Il lavoro della mia vita. O almeno, finalmente quel lavoro che mi fa portare a casa reddito, frigorifero pieno, qualche cena in più col partner e un regalo sicuro per chi mi vuole bene a Natale. È stancante, certo. Poi ci sono i turni e il caldo... Mamma mia, stare in camice di notte con l'umidità alle stelle non è il massimo che uno può chiedere. Ma si fa, dai. Gli ospiti ti sorridono, sono contenti di vederti, e tu reagisci di conseguenza. Insomma, mi piace quello che faccio.
...
Facevo
...
Mi chiedo come abbia potuto scrivere quelle sciocche frasi. C'è la mia firma, ma non mi riconosco in una sillaba di quanto vergato. Io lo odio questa ***** di lavoro: sottopagati, sfruttati, turni di notte triplicati nell'ultimo mese, condizionatori ovviamente spenti perché a quelle befane che stanno lì tutto il giorno immobili dà fastidio, poverine! Intanto voi la vostra vita l'avete fatta! Ai vostri tempi non lavoravate 15 ore al giorno e non portavate a casa quei quattro spicci che a malapena servono per pagare parte delle bollette che mi arrivano. E non avevate due rompiscatole petulanti che si sono messi in testa di fare l'Università e diventare "dottori". Ma a 24 anni sono ancora a casa a elemosinare dai loro vecchi perché - poverini - devono andare a mangiare una pizza con gli amici.
Non ce la faccio più. Ogni volta, e dico ogni volta, che entro in quel cancello che è l'anticamera degli spogliatoi per mettermi su quell'odiosissimo camice bianco e giallo mi viene un mal di pancia che cresce di giorno in giorno.
"Vai dal medico" - mi dice la collega. "Un'occhiatina dal dottore aziendale fossi in te me la farei dare" - insiste ogni santa mattina l'adorato partner. Si, si, ci sono andata, si. "E allora, cos'hai? Non ti si può più nemmeno parlare, manco un'osservazione...".
Non ho niente, va bene? Volete capirlo? NIENTE. Ho della gastrite, un po' di colite, tachicardia sinusale, ma ci sta... Ma niente di grave.
I medici - e ne ho passati tre - mi hanno detto che è solo stress, e mi hanno prospettato due cure: o andare a farmi vedere dallo psichiatra del CSM oppure iniziare una psicoterapia.
...
"...Buongiorno signora. I valori del cuore sono completamente sballati. Per i prossimi due mesi dovrà evitare qualsiasi tipo di sforzo. Le tre settimane a venire eviterei anche pesi leggeri, come fare la spesa, sollevare qualche borsa pesante e limitarsi negli spostamenti. Segua passo passo le indicazioni che le ha dato lo psichiatra, e non si azzardi a modificare la posologia dei farmaci. Dovesse avvertire qualche dolore strano, sintomi che non ha mai provato, contatti subito il 118. Passerà, ma ci vuole tempo.
No signora, no. Tra sei mesi contiamo in un suo miglioramento, ma avrà solo recuperato in parte. Cerchi di essere ottimista. Poteva andare peggio..."
Questi dialoghi sono frutto della mia fantasia. O almeno in parte. Non sono completamente inventati. Sono parole che ho sentito e che sento quotidianamente in studio. Donne o uomini non fa differenza. E parte di quelle parole arrivano anche da me, sono mie mie.
L'ultimo paragrafo leggetelo con la dovuta distanza: è un'iperbole, un'esagerazione. Vi ho fatto credere che fosse un medico a parlare a quella persona che aveva scritto i paragrafi precedenti. Immaginate una stanza di un pronto soccorso, e immaginate di aprire gli occhi e trovarvi con una flebo sul braccio e un medico che avevate già riconosciuto perché il Pronto soccorso lo conoscete bene, visto che lavorate come OSS o come infermiere in una struttura analoga.
