Molte donne, una volta tornate al lavoro, vengono considerate “improduttive” e subiscono demansionamenti, ingiustizie e vessazioni fino ad arrivare alle dimissioni.
Così la gioia dell’essere diventata mamma si può incrinare davanti alle nuove dinamiche lavorative: spesso non si ha più uno specifico ruolo all’interno dell’organizzazione aziendale, o si può riscontrare la non corretta riallocazione, o ancora la neomamma viene posta di fronte a scelte inconciliabili con la vita familiare, deve subire richiami continui e infondati, vede sfumata la posizione lavorativa raggiunta magari dopo anni di sacrifici o di studi.
Tutto questo può portare ad un forte calo dell’autostima, ad un vissuto ansioso-depressivo anche significativo, ad attacchi di panico, alla hopelessness depression, quella di chi ritiene di non essere in grado di far nulla per modificare la sua situazione. La neomamma si può sentire senza speranza per il futuro, incapace, sola e magari anche in colpa per non essere in grado di conciliare i problemi lavorativi con le nuove esigenze familiari.
D’altra parte, ricordiamolo, il lavoro è alla base di una molteplicità di aspetti: non è solo un reddito economico, ma per l'essere umano è un bisogno. Il lavoro è ciò che ci lega alla realtà, che ci dà il senso dell'identità personale, che conferisce valore alle nostre capacità. Sentirsi capaci di fare qualcosa che gli altri apprezzano riempie di significato la propria vita; oltre a questo il lavoro crea e potenzia i legami sociali.
Ma allora cosa può fare una neomamma che al suo rientro è costretta a vivere delle forti difficoltà lavorative?
Innanzitutto, se possibile, cercare di avere un colloquio con il proprio capo o con l’ufficio risorse umane e capire se la diversa ricollocazione o cambiamento di mansione siano legate ad effettive esigenze organizzative, e se ci siano delle modalità previste per la conciliazione lavoro-famiglia.
Oltre a ciò, a livello psicologico è importante:
- restare attive, impegnarsi per continuare a migliorarsi, acquisendo nuove capacità e competenze, approfondendo quelle che già si possiedono, per mantenerle salde e vive
- non abbandonarsi a sensi di colpa, rimuginii, rimpianti, o previsioni pessimiste sul futuro…pensieri che si focalizzano sul passato o sul futuro e che ci distolgono dal tempo presente verso cui invece è bene mantenere l’attenzione
- guardare i pensieri e non dai pensieri: se compaiono in modo ricorrente determinati pensieri (es.“sono un’incapace”, “non so risolvere nemmeno questa situazione”, “cosa ho fatto per meritarmi questo?”, “ho sempre dato tutta me stessa sul lavoro e vengo ripagata così”, “devo fargliela pagare!”), notiamoli invece di restare intrappolati in essi; lasciamo andare e venire i pensieri piuttosto che restarvi aggrappati;
- pensare che comunque si tratta di una fase della propria vita professionale e focalizzarsi sulle proprie capacità e risorse per risolverla e viverla in modo consapevole
- condividere il proprio disagio parlandone con una persona di fiducia (es.un'amico/a, un familiare), per avere ascolto e supporto
- consentire alle proprie emozioni di essere come sono, indipendentemente dal fatto che siano dolorose; lasciare cadere la lotta con le emozioni: le emozioni ci mostrano chi siamo e ciò che per noi è importante
- laddove i sentimenti di tristezza, di inadeguatezza, di ansia siano così forti da interferire in modo significativo con la vita quotidiana, rivolgetevi ad uno psicoterapeuta. A volte infatti ci si trova davanti ad un vero e proprio trauma, che è difficile superare da sole.
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