Può accadere, durante la giornata che all’improvviso alla soglia della coscienza si affacci prepotentemente la figura di una persona che ti ha fatto male, che ti ha offeso, che ti ha fatto un torto. E ti ritrovi a ripensarci, a rielaborare la scena, a risentire le parole, il tono della voce. Sei entrato senza accorgertene dentro un filmato che ti ossessiona, che innesca una rabbia, un’aggressività che coinvolge la mente e il corpo.
Magari stai guidando in campagna e c’è un bellissimo contesto intorno, c’è il sole, oppure stai pigreggiando sul lettino in riva al mare. Potresti accorgerti di tante cose belle e invece no. Ti consumi in questa specie di stillicidio. E’ un ripassare all’improvviso tutto un caleidoscopio di immagini fino a che non ti ossessioni in modo aggressivo.
Cosi non ti godi niente e tornando a casa ti accorgi di non essere in forma e fai un errore di distrazione, parcheggi male, prendi una storta, fai cadere il telefono. Peggio di così…pensi, e ti arrabbi ancora di più. Poi entri in casa, ti saluta tua moglie, tuo figlio il tuo compagno e rispondi male, in modo sproporzionato.
Il rimuginare è un trabocchetto mentale pericolosissimo perché tutta l’energia psicofisica va in stress, in regressione, in perdita. Come inizia e come se ne esce?
L’inizio è un piccolo, insignificante particolare: una musica, un cartellone pubblicitario, un odore, una frase, un pensiero che immediatamente ti riporta a “quella volta in cui….” E’ come nelle allergie. Basta la presenza di un elemento che era presente in quella circostanza in cui hai vissuto uno schock, che si riattiva il sintomo.
Una volta entrato nel rimuginare non è facile uscirne. Bisogna accorgersene subito, interrompere e sciacquarsi la mente, distraendosi, impegnandosi in qualcos’altro.
Si può però imparare a “immunizzarsi”,giocando in anticipo, molto ma molto prima.
Bisogna imparare l’arte del distacco. Distaccarsi dalla persona, dall’oggetto della rabbia, dell’ingiustizia. Guardare la situazione al di fuori, in modo razionale e analizzare l’offesa ricevuta. Con il distacco si può misurare il proprio torto e quello dell’altro.
Poi se c’è un’azione da fare, bisogna farla. Chiedere scusa, un chiarimento o invece passare a un’azione legale se ne vale la pena.
Ma va dimenticato chi ha offeso altrimenti si inquina la propria mente.. E’ come un osservare distaccato, esercitando una forma di critica oggettiva. Non è facile perché tendiamo a salvarci, a giustificarci, ad aggrapparci alla nostra buona coscienza, a difendere il nostro copione, la nostra immagine di vittime o brave persone.
Ma se impariamo a lasciar andare, ci scopriremo più forti, più immuni da tante provocazioni e risposte aggressive spesso inutili e deprimenti.
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