Signore e signori, spero di aver avuto il "piacere" di far la vostra conoscenza con una sindrome che andremo a chiamare "Burn-out". Per chi non conoscesse l'inglese, significa "bruciato".
È una sindrome così complessa che il manuale dal quale noi sanitari diagnostichiamo le patologie psichiatriche, il DSM 5, non la cita nemmeno, ma è mascherata in altre sindromi che non sto qui ad elencarvi, perché lo scopo del mio scritto è quello di arrivare al cuore del problema e farlo conoscere, non fare il dottorino che usa paroloni su paroloni per mostrare il sapere.
Il Burn-out è un esaurimento nervoso che colpisce maggiormente quella tipologia di lavoratori che hanno a che fare col sociale, quindi operatori socio-sanitari, infermieri, medici, fisiatri... Psicologi...!
Succede che quando fai un lavoro come il nostro sei naturalmente propenso ad andare incontro alle sofferenze di chi ti sta davanti, e cerchi di alleviare i patemi con una preparazione che hai seguito con passione e dedizione. Un lavoro davvero difficile - soprattutto per gli OSS e gli infermieri e il personale medico in generale. Turni massacranti, vita sociale ridotta ai minimi termini, cicli sonno veglia sballati, stipendi da miseria (a parità di compenso guadagna di più un tecnico specializzato in controllo numerico che lavora in giornata - quindi non a turni - in una ditta metalmeccanica aperta 5 giorni su 7 alla settimana. Provate ad informarvi se non mi credete).
Potreste quindi domandarvi ora cosa spinge una persona a intraprendere una professione del genere. L'occupabilità e il fatto che non sia mai un lavoro monotono. Lavorare a contatto con gli altri, poi, gratifica parecchio.
Se fatto in condizioni umane.
Sì, perché anche lavorare in fabbrica, in produzione, è gratificante di per sé. Assemblare auto, motori, componentistiche varie è davvero piacevole (l'ho fatto per anni, so di che cosa parlo).
Ma se il pezzo che devi montare ti sfreccia davanti ad una velocità tale che non hai nemmeno tempo per andare in bagno o chiedere come ha passato il fine settimana al collega che hai dall'altra parte della linea, allora la piacevolezza sparisce. E subentra l'alienazione da catena di montaggio.
Usanza brutale molto diffusa nella manifattura italiana fino a qualche tempo e tuttora non completamente sparita. Un po' come l'elettroshock: pratica infame inventata il secolo scorso per curare "i matti" e tuttora usata per quelle patologie psichiatriche ribelli a farmaci e dottori vari.
Il Burn-out subentra quindi quando le condizioni di lavoro sono spinte al limite della sopportazione: gratificazione inesistente per il lavoratore, richieste verso lo stesso in continua crescita e tanti, troppi, sensi di colpa da parte dello stesso se si rifiuta di fare un'ora di straordinario in più o se temporeggia nel prendere le meritate ferie "...perché altrimenti gli altri come fanno e c'è qualche collega messo peggio di me e non mi sembra giusto nei suoi confronti".
Fermi un attimo però. Non è che questo ragionamento valga per tutti i lavoratori.
Magari.
Basterebbe quindi dare qualche "pacca sulla spalla" in più al diretto interessato o togliere lui una notte ogni 15 giorni.
Il problema di questa sindrome riguarda lo stato di salute (psichica e sociale) della persona.
Non tutti siamo uguali. Uguali e diversi (spero che la SIAE non mi quereli per aver citato quella meravigliosa canzone di Gianluca Grignani). Uguali MA diversi, correggerei.
Possiamo arrivare ad un punto della nostra vita dove i cambiamenti non li accettiamo più con quella leggerezza che avevamo quando festeggiavamo i 23 anni. I genitori si ammalano, i figli ci rispondono male, il partner si lamenta sempre. Oppure ci lascia. Soli. Coi figli.
