Un mio famigliare è stato seguito per più di un anno da uno psicoterapeuta per un problema simile a un DOC. Dopo un paio di anni di relativo sollievo dai sintomi, è di nuovo in crisi.
Ad evitare un secondo approccio inefficace sto provando a informarmi. Su internet trovo numerosi siti che trattano l'argomento rifacendosi a teorie differenti con promesse di guarigioni in periodi più o meno brevi.
Ammetto che sono disorientato e, non essendo in grado di valutare le teorie presentate, non riesco ad aiutarlo proponendogli una terapia.
Qualcuno potrebbe darmi un consiglio?
Grazie.
Caro Diego, è normale il tuo disorientamento, esistono diversi approcci di psicoterapia che agiscono su aspetti diversi dell’essere umano. Tutti hanno come obiettivo quello di migliorare lo stato di benessere e di aiutare le persone a realizzare il proprio potenziale. Ciascuno lo fa però da un punto di vista diverso. Rispetto al caso del tuo famigliare bisogna capire innanzitutto che tipo di problema sia, “simile ad un DOC” cosa vuol dire? E’ un DOC o non lo è? Il collega che lo ha seguito in precedenza che tipo di diagnosi ha fatto? Altra cosa importante da sapere è l’orientamento del precedente terapeuta. Come suddetto i diversi approcci agiscono su aspetti differenti dell’essere umano, quindi per ogni tipo di disturbo esistono orientamenti più o meno indicati. Bisogna capire se la ricaduta sia dovuta al tipo di approccio utilizzato, magari poco efficace per quel problema, oppure al fatto che sia stata sottovalutata la fase di prevenzione delle ricadute. Il DOC, ipotizzando che questo sia il problema, è un disturbo ad alto tasso di ricadute. Infine, per rispondere alla tua domanda, la terapia per il trattamento del DOC attualmente raccomandata e più validata dai dati empirici (Olatunji et al., 2013) è la Terapia Cognitivo-Comportamentale (CBT), in particolare la tecnica di esposizione e prevenzione della risposta (Heyman, Mataix-Cols, & Fineberg 2006).
Resto a disposizione nel caso tu sia interessato ad approfondire l’argomento.
Gentile Diego,
innanzitutto il disturbo ossessivo compulsivo è una diagnosi e una persona non può essere "ridotta" a una diagnosi. Quest'ultima può aiutare a delimitare un problema, a capirne la fenomenologia e orientare il lavoro terapeutico in grado di alleggerirne il peso e probabilmente con il percorso che ha fatto il suo famigliare è riuscito a ottenere questo risultato, tuttavia, il DOC è certamente un problema ma allo stesso tempo è un a soluzione, un compromesso che Diego ha trovato per scendere a patti con la vita. Quindi non si può pensare di debellarlo come si fa con una emicrania o un mal di stomaco. Sicuramente il è necessario alleggerire il peso e le limitazioni che il DOC comporta nella sua vita ma allo stesso tempo è necessario contestualizzarlo e dargli ascolto. Ascoltarlo. Un ascolto orientato alla singolarità di Diego. Sarà lui stesso a trovare il suo modo singolare per "saperci fare", da solo ma non in solitudine, con l'aiuto di un terapeuta.
Saluti.
Milano
Il Dott. Giuseppe Salzillo offre supporto psicologico anche online
Buonasera
Allora, non è detto che il percorso precedente sia stato del tutto infruttuoso, forse ha avuto dei risultati, che ora, a causa di una nuova ricaduta, risultano vani. Bisognerebbe comprendere quale approccio terapeutico si è svolto con il suo familiare e comprendere quali benefici ne ha tratto. Temo che se non si è fatta chiarezza sulle radici del sintomo e si è "tolto solo il DOC", esso possa essersi "spostato o modificato", senza essere stato compreso realmente, senza aver colto il significato sottostante. Spesso i sintomi "si spostano", quando non sono simbolizzati. Non posso indicarle con certezza quale approccio possa essere migliore di un altro, posso però dirle che, nel momento in cui si riconoscono le radici del disturbo, può esserci una maggiore efficacia nella risoluzione del sintomo, per il benessere del suo familiare. Le terapie che "danno un significato" al malessere sono riconducibili a questioni piuttosto arcaiche e quindi richiedere più tempo. Credo sia importante non vanificare comunque il percorso fatto fino ad ora e cercare di trovare uno specialista capace di comprensione, empatia e sostegno.
