Sono una ragazza di 29 anni. Per alcuni anni ho sofferto di una leggera forma di claustrofobia non invalidante, cioè l’unico “fastidio” che ricordo di aver avuto era in ascensore, ma senza gravi conseguenze. Da circa 3 anni a questa parte la mia claustrofobia ha cominciato ad aumentare, cioè ho cominciato a sentirmi insofferente oltre che in ascensore, anche in altre situazioni con tanta gente in cui non mi sentivo libera di muovermi, tipo luoghi molto affollati ecc. Alcuni mesi fa, dopo un periodo di stress lavorativo e non, ho sofferto di attacchi di panico, cioè tachicardia e ansia improvvisi senza motivo. Ho smesso di prendere l’ascensore e di fare altre cose per la paura di poter avere un altro attacco di panico e questo non ha fatto altro che peggiorare le cose. Ora la situazione è migliorata notevolmente, cioè gli attacchi di panico non si sono più presentati e forzandomi ho ricominciato a fare le cose normali, prendere ascensori, aerei ecc. Ma comunque ho ancora paura, in ascensore non sono mai tranquilla, ho paura dei posti troppo affollati e delle situazioni in cui mi sento “costretta”. Al momento pratico lo yoga. Forse è importante dire che da sempre soffro di mal di testa. Ho paura che presto o tardi gli attacchi di panico possano ricominciare. C’è qualcosa che potrei provare a fare per migliorare la qualità della mia vita? Dovrei andare in terapia? Grazie per l'attenzione.
Ciao Maria, se provi a focalizzare i momenti di vita in cui si sono presentati in modo più acuto i disturbi d'ansia in generale, e gli attacchi di panico in particolare, molto probabilmente noterai che sono stati momenti "particolari", in cui sei stata sollecitata su tematiche di mancanza di libertà/costrizione o di mancanza di protezione/abbandono. Non conoscendoti, non posso dirti altro, ma in genere, nelle persone che vedo in terapia riscontro questo tipo di associazione e già il rendersi conto che gli attacchi di panico non sono casuali o scollegati e in realtà hanno poco a che fare con i luoghi chiusi, o con i luoghi aperti, ma piuttosto con tematiche relazionali che in quel momento ci stanno mettendo a dura prova, serve già ad alleviare di molto i sintomi. Il problema è che non è facile capire da soli che cos'è che ci sta "stringendo" in quel momento di vita o che cos'è che ci fa sentire come se "ci mancasse la terra sotto i piedi", soprattutto quando si entra in quello che noi cognitivisti chiamiamo "paura della paura", un po' ciò che sperimenti tu stessa: il timore che si verifichi un altro attacco di panico, il non fare più le cose allo stesso modo o peggio non farle per niente, pur di non provare ancora quell'esperienza paralizzante e terrifica. Il suggerimento che ti dò è pertanto quello di intraprendere una psicoterapia, anche perchè davvero i sintomi d'ansia sono tra le psicopatologie che regrediscono in un tempo relativamente breve, con una terapia mirata, capisco quanto sia difficile affidarsi, soprattutto per chi ha un tema d'ansia, ma è l'unico modo per poterne uscire davvero. I miei auguri.