Se accade questo miscuglio di sfortune, il nostro sistema nervoso va in tilt. Regge fino a quando può, ma poi inizia a darci qualche segnale, tipo: "...non stai facendo troppe notti? Certo un panettone più grande nella cesta potevano dartelo. È primavera, iniziano le belle giornate: perché ogni santo sabato devi passarlo con quei vecchi che manco conosci? Una passeggiatina sui Colli...? Mangiatina in quell'agriturismo dove con 20 euro ti mangi anche il tavolo? Mmm..."
Siccome il sistema nervoso è suddiviso in tanti "reparti", quello cosciente, o "centrale", che ti ha detto quelle frasi - ma che tu non ascolti - passa l'informazione al fratello gemello che tu puoi controllare solo in parte: il sistema nervoso "periferico".
E come d'incanto ecco comparire: mal di pancia! Scariche diarroiche! Agitazione senza apparente motivo! BOCCA SECCA ANCHE SE HAI APPENA BEVUTO MEZZO LITRO DI MINERALE! Prurito... nelle zone intime, così col cavolo che puoi fare l'indifferente. Devi grattarti per forza, ma lontano da sguardi altrui!
Se poi te ne freghi, il sistema nervoso periferico attiva anche quello immunitario: febbre. Male alle ossa. Stanchezza diffusa. Colorito pallido.
Fino a quando si stancano tutti: sistema nervoso centrale, periferico, immunitario e ti dicono nella loro lingua: "Ora basta. Fermati. Fai un lavoro da schifo e non sai più cosa voglia dire vivere. O ti fermi con le buone o ti fermi con le cattive".
Ignori ovviamente ancora il messaggio, e opti per lamentarti su quanto grigia e misera sia la vita. Diventi insopportabile. Ma è necessario, pena patire il peggio. Ma quale peggio? Non puoi mollare, specie ora: hai una famiglia, dei figli, un finanziamento, i genitori da accudire, il nipote che si è ammalato...
Ti stai bruciando, te ne rendi conto ma ti trovi nella condizione di non fare nulla. Ti stai sciogliendo, lentamente. A volte prendi un po' di fiato, ma poi risprofondi nel magma.
E puoi arrivare davvero a vedere quel medico che ti dice quelle parole scritte qualche paragrafo sopra, qui, in questo articolo.
Vedi? Che tu lo voglia o no, ci si deve fermare. E se riusciamo a farlo quando i segnali sono ancora blandi, avremo più tempo per reagire muovendoci senza fare grossi e drastici cambiamenti.
Dal Burn-out si può uscire. Ma dobbiamo imparare a riconoscere quando stiamo male ed essere più egoisti - verso gli altri - quando ci sentiamo troppo spinti al limite in quel posto di lavoro che abbiamo sempre amato.
Quando il sistema nervoso centrale è spinto al limite diventiamo meno lucidi: dormiamo meno, beviamo o fumiamo di più, dedichiamo sempre meno tempo a noi stessi e a quelle attività che ci fanno stare bene. Il gergo tecnico è: iper-arousal, cioè esser iperattivi.
Le scelte migliori della nostra vita le facciamo quando siamo sereni, non agitati. Quando si è agitati si è mossi dalla fretta e ogni pericolo od ostacolo viene percepito come insormontabile (avete fatto conoscenza poco fa con la descrizione dell'ansia. Piacere!).
Che fare, quindi?
La sindrome in questione è complessa, come avete visto, e quindi la soluzione - le soluzioni per meglio dire- non sarà semplice, ma c'è. E varia molto da individuo ad individuo. Non basta dire: "Si prenda ferie per un mese e poi ne riparliamo", oppure "Si licenzi e cambi lavoro. Da domani". Queste soluzioni possono andare bene per due, tre persone, ma non per tutti.
La soluzione è un adattamento: se la persona è troppo agitata bisognerà procedere per gradi: prima dovrà riacquisire dei momenti di calma. Ci si dovrà fermare, per un periodo variabile non definibile qui in questo scritto.