Auguro buona fortuna
Gentile Diego,
capisco quello di cui parla, sia in termini di sofferenza nel vedere e nello stare vicino al suo familiare con questo tipo di disturbo, sia per la difficoltà che incontra a ricercare un aiuto nel mare magnum delle psicoterapie.
Nella mia esperienza il Disturbo Ossessivo Compulsivo risulta uno dei disturbi più invalidanti e più duri da "destrutturare" per ricostruire. Il sollievo provato sino ad ora con il trattamento precedente può essere ottenuto di nuovo con un secondo trattamento psicoterapeutico...
Il DOC va compreso in una cornice più ampia e visto come una struttura difensiva della psiche che il suo familiare ha costruito per adattarsi alla vita e far fronte alle situazioni da un punto di vista psicologico. Quindi, io personalmente, non credo molto che ci siano "guarigioni miracolose", credo piuttosto, ed è vero, che ci siano psicoterapie (forse come quella già affrontata?) che ne allentino la coazione e che sollevino di molto rispetto alla sofferenza che causa (mica poco!).
- Se mi posso esprimere, le direi di rivalutare direttamente il/la collega che con il/la quale il suo familiare ha svolto la prima psicoterapia.Infatti il/la professionista in questione conosce bene il problema del suo familiare e inoltre aveva reso di buoni risultati.
Se poi non voleste procedere in quella direzione, a mio avviso, ogni approccio scegliate potrà avere i suoi punti di forza e i suoi deboli ed è soprattutto importante che i sintomi vengano alleviati e trattati con delicatezza.
Spero di essere stata utile. Se ha necessità di chiarimenti mi può contattare tramite il modulo "scrivimi" della mia scheda.
Saluti cordiali.
Salve Diego, promesse di guarigioni immediate e semplici per problematiche attinenti alla sfera del disturbo ossessivo-compulsivo sono da prendere con molta attenzione. Si tratta spesso di un disturbo che può essere anche molto invalidante per la vita della persona e che può essere difficile da trattare. Da come scrive sembra che consideri la prima terapia che questo suo famigliare ha affrontato come un “fallimento”; in realtà aver avuto un sollievo dai sintomi, seppur momentaneo, non è sinonimo che la terapia sia stata inefficace. Probabilmente un evento, un cambiamento nella vita quotidiana o una qualsiasi situazione potrebbe aver riattivato ciò che con la precedente terapia era riuscito a tenere più sotto controllo. Il mio consiglio è di non cercare di districarsi tra le varie teorie che può trovare online, ognuna ha le sue modalità, pregi e difetti nell’affrontare questa problematica. La cosa migliore può essere fare un tentativo tornando dal vecchio psicoterapeuta, che avendolo già avuto come paziente conosce approfonditamente la sua storia personale e clinica, un elemento importante per indagare i motivi della nuova crisi e per poter ripartire a stare meglio. Insieme, esponendo dubbi, successi e difficoltà, si potrebbe stabilire il miglior modo di proseguire, che in alcuni casi può anche coincidere con un cambio di percorso terapeutico. I cambiamenti profondi necessitano di tempo, energie, lavoro; ci possono essere delle ricadute, che è necessario affrontare, ma che non sono necessariamente un “passo indietro”. I sintomi ci forniscono dei segnali, è fondamentale coglierne il messaggio e lavorare su se stessi per proseguire il proprio percorso di conoscenza di sé, dei propri limiti e delle proprie risorse. Un saluto.
Buongiorno Diego,
mi spiace che al suo famigliare siano comparsi i sintomi di un DOC. Avrei bisogno di capire meglio di cosa si tratta: che tipo di ossessioni? Che tipo di compulsioni?
Questo tipologia di disturbo è una modalità disfunzionale per tenere a bada l'ansia che altrimenti risulterebbe intollerabile e travolgente. Per questo il suo famigliare si focalizza sul controllo, ma dato che non è possibile tenere tutto sottocontrollo, compaiono i sintomi, perché non sono state interiorizzate profondamente nuove modalità funzionali per gestire il "demone dell'ansia".
Il mio approccio psicoterapeutico e di psicoterapia focale integrata (modello cognitivo +modello psicodinamico), essendo "focale" ci si concentra sul problema e quindi la durata più intensa della fase di psicoterapia in cui ci si vede 1 volta alla settimana e poi 1 volta ogni 2 settimane, dura qualche mese successivamente se la prognosi è positiva si può fare un incontro di "supervisione dell'autoterapia del paziente" 1 volta al mese. Naturalmente non posso darle tempistiche più precise perché non conosco l'anamnesi della persona e la sua situazione attuale.
Se lo desidera mi contatti.
Dott.ssa Ileana Fringuelli