Salve, sono un ragazzo di 20 anni con un passato non molto facile. Sono figlio unico, cresciuto con mia mamma da quando avevo 1 anno ( da sempre in effetti), perché lei si separò con mio padre. Sono cresciuto in una casa con mamma, suo fratello e altre 2 sorelle. Litigavano e urlavano sempre (ancora oggi) e quando lo facevano mi chiudevo sempre in cameretta per non sentirli. Non ho mai subito violenza, atti di bullismo o cose simili, che sia chiaro. Il mio problema è che oggi non provo sentimenti per nessuno, a mamma le voglio tanto bene ma non ho bei rapporti. Non riesco a provare amore e quando guardo negli occhi una persona è quasi come se provassi odio. Non riesco ad innamorarmi. Ho tanti amici, sono socievole ma anche a loro non riesco a guardare negli occhi quando mi parlano. Così non troverò mai una ragazza perchè non provo affetto per nessuno, sono indifferente.
Caro Matteo, un sentimento lo provi, altrimenti non avresti scritto: il disagio. Poi hai tu stesso specificato che provi odio. Da quanto scrivi provi anche rammarico perché pensi che non avrai un futuro affettivo. Se ne provi una di emozioni sei capace di provarle tutte. Per ora sei orientato maggiormente su quelle negative. Ti consiglio di trovare il modo di iniziare un percorso di psicoterapia, nel pubblico o nel privato in base alle tue disponibilità economiche. Ti aiuterà a trovare la tua strada e a non rimanere vittima della tua storia.
Ps trovare il terapeuta a giusto a volte richiede un pò di tentativi, non ti arrendere se alla prima non ti dovesse andare bene.
In bocca al lupo
Gentile Matteo,
da quello che scrive non mi sembra emerga l'immagine di un ragazzo incapace di provare affettività, semmai quella di una persona che, per via delle esperienze vissute, ha sviluppato il bisogno di prendere le distanze dalle relazioni affettive per timore di restarne deluso o ferito.
Tenga presente che tutte le emozioni, sia quelle negative che quelle positive, sono delle fonti di informazioni molti importanti che ci aiutano a comprendere meglio noi stessi; non sono le emozioni ad essere negative in sè ma può essere controproducente il modo in cui vengono espresse.
Un percorso di psicoterapia potrà aiutarla a riprendere contatto con le sue emozioni, a riconoscerle, accettarle ed esternarle con modalità più adeguate. Inoltre, un percorso terapeutico la aiuterà anche a riflettere sulla sua storia personale e familiare, ad individuare quelle dinamiche disfunzionali che vi hanno causato sofferenza e a trovare modalità di relazione più costruttive e soddisfacenti.
Spero di esserle stata di aiuto. Un caro saluto.
Ravenna
La Dott.ssa Monia Biondi offre supporto psicologico anche online
Caro Matteo,
Le sue sono reazioni legate alla mancanza di un padre.
A mio parere, ha bisogno di due interventi combinati:
un buon omeopata unicista (a Napoli ce ne sono molti) che la aiuti con un rimedio (probabilmente Natrum muriaticum) a non nascondere le emozioni e a diminuire la pressione del rancore;
un buon terapeuta UOMO che la aiuti a elaborare e regolare i cambiamenti che avvertirà.
Non abbia paura, con un po' di impegno avrà la possibilità di cambiare la sua percezione della vita.
Un caro saluto.
Ciao Matteo ti do del tu vista la giovane età.
Anche se non ti conosco personalmente da come descrivi la tua situazione non mi sembri un ragazzo anaffettivo, incapace di provare amore ed emozioni in genere. Si percepisce dal tuo racconto una grande sofferenza, giustificata dalla storia che hai alle spalle, e spesso, quando il dolore è molto forte, la strategia che si utilizza per difendersi è il distacco emotivo.
Cio non vuol dire che non sei capace di provare emozioni, ma che c è qualcosa che blocca la loro espressione.
Potresti iniziare un percorso terapeutico, così da poter comprendere di che natura è questo blocco... e solo dopo che l avrai compreso sarai pronto per abbattere questa barriera e iniziare a vivere relazioni serenamente.
