma probabilmente vive una particolare insicurezza legata al rapporto con gli affetti (non conosco la storia con i suoi nonni ma sarebbe da approfondire per capire il perchè). Lei ora è arrivata in un'età in cui fisiologicamente si sente il bisogno di uscire di casa e inoltre, questa oppressione materna la spinge a volerlo fare più in fretta possibile. Il fatto che però non abbia ancora la piena indipendenza economica aumenta il senso di frustrazione.
Quando si mette cibo all'interno del corpo aumenta lo spazio (corporeo) che mette una certa distanza l'altro vissuto come "pericoloso". E' possibile che in una situazione come la sua la sensazione di invasione sia talmente elevata che il cibo diventa l'unica cosa di rassicurante.
A questo livello penso che il muro lo stia già mettendo ma in una maniera disfunzionale per lei, con il cibo. Al posto del muro è più funzionale imparare a mettere dei confini all'altro e in noi legati a quelli che sono i nostri bisogni. Per cominciare a capire quelli che sono i suoi vissuti ora è importante pensare alla possibilità concreta di andare da uno psicologo che possa ascoltarla in questa rabbia che butta in se stessa, come se non ci fosse altra via d'uscita. Comprimere la rabbia con il cibo rischia di portarla ad uno stato depressivo in cui comincia ad arrabbiarsi anche con se stessa. Il primo passo per essere felice con se stessi è essere felici DI se stessi. Un buon percorso terapeutico potrebbe davvero aiutarla ad affrontare con delle risorse in più tutto questo.
Resto a disposizione
Gentile Giulia, è evidente che sussiste un disturbo relazionale (del quale la bulimia è un ‘precipitato’ ed un sintomo piuttosto che la psicopatologia primaria), che però, per un’analisi diagnostica fondata, avrebbe bisogno di ben più articolate e approfondite informazioni. Una rieducazione psicopedagogica dell’approccio genitoriale potrebbe, a quanto pare, essere una soluzione appropriata per ristrutturare, reindirizzare e migliorare le capacità relazionali del rapporto. L’approccio A Distanza (online, ovvero via chat), previo consulto telefonico gratuito, potrebbe essere adeguato al caso in questione. Cordiali saluti.
Cara Giulia, il controllo è una brutta bestia perchè si espande a dismisura e soffoca chi ci sta intorno e stressa chi lo pratica. Sua madre, già ansiosa probabilmente, dopo la perdita di suo marito, cosa che temeva probabilmente anche prima e che dsi è avverata ora teme di perdere i suoi figli. Capita questa dinamica, umana e diffusa. Per il quieto vivere a volte cediamo e avalliamo le dinamiche delle persone che amiamo ma senza rendercene conto stiamo alimentando un comportamento problematico. La pressione a cui è sottoposta genera frustrazione che cerca di compensare nel modo più facile(cibo) ma poi qualcosa dentro di lei si ribella e le dice che non è quello il modo giusto di affrontare la cosa. Il senso di soffocamento non cambia mangiando, anzi aumenta perchè è come premere la risposta sbagliata ad un quiz e quindi arriva il vomito. La risposta giusta è dire no quando non vuole fare una cosa, avvertire sua madre che risponderà solo 10 volte al giorno e poi contare le volte e fermarsi a 10. Iniziare a prendere delle posizioni e mantenerle. Non è necessario litigare, urlare, scappare. Basta prendere delle decisioni, comunicarle e restare fermi di fronte a scenate e tormenti. Può anche scappare, ma non le servirebbe ad imparare come si gestiscono queste situazioni. Le consiglio di farsi guidare da un terapeuta strategico della sua zona.
Cari Saluti
Gentile Giulia,
casi come il suo possono essere trattati con molto successo con una terapia familiare, vale a dire se riesce a portare dallo psicologo psicoterapeuta almeno anche sua madre.Potrebbe farlo se fa presente i suoi sintomi.
In alternativa le consiglio di iniziare un percorso con uno psicologo dell'orientamento strategico breve che conosco e di cui posso dire che possiede tecniche che dovrebbero consentire risultati anche in assenza di sua madre.
Andarsene potrebbe essere una soluzione, ma resterebbe sempre il problema di una relazione difficile; la psicoterapia invece andrebbe a migliorare proprio la relazione e perciò il problema alla sua radice.
Una consulenza, anche on line, potrebbe darle qualche informazione in più e una valutazione clinica.
Cordiali saluti
Roma
La Dott.ssa Valentina Sciubba offre supporto psicologico anche online
Cara Giulia, arriva un momento della propria esistenza dove è indispensabile prendere le "giuste distanze" dalle persone a noi care. Ciò è indispensabile, ripeto, per definire in modo più coerente con il personale sentire, la propria individualità, le cui radici prendono vita certo dai familiari, ma che si definisce al tempo stesso come unica e irripetibile, per questo va conosciuta, sostenuta e vale la pena di prendersene cura. Sicuramente alla tua età la "distanza giusta" si trova gradualmente, per tentativi ed errori, allungando e accorciando il tiro..
Il disturbo alimentare di cui parli, è sicuramente un segnale di un grande disagio che stai vivendo.. Non scrivi da quanto tempo hai questo rapporto con il cibo, nè se i tuoi cari ne sono al corrente, ma in ogni caso è importante affrontarlo presto. Purtroppo quando si sta "male dentro" e si innescano meccanismi comportamentali che, come ben dici, non sono altro che "distruttivi" e quindi poco costruttivi, bisogna provare a farsi aiutare, scappare non serve a molto, anche se al momento può sembrare l'unica soluzione possibile.
Prova a parlare di questo tuo malessere con una persona esterna e competente, parlane anche con i tuoi amici, quelli più cari, che ti possano sostenere emotivamente e comprendere senza giudizio, ma parlane anche con il tuo medico di fiducia che saprà di certo consigliarti un bravo psicologo nella tua zona, che può di certo aiutarti. Tanti cari auguri.