Gentile utente, la sua domanda è costellata da una serie di sintomi fisici che lei ha tradotto in maniera molto acuta attraverso una osservazione specifica: "Tutte le situazioni che mi fanno stare male sono situazioni in cui mi sento costretta". Sembra che a livello simbolico il sentire la dipendenza dei legami le causano angoscia, ansia. È interessante notare come la parola ansia possa essere collegata etimologicamente alla radice tedesca Angst cioè “soffocare nelle strettoie” (Rollo May), perché ci fornisce un utile indizio nella formulazione di ipotesi relative alla comprensione della dinamica dell’ansia. Da un punto di vista psicologico le strettoie sono quelle del legame che si crea con se stessi e con l’altro, ovvero con le rappresentazioni interne di ciò che ognuno porta dentro rispetto ai rapporti affettivi. Diventa a questo punto più evidente che le rappresentazioni interne non corrispondono alla realtà ma al modo in cui viene interpretata la realtà; funzionano, per usare una metafora, come una bussola interna che aiuta a trovare il giusto orientamento. Ed allora quando questa bussola è mal orientata si rischia di soffocare nelle strettoie non riuscendo a riconoscere, accettare ed esprimere la proprie emozioni. Quando si soffoca la propria individualità, il corpo viene in aiuto costringendo la persona a guardarsi, per prendere coscienza dei vissuti emotivi. Per inciso, si può dire che tradurre in parole quello che avviene dentro se stessi non è un compito semplice come non è facile il confronto con i propri limiti, o le proprie paure; quello che spinge la persona ad affrontare un percorso del genere è la necessità di trasformare queste parti scisse e cristallizzate;ricorrendo ad un coraggio insospettabile per la persona stessa: è un coraggio che proviene dalla capacità di evoluzione dell’essere umano, dal tendere alla costruzione della propria esistenza. Lo psicologo che analizza la dimensione emotiva dell’individuo non fa altro che aiutare il cliente a cogliere il senso del linguaggio ricollegandolo alla sfera emotiva relazionale, per sviluppare nuove “categorie” più flessibili ed utili. In questo senso il percorso terapeutico diviene un tramite per poter dispiegare aspetti della propria identità che erano nascosti ed azzardare nuove strade verso la comprensione della propria realtà psichica. Cordiali saluti
Cara Maria, in genere gli attacchi di panico hanno due effetti: da un lato limitano la vita di chi ne soffre, come anche lei ha potuto verificare nella sua esperienza, dall’altro proteggono la persona interessata dall’esporsi a situazioni sociali imbarazzanti, stressanti, o che non si sa come gestire o in cui, come lei dice, ci si sente “costretti” (a corrispondere a delle aspettative, per esempio). E’ possibile che gli attacchi di panico si ripresentino in coincidenza di un evento stressante, anche se non è detto che succeda. A questo punto, intraprendere una psicoterapia può essere importante non solo per affrontare gli attacchi di panico, ma anche per avviare una riflessione su se stessa e su cosa le va stretto di quello che fa o delle situazioni in cui si trova.
Cara Maria, innanzitutto complimenti per tutto quello che hai cercato di fare, con successo, per tirarti fuori dalla tua situazione. in merito alla tua richiesta, io ti consiglierei di parlare con qualcuno, con un serio professionista. credo che sia opportuno che tu possa approfondire la questione, gli attacchi di panico sono un sintomo molto serio: a volte causati da un periodo di grande stress, altre indice di qualcosa di sottostante che per anni la persona ha "tenuto a bada" ma che ora preme e rischia di emergere. se tu avessi bisogno del nome di un collega a roma che sia specialista di queste problematiche, non esitare a contattarmi. www.trasformazioni-studio.it un caro saluto
Cara Maria, sarebbe interessante poter capire cosa si nasconde dietro il sintomo claustrofobico e dietro le crisi di panico. Ogni sintomo psichico rappresenta un campanello d'allarme di un conflitto che affonda le proprie radici nell'inconscio. Lei accenna al problema della libertà, come se avesse dovuto compiere delle scelte (forse lavorative) che hanno sacrificato in parte la sua libertà e creatività. O forse, c'è una parte della sua personalità che non ha avuto modo di esprimersi pienamente. Una parte di se' vitale, che tenta di affermarsi, ma non vi riesce. E rimane imprigionata in un luogo mentale da cui è difficile scappare. Un luogo stretto ed angusto, che fa pensare alla morte. Dietro la claustrofobia si ritrova spesso la paura della morte. Una paura ancestrale, che hanno tutti gli esseri umani, nonostante i filosofi abbiano tentano di esorcizzarla ed i religiosi hanno proposto una speranza. C'è anche il mal di testa, credo dovuto a quei pensieri cosi' pesanti che si impongono, che lei tenta di affievolire sgomberando la mente con la pratica yoga. Penso che una psicoterapia di tipo psicoanalitico possa permetterle di restituirle quella sfera di libertà che sta cercando da molti anni. Saluti.
