Ci sono persone che di fronte a situazioni non pericolose hanno reazioni abnormi di paura e di panico, siamo di fronte a quella che viene chiamata “fobia”, ovvero paura, timore, avversione e quindi fuga. Si tratta di una paura patologica, sproporzionata al dato oggettivo, provata verso cose (coltelli, fuoco, sporcizia, ragni ecc.) situazioni (luoghi chiusi o alti, riunioni sociali ecc) o nei confronti delle proprie reazioni emotive (arrossire, essere colti da un eccesso di collera, emanare un cattivo odore ecc.). Di regola la persona comprende che il suo è un comportamento irrazionale, ma non riesce a vincersi con un sforzo di volontà; si sente spinta a evitare quella specifica cosa o situazione che la espone ad un’ansia insopportabile, che si manifesta anche di fronte all’immagine fotografica o al solo pensiero dell’oggetto fobico.
Fobia e paura
Ogni persona può provare paura di trovarsi di fronte a situazioni pericolose o sgradevoli ma ciò di norma, non porta ad alcuna limitazione di rilievo. Ma quando la paura è tale da intralciare la vita dell’individuo, le sue funzioni e la capacità di raggiungere e mantenere le relazioni positive con gli altri, allora possiamo senz’altro affermare che si tratta di una condizione patologica, che richiede l’intervento di uno specialista in Psicoterapia.
La fuga dal dolore è una risposta fondamentale e vitale e dato che la paura e l’ansia sono psicologicamente dolorose, si tenterà di evitarle, di fuggirle. Il principio di evitare l’oggetto della paura o le situazioni che la producono nonché il luogo della paura, è importante nel regolare la paura stessa e i meccanismi di difesa fobici. In questi casi si possono sviluppare idee magiche, supposizioni e riti.
Qualsiasi cosa virtualmente può diventare l’oggetto di una reazione fobica ad esempio: una signora di 36 anni soffre di agorafobia, ormai esce di casa il meno possibile e quando lo fa, studia in dettaglio il percorso in modo da trovarsi continuamente nei pressi di una clinica, di una casa di cura o di un ambulatorio medico.
Mentre l’ansia è caratterizzata da uno stato di paura generico e fluttuante, nella fobia essa è concentrata su un oggetto specifico e viene meno solo quando esso è lontano. Possiamo affermare che la fobia è la nevrosi d’infanzia per eccellenza, è infatti difficile trovare un adulto fobico che non lo sia stato anche da bambino; in ciò è di estrema importanza l’atteggiamento dei genitori, difatti è improbabile che un bambino non tema i ragni se la madre non avesse una vera fobia.
Un nome per ogni fobia
In passato ad ogni fobia è stato dato un nome specifico derivante dal greco o dal latino; oggi queste denominazioni sono cadute in disuso tuttavia, vale la pena di annoverare alcune di esse in quanto tra le più frequenti da riscontrare in ambito clinico.
Agorafobia: timore ossessivo che coglie nell’attraversare una piazza o un vasto luogo aperto.
Acrofobia: timore ossessivo, nell’affacciarsi da un luogo elevato, di cadere o di subire la tentazione di lanciarsi nel vuoto.
Ailurofobia: timore ossessivo o repulsione morbosa per i gatti.
Antropofobia: timore ossessivo delle persone.
Bacteriofobia: timore ossessivo dei batteri.
Cinofobia: timore ossessivo o repulsione morbosa verso i cani.
Misofobia: paura morbosa di contaminarsi toccando cose sporche, con conseguente sproporzionata attuazione di norme igieniche.
Nictofobia: timore ossessivo dell’oscurità.
Pirofobia: timore ossessivo del fuoco.
Zoofobia: paura morbosa degli animali in genere o di una determinata specie.
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