In Italia da pochi decenni è entrato nel vocabolario comune il termine Mobbing, deriva dal termine inglese “to mob”, che vuol dire aggredire, accerchiare, assalire in massa. Si tratta di una forma di terrore psicologico sul posto di lavoro, esercitata attraverso comportamenti aggressivi e prepotenti, ripetuti da parte di colleghi o superiori.
La vittima di queste vere e proprie persecuzioni si vede emarginata, calunniata, criticata: gli vengono affidati compiti dequalificanti, viene spostata da un ufficio all’altro, o viene sistematicamente messa in ridicolo di fronte a clienti o superiori.
Il responsabile di questi atti, utilizza, nei confronti della vittima, comportamenti che mirano al suo annientamento psicologico, sociale e professionale. Attorno alla vittima viene fatta terra bruciata cosicché quest’ultima si ritrova, nel proprio lavoro isolata ed emarginata dagli stessi colleghi. Per parlare di Mobbing il processo deve verificarsi almeno una volta la settimana per un minimo di sei mesi, ciò perché in genere, l’evoluzione del Mobbing é estesa nel tempo.
Le diverse ricerche fatte hanno permesso di identificare 6 fasi attraverso cui il fenomeno si sviluppa; queste sono precedute da una situazione di disagio in cui la persona rimane indietro con il lavoro, e nessuno lo aiuta.
Nella 1° fase si individua una vittima e verso di essa si dirige la conflittualità generale. Nella 2° fase c’è l’inizio del Mobbing. Gli attacchi suscitano nel mobbizzato un senso di disagio e fastidio.
Nella 3° fase emergono i primi sintomi psicosomatici. La vittima comincia a manifestare dei problemi di salute e questa situazione può protrarsi anche per lungo tempo. Questi primi sintomi riguardano in genere un senso di insicurezza, l’insorgere dell’insonnia e problemi digestivi.
Nella 4° fase l’Amministrazione del personale, nota il fenomeno ma lo interpreta male. Il caso di Mobbing diventa pubblico e spesso viene favorito dagli errori di valutazione da parte dell’ufficio del Personale. Di solito le sempre più frequenti assenze per malattia insospettiscono l’Amministrazione del personale.
Nella 5° fase avviene un aggravamento della salute psico-fisica della vittima. Il mobbizzato comincia a sviluppare sintomi di malessere su diversi versanti: - psicosomatico (cefalea, tachicardia, dolori gastrici, dolori osteoarticolari, disturbi dell'equilibrio); - emozionale (ansia, tensione, disturbi del sonno, disturbi dell'umore); - comportamentale (anoressia, bulimia, farmacodipendenza).
Se il fenomeno di Mobbing è duraturo, oltre alla possibilità di sviluppare patologie organiche, i sintomi descritti possono evolversi nelle principali risposte psicopatologiche a situazioni stressogene: il disturbo dell'adattamento e il disturbo post-traumatico da stress. C’è anche chi soffre di forme depressive più o meno gravi e si cura con psicofarmaci e terapie alternative, ma hanno solo un effetto palliativo in quanto il problema sul lavoro non solo resta, ma tende ad aggravarsi Nella 6° fase c’è l’esclusione dal mondo del lavoro. Questo è l’esito ultimo del Mobbing, ossia l’uscita della vittima dal posto di lavoro, tramite dimissioni volontarie, licenziamento, ricorso al pre-pensionamento o anche esiti traumatici quali il suicidio, lo sviluppo di manie ossessive, l’omicidio o la vendetta su chi ha effettuato il Mobbing. Ma v'è un'altro settore sul quale si riflettono le conseguenze del fenomeno e che porta con se un ulteriore aggravamento del malessere, si tratta dell'ambiente extralavorativo, ed in particolare quello familiare, esso rappresenta per il mobbizzato un'occasione di sfogo. Nello stesso momento in cui la vittima si sfoga, è come se delegasse i suoi famigliari a gestire la rabbia e la depressione.