Gentile Maria, quello che lei descrive è un elenco di malesseri che associa a particolari condizioni esterne, come appunto i luoghi chiusi...lei stessa annota peggioramenti del suo stato in corrispondenza di periodi particolarmente impegnativi della sua vita. Credo che gli attacchi di panico siano un po' come il trillio della sveglia...dormiamo ed un suono, non sempre piacevole, ci strappa dal nostro stato di riposo...ecco penso che sia importante ascoltare questo segnale di avviso, potrebbe essere molto prezioso per la qualità della vita affettiva, relazionale e soprattutto per il nostro benessere. Potrebbe essere per lei maturato il momento di incontrare uno psicoterapeuta, se vuole può chiamarmi in studio allo 06 700 29 79 (S. Giovanni) o comunque può avere maggiori informazioni se si collega al sito www.arpit.it . Cordiali saluti
Buon giorno Maria, mi complimento perchè leggendo la sua mail percepisco subito in lei una gran forza nella personalità , nel cercare di superare i sintomi fastidiosi legati alla claustrofobia; Riferisce un pò di tempo fà di averne sofferto in forma leggera, mentre da qualche anno, ha sentito riaumentare certi sintomi e non solo in ascensore ma anche in ambienti affollati, gli attacchi di panico, limitano parecchio la libertà d'azione e fanno vivere la situazione come una paura improvvisa di cui non siamo consapevoli. Dovrebbe ripensare al periodo esatto quando sono cominciati questi spiacevoli sintomi e ricollegarli a un qualche evento significante negativo della sua vita e magari cercare di rielaborarlo un pò, forse potrebbe anche arrivare ad una leggera diminuzione del disturbo; La nostra mente, come lei sa, registra tutto e anche le sensazioni spiacevoli ricordandoci ogni volta che ci ritroviamo nelle stesse circostanze i sintomi collegati all'evento, tachicardia, sudorazione, quella che viene definita "ansia anticipatoria"; Ha fatto benissimo cercare di combatterla e sforzandosi ha ricominciato a rifare tutte le cose che faceva prima, prendere l'ascensore, l' aereo, ma tutto sommato nulla di pericoloso le è successo come vede, direi che hai agito nel modo migliore, con l'uso della fantasia e di certe immagini potrebbe anche ridicolizzare l'evento riuscendo a togliere l'energia che le causa questo malessere, ci provi, sà il nostro cervello è anche dotato di tantissime potenzialità che anche noi delle volte non conosciamo, credo che anche il corso di yoga probabilmente l' ha aiutata molto, nel mantenimento della calma in questi particolari momenti.. Se i sintomi dovessero persistere le consiglio un corso di Training Autogeno somatico all'interno di una psicoterapia breve, per poter spezzare il ciclo dell'ansia ed eliminare gli attacchi di panico definitivamente e farle riacquistare completamente la libertà migliorando la qualità della sua vita; Sperando di esserle stata utile, le auguro benessere, serenità e felicità arrivederci
Cara Maria, non sia troppo preoccupata per gli stati di tensione che ogni tanto riaffiorano, è riuscita a superare con grande successo (e da sola!) i momenti della sua vita in cui si è sentita maggiormente in ansia e questo indica che ha grandi risorse personali. E' anche vero che situazioni di "stress" possono minare la tranquillità conquistata tanto faticosamente, in questi casi potrebbe essere opportuno rivolgersi ad un terapeuta competente perchè possa aiutarla a far emergere quelle risorse che lei già possiede, ma che in alcuni momenti della vita non sono immediatamente a disposizione, magari proprio perchè l'ansia ci blocca. Se poi lei sente il desiderio di conoscersi meglio e di capire di più le sue reazioni/emozioni fin da adesso, non ci trovo nessuna controindicazione! Cari saluti