Gentili Esperti,
Sono la mamma di un ragazzo di 17 anni che frequenta la 4 liceo. Mio figlio è un ragazzo tranquillo che non ha mai dato problemi né scolastici né comportamentali, è un persona molto sensibile e soprattutto, per la sua giovane età, molto consapevole. Con il termine "consapevole" intendo dire che ha una visione del mondo, delle persone e delle dinamiche sociali molto lucida.
E' completamente privo della tipica leggerezza adolescenziale che rende la vita complicata, ma anche facile. Potrei definirlo un adulto nel corpo e nella mente di un giovane, con tutte le contraddizioni e difficoltà che questo produce.
Mio figlio guarda i suoi coetanei e si sente un alieno, soffre le dinamiche di classe, mette in atto delle strategie per riuscire a non essere schiacciato dai tipici meccanismi che si vengono a creare nei gruppi ma questo gli costa un sforzo tale da averlo portato a chiederci di lasciare a metà anno la scuola per studiare da privatista. Le sue difficoltà relazionali sono peggiorate con l'entrata al Liceo, un'esperienza che ha vissuto in solitudine non potendo (per una serie di ragioni) venire inserito con un suo amico di infanzia. Alla fine del primo biennio ci ha chiesto di cambiare scuola per un clima di classe che percepiva come insopportabile, adesso, a metà anno scolastico, ci ha chiesto di ricambiare perché sostiene di non poter più sostenere la classe nella quale si trova inserito.
Mio figlio, che fortunatamente parla molto di sé e delle sue sensazioni come me e mio marito, ha tre amici con i quali è cresciuto letteralmente insieme essendo i fifli delle mie tre amiche (si tratta tuttavia di ragazzi che non si frequentano tra loro), che vede di tanto in tanto.
Sostiene di non sentire il bisogno di un'eccessiva socializzazione e di stare bene da solo, per poter pensare e dedicarsi alle sue passioni (la musica). Tuttavia noi temiamo che il ritiro da scuola e la scelta di andare a studiare in biblioteca non faccia altro che alimentare la sua difficoltà a confrontarsi con gli altri, soprattutto se in gruppo.
Questa la mia domanda: personalmente non sono del tutto contraria al fatto che vada a studiare in biblioteca e si prenda l'idoneità alla quinta da privatista, penso che ci sono tanti modi per socializzare, mio marito, invece, ritiene che non debba assolutamente uscire dal circuito scolastico perché prima o poi dovrà confrontarsi con gli "altri" e che la scuola non possa che aiutarlo.
Cosa mi consigliate? Secondo voi, farlo uscire dal circuito scolastico significa pregiudicare completamente la sua socializzazione? é necessario subire gli altri per crescere?
Grazie
Buonasera,
lavoro con gli adolescenti e ho lavorato in una scuola. Mi è capitato di notare ragazzi un pò 'fuori dal gruppo', etichettati magari come 'strani'. Io non percepisco mai stranezza, ma semmai un diverso modo di vedere il mondo e di approcciarsi ad esso, cosa che rende questi ragazzi particolari e non uguali alla massa di adolescenti di questi tempi.
La socializzazione è importante, come dicevano i filosofi dell'antica Grecia 'l'uomo è un animale sociale'. Questo non vuol dire, però, che bisogna per forza socializzare e socializzare con tutti. Ognuno ha le proprie caratteristiche e ha affinità con persone con cui condivide caratteristiche caratteriali, passioni, hobby.
Ritengo che ritirarlo totalmente dalla scuola non sia del tutto positivo: la scuola è il primo ambiente dove si impara a socializzare, per prepararsi alla vita di fuori, quindi suo marito non ha tutti i torti.
Bisognerebbe capire dove viene questo senso di isolamento, di non voglia di approcciarsi agli altri, o se non è 'non voglia', questa paura o timore. Quindi la prima cosa che mi sento di consigliarle è di portare suo figlio a parlare con un esperto (psicologo) per cercare di capire da dove arriva questo vissuto.
Un consiglio che potrei darle è di non sforzarlo di fare cose di cui non si sente la forza, ma piuttosto di cercare persone, ambienti o attività confortevoli, in cui si senta a suo agio, intanto che approfondisca con uno psicologo i motivi di questi suoi atteggiamenti.
Buona serata
Gentile Orietta,
per avere un quadro più chiaro della situazione sarebbe importante conoscere anche il punto di vista di suo figlio.
In base alle informazioni che ci ha fornito, ritengo che assecondare sempre la volontà del ragazzo di ritirarsi dai vari percorsi scolastici, non sia la soluzione migliore: prima o poi dovrà confrontarsi con l'ambiente esterno alla famiglia, sia che decida di continuare gli studi o di tentare l'inserimento nel mondo del lavoro.
Penso piuttosto che il ragazzo vada accompagnato in questo da un percorso psicologico che lo aiuti a comprendere le motivazioni che sono alla base di queste sue difficoltà relazionali e come affrontarle, anzichè ricorrere ad una soluzione che alla lunga si può rivelare controproducente, quale l'evitamento.
Questo non significa modificare il suo carattere o le sue inclinazioni personali, non c'è nulla di sbagliato nel preferire la solitudine o nell'avere interessi diversi da quelli ritenuti "normali" per un ragazzo della sua età, ma intervenire sul senso di disagio ed inadeguatezza che il giovane percepisce quando si trova a contatto con i coetanei.
Visto l'ottimo rapporto che ha con voi genitori potreste invitarlo a prendere in considerazione l'eventualità di un percorso di psicoterapia e, nel frattempo, cercare di incoraggiarlo a ricercare persone e situazioni con cui condividere le proprie passioni: conoscere altre persone che condividono i nostri interessi è un ottimo aiuto per non sentirsi diversi dagli altri e può essere un primo passo per instaurare relazioni e sperimentare nuovi contesti che facciano sentire vostro figlio più sicuro e a suo agio con gli altri.
Un caro saluto.
Ravenna
La Dott.ssa Monia Biondi offre supporto psicologico anche online