Buongiorno, ho 39 anni e dalla primavera del 2015 sono stata diagnosticata bipolare del tipo 1, a seguito di un lutto importante in famiglia, sanato con antidepressivi da una psichiatra che non mi aveva in cura prima, e la fase maniacale successiva è stata per me ingestibile, ma grazie a Dio senza un TSO, che mi ha portato a testarmi per chiedere aiuto. Da allora sono sotto la supervisione costante di una psicoterapeuta psicologa ad indirizzo cognitivo comportamentale e uno psichiatra esperto in bipolari che gestisce anche il centro di psicoeducazione nella mia città.
Ho accettato il litio nonostante la riluttanza iniziale per via degli antipatici effetti collaterali e lo sto assumendo con continuità. Ora che da un anno a questa parte il mio umore ballerino è tenuto a bada ho notato riemergere delle difficoltà che vivevo da piccola ed ogni tanto sono riapparse dopo l'adolescenza, in un paio di occasioni in intervalli tra i miei cicli di alti e bassi.
Da bambina ero considerata "difficile": irrequieta e non riuscivo a stare seduta, saltavo per ore sul posto, umorale e spesso malinconica, avevo enorme difficoltà a focalizzarmi sulle cose, studiavo pressata da mia madre, agivo e parlavo impulsivamente e a sproposito ed ero aggressiva fisicamente coi compagni di scuola, senza rendermi conto mentre lo facevo. Come quando in seconda elementare ho addentato la guancia di una compagna di scuola perché mi pressava per cederle il turno a calciobalilla. Ora da adulta ho difficoltà a stare in mezzo agli altri, temo pensieri impulsivi che si tramutino in gesti violenti, come schiaffeggiare o perdere a pedate senza chiedere il permesso, studio con enorme difficoltà e se non scrivo le cose perdo completamente il controllo di impegni terapeutici e nonché dell'assunzione del mio farmaco. Un disastro insomma.
Sto studiando per una seconda laurea (la prima fu brillante e gestita tutta in fase maniacale, tanto da non sentirmi io, ma quasi in missione per conto di Dio) ora, ma lo concepisco solo online da casa per un mestiere che si possa svolgere in piena autonomia senza vincoli di spazi e movimenti: morirei se tornassi in un ufficio costretta alla scrivania, magari al contatto con il pubblico!
I miei terapeuti sdrammatizzano, e riconoscendo tracce di questi comportamenti nella sindrome di cui entrambi sono esperti, mi riportano alla mia situazione di base come se volessi scivolare o peggio procrastinare con la parte di elaborazione mentale della mia cura. Vorrei venire a capo di questo dubbio al fine di poter adeguare la mia attuale cura a questa esigenza, perché sento di non avere ancora trovato "la normalità" in assenza di sintomi per vivere al meglio quel che resta della mia vita. Sarebbe fuori luogo testarmi per l'ADHD? Vi risultano casi di persone che convivono con questa coppia di sindromi? È fattibile in caso l'abbinamento di Carbolithium con il Ritalin? Sono sempre molto attenta ad evitare conflitti con il litio ogni volta che mi si prospetta un farmaco nuovo per scongiurare brutte sorprese. Non nascondo che questa indagine ulteriore un po' mi spaventa, ma sono determinata ad andare fino in fondo per ripartire finalmente con il piede giusto.
Un grazie di cuore a chi mi risponderà.