Gentilissimi dottori volevo un parere su quello che sta accadendo al mio bambino di 8 anni. Premetto che è un bambino sereno, intelligente, ha un buon rendimento scolastico… E' sempre stato molto vispo fuori scuola ed in famiglia, parla molto e bene, ma nell'ambiente scolastico è molto contenuto, timido e quando alle maestre dico che fuori non è cosi non ci credono… E' come se avesse una doppia personalità…. Premetto anche che è molto sensibile e da piccolo il distacco dai nonni, cugini, amichetti era una tragedia di pianto; comunque è figlio unico ed ha sempre vissuto con me ed il padre e difficilmente l'ho affidato ad altri. Già da qualche tempo ha mostrato diverse fobie nel proprio ambiente, prima dei ladri, poi non voleva stare solo nelle stanze, poi dei ragni… Adesso, nel periodo della quarantena a causa della pandemia e da quando non va più a scuola mi dice che gli vengono dei brutti pensieri riguardo alla morte, ha paura di morire però poi pensa che vorrebbe morire… insomma una serie di pensieri contrastanti riguardo questo argomento.. L'altro giorno ha avuto una vera e propria crisi con pianti forti perché non sopportava più questa sensazione di paura ed ovviamente mi sono preoccupata nel vederlo cosi.. L'ho rassicurato dicendo che non poteva succedere nulla.. ma i suoi pensieri sono ricorrenti anche in questi giorni..
Con il padre ha un buon rapporto, ma lui parla poco, si esprime poco lascia trascorrere le situazioni con indifferenza e questo mi porta spesso a discutere su come abbiamo dei punti di vista diversi…. e non so se questo possa incidere…
Tra l'altro mi sono sempre posta il problema del figlio unico...non vorrei che questo possa influenzare la sua vita.. ma purtroppo cosi la vita ha deciso. Sarebbe il caso di prendergli una compagnia domestica (un cane un gatto)???
Grazie infinite per le vostre gentilissime risposte!!
Giulia
Cara Giulia,
È una bella idea quella del cane o del gatto: un'ottima compagnia per il suo bambino! L'importante è assicurarsi che lui ne gradisca la presenza e, magari, che si pronunci sulla preferenza.
Per quanto riguarda la sintomatologia che descrive nella sua lettera, la mia impressione è che il suo bambino stia soffrendo moltissimo e dunque potrebbe notevolmente giovargli un lavoro di psicoterapia, in particolare per le "crisi" di cui parla... Infatti sarebbe importante capirne le caratteristiche in quanto fonte di forte sofferenza.
Lei continui a rassicurarlo con vicinanza emotiva, cioè facendogli sentire che lo capisce, che gli offre la sua presenza e lo aiuti a tradurre le emozioni in parole. Poi le crisi vanno capite meglio, come le dicevo.
Detto questo, i 7-8 anni sono l'età in cui fisiologicamente affiorano queste paure nei bambini: perciò è "normale", ma comunque causa di disagio.
Nell'attesa che troviate un/a collega nella vostra zona (mi raccomando provate), le do un paio di suggerimenti:
- Faccia disegnare a suo figlio le sue paure, le fobie e le sue emozioni - "come immagina la sua paura? Che aspetto ha la paura della morte?". Questo lo aiuta a canalizzare al di fuori di sé il disagio alleggerendolo e rendendo il contenuto delle emozioni meno minaccioso.
- Concedere ai "brutti pensieri" di esserci e di venire accettati per 5 minuti (veri, contati con un timer) due volte al giorno (decidendo insieme i due momenti). In questo modo viene dato uno spazio ai pensieri... poiché cercare assiduamente di evitarli può essere controproducente; inoltre darà a suo figlio la sensazione di poterli "controllare" e soprattutto di poterli accettare.
Se ha necessità mi può scrivere.
La saluto cordialmente,
Dott.ssa Verusca Giuntini
Salve Giulia
La sua preoccupazione è legittima perché un bambino che lamenta una angoscia di morte sta lanciando proprio un segnale di aiuto. Qui sono chiamata a rispondere alla sua domanda e lo farò in piena coscienza, responsabilità e professionalità.
Sono portata ad immaginare che lei abbia fatto già indagini nel settore scolastico per verificare nel tempo che tutto sia andato bene nella relazione tra bambino e insegnanti e tra bambino e compagni, cioè che non sia stato vittima di eventi sgradevoli in spazi non familiari.
Fatta questa premessa…
I bambini non nascono con le paure.
Se lei e suo marito foste seduti su una panchina in un parco e si avvicinasse improvvisamente un leone avreste senz’altro paura, tutti ne avremmo!
Invece se fosse presente suo figlio da piccolissimo, neonato o poco più grande non mostrerebbe alcuna paura, o almeno non dovrebbe farlo a meno che non stesse percependo la vostra paura.
Affinché un bambino possa mostrare paura per un evento inaspettato e potenzialmente pericoloso è necessario che veda la paura sul volto di chi si prende cura di lui.
E c’è di più.
Il cervello di un figlio è connesso con il cervello della madre continuamente, soprattutto in epoca postnatale, provi ad immaginare fili invisibili che partono dal cervello di ognuno dei due e vanno verso il cervello dell’altro creando una comunicazione silenziosa.
Quindi le paure di suo figlio e questo doppio atteggiamento in casa o fuori casa va indagato nella vostra relazione.
Cosa ha spaventato lei e/o suo marito? Quali eventi importanti o drammatici hanno attraversato la vostra vita ? Sono stati superati o si tratta di ferite ancora aperte?
Questo è un lavoro che si fa in psicoterapia per aiutare i genitori ad aiutare un figlio.
Un animale in casa è sempre una risorsa, vivere con un animale è garantirsi un amore incondizionato, può aiutarvi senz’altro ma non è la soluzione.
Le invio un saluto affettuoso
Dott.ssa Tiziana Vecchiarini
Napoli
La Dott.ssa Tiziana Vecchiarini offre supporto psicologico anche online
Gentile Giulia, suo figlio sembra aver vissuto una particolare esperienza di attaccamento con le figure familiari sin da piccolo. Dico particolare nel senso che lui ci sta bene, ma prova nello stesso tempo una paura abbandonica, tanto che i momenti di separazione li vive con angoscia (le crisi di pianto), quasi come se non si sentisse più sicuro di ritrovarli gli stessi familiari. Forse la scuola la vive con questa serietà e timidezza per una scarsa fiducia di "affidarsi" a persone all'infuori della sua famiglia. Del resto lei dichiara di non averlo quasi mai lasciato ad altri. Si fidava poco? Questo incremento delle sue ansie andrebbe meglio compreso. Ma non escluderei che l atteggiamento del padre, cosi poco coinvolto e partecipe, venga percepito dal bambino come l'insicurezza di non sapere cosa pensa il padre (un padre che senza volerlo non si lascia conoscere, può inquietare). Spero di averle dato qualche spunto di osservazione. Auguri, dr. Cameriero Vittorio