Delitti d’amore e delitti in famiglia

    Delitti d’amore e delitti in famiglia.

    Nei delitti d’amore in genere la causa scatenante deriva da un diniego, da un rifiuto da parte della compagna essendo i giovani, oggi, abituati dalle famiglie a ricevere molti consensi e pochi dissensi, anche se con scarso ascolto della loro vita. Mi sono soffermata sui delitti “da parte del compagno/ marito/partner" in quanto l’istinto distruttivo è prevalentemente maschile e la vittima è, quindi, quasi sempre una figura femminile. Purtroppo, il  momento critico, chiamiamolo “raptus” insorge, prevalentemente nel maschio e la distruttività si manifesta con violenza brutale e crudele con colpi e ferite efferate. Diverse sono invece le motivazioni che inducono un figlio ad uccidere la madre, o il padre, o il fratello o addirittura tutti i componenti familiari senza che nulla potesse trapelare prima, in modo così macroscopico.
    Di fatto, cosa accade nella mente di un giovane che arriva a gesti così inconsulti e feroci ? Senza pensare minimamente di trovare giustificazioni in quanto sono atti “ingiustificabili” senza eccezione alcuna, bisogna però soffermarsi sulle motivazioni che inducono a questi “folli” comportamenti che, senza alcun dubbio, contengono una matrice inconscia con disagi psicologici che annidano le loro radici più profonde nella solitudine. Infatti, al di là di ogni bene materiale che oggi i ragazzi desiderano e spesso ottengono, vengono poi lasciati a loro stessi, ai loro pensieri, ai loro infiniti momenti di solitudine in quanto i genitori sono sempre impegnati in realtà diverse. Spesso, poi si trovano genitori separati con i figli che vengono parcheggiati, più o meno, qua e là, a secondo degli accordi giudiziali concertati che, talvolta, prescindono dal considerare realmente il disagio e la poca comodità che i ragazzi - figli di genitori separati - sono costretti ad affrontare, nonché anche la loro esposizione alla frequente conflittualità esistente tra i genitori stessi, in cui essi diventano “oggetto” di ripicca o di contesa o anche di abbandono e trascuratezza da parte di uno dei due.

    La solitudine intesa proprio come assenza di attenzione, di comunicazione e di ascolto attento da parte dei genitori, laddove sembra tutto tranquillo, all’improvviso sfocia in un gesto inconsulto, definito “folle”. Se in paesi come il Giappone esiste da anni la sindrome di hikikomoro (isolamento dei giovani con rifiuto da parte loro di ogni forma di relazione) non è un caso e, la sua diffusione è giunta ormai anche in Europa. Questi comportamenti dovrebbero portare i genitori a riflettere ed a partecipare alla vita intima dei propri ragazzi anche superando i loro schemi antichi del tipo “ai tempi miei non mi ascoltavano i miei genitori” perché decenni fa la vita si snodava con ritmi e modalità diverse che in questa epoca sono completamente cambiati. Come mai oggi un giovane su 5, pari al 17% si rivolge allo psicologo? Un sondaggio fatto dal Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi  ha rilevato che 8 ragazzi su 10 chiedono l’intervento dello psicologo a scuola e questi dati - tra l’altro ufficiali - dovrebbero far riflettere per comprendere che il mondo virtuale, la play station, l’utilizzo di Internet, i social media (tutti), i giochi interattivi, la messaggistica coi cellulari non sono sufficienti a colmare lo stato di solitudine e la richiesta di affettività necessaria per un equilibrio psichico vero. Il giovane per crescere “sano” non ha bisogno solo di cose materiali - come spesso accade - ma ha bisogno di presenza fisica, di condivisione, di dialogo, di comprensione, di ascolto soprattutto, che è ciò che egli ritrova esclusivamente nella figura professionale dello psicologo.

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