Poi pian piano emergeranno da sole una serie di opportunità e possibili soluzioni, ed andranno scartate quelle colorate di "nero", perché influenzate da un modo di pensare "disfunzionale", o depresso.
Scelta una prima soluzione, dovremmo tenere a mente un altro paio di soluzioni di riserva, cioè un "Piano B" e "C". Meglio se a monte di tutto terremo la mente in grado di reagire efficacemente qualora accadessero degli imprevisti. E questo lo si fa se riusciamo a mantenere la calma.
I passaggi elencati andrebbero fatti se accanto a noi c'è qualcuno che ci sorregge. Si può guarire da soli? Certo, ma se vedete che non riuscite a uscirne, chiedete in giro. Andate dal medico di base. Dallo psicologo. Dallo psichiatra.
Medicine o non medicine? Non sono un medico. Calmanti e psicofarmaci vanno usati solo se il medico lo ritiene opportuno. Evitate gli estremismi: non rifiutate una terapia perché siete contrari a priori all'uso di quella o quell'altra pastiglia.
Dovete cercare di avere la mente flessibile ed in grado di adattarsi: se decidete di non prendere le gocce prescritte per dormire, utilizzate un piano di riserva che abbia la stessa efficacia potenziale di quelle gocce. Piano di riserva che avrete avuto modo di confrontare con uno specialista.
Permettetemi questa confidenza: a 24 anni venni operato di cancro. L'operazione andò bene, ma l'oncologo mi disse che sarebbe stato meglio farmi fare anche un ciclo di radioterapia preventiva, onde evitare che qualche cellula maligna fosse rimasta in circolo. Mi disse chiaramente che la scelta di accettare dipendeva da me: se volevo seguire pratiche non convenzionali, come rituali sciamanici, cure "New age" e via dicendo, non avrebbe potuto vietarmelo. Me le sconsigliò, questo sì, ma non poteva in quelle situazioni obbligarmi. Se mi fossi riammalato, mi disse chiaramente questo grande Medico, mi riavrebbe preso in cura, ma non avrebbe garantito sul come sarebbe andato il proseguio della nuova cura. Non per ripicca, ma perché quelle pratiche a livello scientifico non funzionavano. Optai per la radioterapia. Ho 51 anni. Se avessi ragionato con la testa di certi santoni, molto probabilmente questo scritto non si sarebbe ultimato da solo. E quei santoni ora manco si sarebbero ricordati più del mio nome.
Concludo:
La felicità sta nelle piccole cose. Essere sereni è un nostro diritto. Se notate che non riuscite più a essere felici (o rilassati) per gran parte della giornata, o avete difficoltà a prendere ripetutamente sonno ogni santa notte, non isolatevi. Lasciate perdere internet o Chat GPI per risolvere una problematica che portate avanti da mesi.
Chi si occupa di salute, mentale o fisica, non si è laureato con Wikipedia. Abbiamo faticato per arrivare alla Laurea e alla specializzazione, e fatto interminabili ore di tirocinio, spesso non pagati, ma entusiasti di fare quello che facevamo.
Chiamateci. Contattateci via mail, e se non siete pratici di internet, chiedete ad un familiare più esperto di voi.
Se la vostra resistenza nel farlo è dovuto ad un aspetto economico, ma sentite davvero l'esigenza di uscire da quella roba, chiamateci lo stesso: siamo qui per voi, per venire incontro alle vostre difficoltà, e la soluzione - anche da questo punto - si trova.
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Articolo appassionante. Da leggere con calma 2 volte....la seconda dopo averci dormito sopra. A volte ci "distraiamo" e finiamo dove non ce lo saremmo aspettati e non abbiamo gli strumenti o la "bussola" per uscirne. Domani rileggerò questo articolo dopo averci dormito sopra..... Grazie per il suo contributo. Fabio
Fabio il 16/03/2023
il Dott. Bruno Marzemin ha risposto al tuo commento:
Grazie mille del feedback, Fabio. Fa sempre piacere confrontarsi e ricevere spunti di riflessione. BM
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