La famiglia dapprima cerca di non farsi coinvolgere eccessivamente dai problemi del mobbizzato, fino ad arrivare ad un rifiuto dello stesso.
La famiglia protettrice e generosa improvvisamente cambia atteggiamento, cessando di sostenere la vittima e cominciando invece a proteggere se stessa dalla forza distruttiva del Mobbing.. La famiglia si richiude in se stessa, per istinto di sopravvivenza, e passa sulla difensiva. La vittima infatti è diventata una minaccia per l’integrità e la salute del nucleo famigliare, che ora pensa a proteggersi prima, ed a contrattaccare poi. Altro ambito implicato è quello della vita di relazione.
Gli effetti del mobbing si ripercuotono significativamente anche nella vita di relazione del soggetto mobbizzato, che progressivamente riduce i suoi contatti con l’esterno. Ciò avviene in genere per due fattori: la fine del ruolo lavorativo viene vissuta come caduta dello status sociale, traducendosi in una fuga dai contatti sociali tradizionali; la problematica del mobbing diventa pervasiva e totalizzante, determinando una progressiva caduta d'interesse per la vita di relazione.
In pratica il Mobbing coinvolge in modo pervasivo tutte le condizioni dell’esistenza di una persona, non solo quelle lavorative, ma anche quelle affettive, relazionali, familiari, sociali producendo un peggioramento di tutta la vita del soggetto e della famiglia.
A corollario di tutto ciò, il danno da Mobbing colpisce anche all’Azienda, sia per i costi materiali di assenze, malattie, cause, risarcimenti; sia per la ridotta produttività e la non ottimale utilizzazione delle risorse umane, sia per la perdita di immagine e di clima del benessere. Ciò viene pagato dall’intera società in termini di perdita culturale, di esperienze, competenze, creatività, ed in termini di economia. Ma uscire da questo fenomeno devastante è possibile, per farlo si può procedere su diversi livelli.
Da un lato l’azienda una volta assunta la consapevolezza della possibilità di sviluppare il fenomeno, potrebbe fare della prevenzione attraverso una supervisione costante delle dinamiche disfunzionali all’interno del contesto lavorativo.
Una volta individuate delle situazioni a rischio come quelle in cui l’aggressività e la rabbia non vengono adeguatamente espresse, si possono organizzare del corsi di comunicazione assertiva e di autodifesa verbale.
Imparare a dare una risposta adeguata ad un attacco verbale e non, all’interno di un contesto lavorativo, dove è difficile esporsi, consente sia di bloccare un conflitto sul nascere che di sperimentare nuove modalità di entrare in relazione. Riuscire a inserire nell’azienda queste nuove modalità di comunicazione permetterebbero di risparmiare molte risorse e migliorare la rendita e il clima lavorativo.
Da un altro lato, chi è vittima di mobbing dovrebbe imparare a chiedere aiuto per poter uscire dal ruolo di vittima, questa richiesta può procedere su 2 fronti: uno giuridico e l’altro psicologico.
I 2 fronti vanno portati avanti contemporaneamente; intentare una causa per mobbing, implica il bisogno di recuperare la propria autostima e la volontà di uscire dal tunnel di profondo malessere che ne è derivato. Affidarsi a delle associazioni specializzate nel settore, che permettano di usufruire di un apporto sia psicologico che giuridico, può essere una via. In alternativa decidere di intraprendere un percorso terapeutico per uscire da uno stato di malessere profondo può essere l’inizio che fa emergere la volontà di riscatto e di seguito la richiesta di risarcimento per i danni subiti.
E’ molto importante assumere consapevolezza della possibilità di uscire dal ruolo di vittima, solo allora ci si può render conto che il carnefice può agire se c’è una vittima che gliene da la possibilità. Imparare a contrastare chi esercita Mobbing leva potere a quest’ultimo e riporta l’ex vittima a recuperare la propria autostima e ad avere un ruolo più attivo all’interno della sfera sociale.
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