Salve, mi chiamo Deborah e ho 29 anni. Da ormai 6 anni a questa parte mi sono autoindotta in isolamento. Ho problemi nell'instaurare rapporti interpersonali, che essi siano di natura amorosa o amichevole. Vivo in solitudine, vorrei avere una vita più sociale e cerco anche di costruire un rapporto di coppia, ma finisco sempre col troncare di netto qualsiasi tipo di contatto, allontanando di fatto le persone. Ciò che mi turba in tutto ciò è la velocità e la facilità con la quale io la faccia e il non provare alcun tipo di emozione/sentimento dovuta al distacco o alla perdita di quella persona. È un circolo vizioso. Cerco di instaurare un rapporto, vedo che tale si evolve in qualcosa di più, in un impegno se dir si voglia e io taglio i ponti. Vorrei capire se dietro ciò si nasconda un qualche disturbo, del quale sia meglio io sottoponga a uno specialista. Ringrazio anticipatamente per il tempo fornitomi.
Buongiorno Deborah,
ha fatto molto bene a chiedere dei pareri, anche perché c'è una parte di lei che vorrebbe avere una socialità maggiore, quindi in qualche modo questa situazione le porta sofferenza.
Consideri che più ci si isolano e più perdiamo l'abitudine di alcune abilità, appunto chiamate sociali, che ci fanno sentire capaci e sicuri quando siamo a contatto con gli altri, quindi si può essere realmente creato un circolo vizioso dal quale è difficile uscire da soli.
Credo che sia necessario un percorso con uno specialista per inquadrare meglio le cause, se ci sia stato qualcosa che ha scatenato questa situazione o se ci possa essere una psicopatologia di base.
Le auguro di trovare la strada migliore per se stessa!
Buongiorno Deborah. Più che di "disturbo", parlerei eventualmente della possibilità che vi siano modi di essere nel mondo e che con l'Altro che ricorrono, e che comportano una limitazione di possibilità di esistenza e di relazione. La vicinanza e la lontananza con l'Altro sono modalità che ci permettono di sentirci, ma che in certe occasioni, comportano anche sofferenze e malesseri che non sempre mettiamo a tema, ma che causano comportamenti di allontanamento come quelli che descrive. Come questo avvenga nel Suo caso, e con quali significati, è possibile dirlo solo declinando nella Sua specifica esistenza le esperienze relazionali cui accenna. Lei d'altronde coglie questa modalità, e la riconosce come propria e costante: ha valutato di iniziare una psicoterapia? il senso che essa cela e i modi con i quali può essere messa a tema per aprire possibilità alternative di esistenza possono essere l'obiettivo di un percorso. Dato che sono ormai anni che questa situazione permane, forse potrebbe considerare una consulenza. Può richiederla anche online, se lo reputa opportuno, così da non dover pazientare la fine dell'emergenza sanitaria. In bocca al lupo, cordialità. DP
Brescia
Il Dott. Daniel Michael Portolani offre supporto psicologico anche online
Buonasera Deborah,
Mi sembra di capire dal suo scritto che il non provare niente al distacco da una persona, che avviene quando il rapporto si fa più serio e intenso, si accompagna di contro, al desiderio di instaurare relazioni di coppia e amicali. Questo autoisolamento che si impone potrebbe quindi essere legato ad un bisogno di proteggere gli altri e di tenerli lontani da lei per evitare che avvenga nuovamente una rottura che innesca il circolo vizioso di cui lei parla.
Penso che intraprendere un percorso psicologico possa essere utile per lei, per comprendere le cause che la portano ad interrompere una relazione cercando di andare ad interrompere il circolo vizioso che altrimenti continuerebbe ad autoalimentarsi.
Resto a disposizione nel caso volesse contattarmi.
Un caro saluto
Dott.ssa Ilaria Passoni
Buonasera Deborah
Lei descrive una difficoltà nell'instaurare relazioni durature, e che implichino un coinvolgimento. Non posso dirle per quale motivo le accade ciò, ma posso provare a supporre che, l'entrare intimamente in relazione con l'altro, le provochi una sorta di "angoscia difensiva". Lei dice di non provare "alcun tipo di sentimento", dovuto alla separazione. Penso che, con questo atteggiamento, stia mettendo in atto una forma di difesa tale che, non le consente di sentire dolore, proprio perché viene, inconsciamente, percepito come pericoloso. Le consiglierei di poter affrontare ciò che lei descrive, attraverso un percorso psicologico, il quale potrebbe aiutarla a comprendere l'origine delle sue "difese".
Auguro buona fortuna