Una domanda le rimando: come mai crede che ci sia un’età entro la quale si può cambiare?. Credo che il senso della sua domanda possa essere “Ho vissuto degli anni faticosi a gestire, per quanto era nelle mie conoscenze il disagio che vivo, che attualmente mi è diventato insostenibile, sono talmente stanca che se inizio un processo di terapia, sono certa che non sosterrei un’eventuale delusione di non ottenere risultati”.
Ho bisogno di dirle che la comprendo nello stato emotivo. Le lascio delle informazioni per degli spunti di riflessione, così da poter valutare serenamente la sua scelta.
La “paura” è un emozione primaria, ovvero presente nel bambino dalla nascita (ciò che definiamo il corredo di “madre natura”, insieme a gioia, sorpresa, tristezza e rabbia). Sono emozioni funzionali allo spirito di sopravvivenza, dove la paura è “adattiva”, in quanto modula il rapporto tra l'ambiente e l'organismo (favorendo la sopravvivenza dell’uomo nell’ambiente in cui è inserito).
In psicologia l’emozione è la risposta dell'individuo alla percezione di uno stimolo esterno, e la paura si attiva quando i sensi percepiscono uno stimolo dannoso o potenzialmente dannoso per l'organismo. Inoltre di conseguenza si attiva un correlato fisiologico che consente all'individuo di rispondere allo stimolo iniziale attraverso attacco, evitamento-fuga o nella peggiore delle ipotesi con un blocco. La paura per la psicologia è quindi funzionale, ma in alcuni casi è considerata una patologia
Il confine tra paura e fobia risiede proprio nella funzione adattiva della risposta, quando cioè l'istinto emotivo scatta in modo inappropriato (cioè senza che sia presente una reale minaccia o con un'intensità eccessiva) allora si trasforma in un meccanismo fallato e patologico.
Attraverso un percorso è possibile esplorare le sue motivazioni, quali le sue priorità, quali i suoi “copioni di vita”, tutti celementi che concorrono affinchè il sintomo persista, Per quanto mi riguarda posso dirle che solo così potrà esplorare diverse modalità di risposta, più funzionali ed appropriate affinchè la sua qualità di vita migliori, perché la “paura” è un alleata e non un nemico. Tutti gli esseri umani sperimentano quest’emozione, e possiamo differenziarne per l’uso che se ne fa, e di conseguenza ne cambia la qualità della vita.
La invito a cercare una figura professionale che possa accompagnarla, di non affidarsi al prima terapeuta che incontra, perché la relazione e l’empatia che sperimenta sarà la “base sicura” con cui lavorerà. Una scelta avventata può metterla in condizione di sostenere una “frustrazione” o “delusione”, che la induce a pensare “è tutto inutile, sono condannata a soffrire, non guarirò mai”.
Sperando di essere stata esaustiva, e nell’averle fornito elementi di valutazione per una scelta appropriata, la saluto cordialmente.
Resto a sua disposizione per eventuali chiarimenti e dubbi.