Ho visto che sei di Napoli. Se ti va puoi scrivermi per un colloquio gratuito
In bocca al lupo
Caro Matteo,
intanto la tua richiesta di aiuto indica che c'e' una parte di se' che vuole una relazione, anche se attraverso una mail..e' comunque un primo passo e un piccolo atto di fiducia.
Credo che nel corso del tempo tu abbia sviluppato una sorta di corazza che ti protegga e difenda dalle possibili delusioni o difficolta' nelle relazioni..
Il fatto che non guardi le persone negli ochhi ed eviti lo sguardo significa che il contatto ti crea ansia, per questo sarebbe bene ti rivolgessi ad uno psicologo-psicoterapeuta che possa aiutarti a recuperare un po' piu' di fiducia.
In bocca al lupo
Gentile Matteo, la risposta è NO, l'anaffettività intesa come totale assenza, non è possibile per l'essere umano. Sarebbe come essere morti. Con la depressione ci si sente assenti e distaccati perché si è costruito negli anni un muro, una corazza verso il mondo che non ha saputo vedere, ascoltare, accogliere. Piu' il rifiuto si intensifica, tanto piu' il senso di vuoto aumenta a dismisura.
Lei descrive una situazione nella quale ha vissuto dove la rabbia e l'aggressività verbale erano all'ordine del giorno. Per difendersi ha dovuto rinchiudersi, nella cameretta come in se stesso. Se guarda qualcuno negli occhi, teme di mostrare odio. Oppure è indifferente. Non credo che lei sia solo questo,che le sue emozioni siano solo orientate sul versante della rabbia. Certo, ha la necessità di tirarla fuori, di poter parlare con qualcuno di quella "ingiustizia" possiamo dire così? Ha tanti amici, è socievole, che forse guardarli negli occhi possa tradirsi, aprire una breccia e lasciar leggere dentro di sé un bisogno di affetto sconfinato e un desiderio d'amare altrettanto urgente e non piu' procastinabile.
Roma
La Dott.ssa Mirella Caruso offre supporto psicologico anche online
Buongiorno, mentre leggevo la sua lettera, non ho avvertito la freddezza tipica di ciò che viene definito con il termine di anaffettività. Non sono il genere di professionista né appartengo al tipo di approccio che parte da inquadramenti diagnostici (anche se a volte possono essere utili), io parto dalle parole e quando sono vis à vis anche dai silenzi. Vista la relazione mediata dal web, partirò dalle prime. Innanzitutto lei scrive, si racconta, si apre, cerca aiuto, si rende conto e soprattutto si dispiace per il fatto di non riuscire a provare amore, a guardare negli occhi l’altro o ad avere una ragazza … Io non credo che lei non abbia la capacità di amare, ma che questa sia come dire “intrappolata”, “offuscata” tra tante altre emozioni sovrastanti e in questo momento in lei predominanti. Per esempio, leggendo la sua lettera ho sentito e mi permetto di rimandarle la tristezza per quel bambino cresciuto solo, la rabbia e la sfiducia verso quegli adulti poco presenti e forse l’odio verso un padre che non appare nei suoi racconti (probabilmente non a caso) … Tutto ciò rappresenta un orizzonte emotivo vasto e caldo e probabilmente la capacità di amare, e quindi di fidarsi e aprirsi all’altro è solo dietro a tale scenario, come il sole dietro le nuvole …
Mi permetto di consigliarle di accogliere tutte le emozioni che prova in questo momento della sua vita, per quelle che sono, senza giudicarle. Non ci sono solo emozioni “positive”, ma anche la rabbia, la tristezza e perché no, l’odio hanno la loro ragione di essere e vanno accolte ed elaborate (altrimenti in futuro potrebbero diventare depressione, agìti auto-distruttivi, comportamenti violenti auto od eterodiretti, ecc). Ogni emozioni infatti ha la sua propria funzione che non va bloccata! Il termine emozione deriva dal verbo latino “e-movere” e significa “muoversi da” ovvero in essa è racchiusa l’energia da cui deriva l’azione che può essere quella “giusta” solo quando parte da un reale “contatto emozionale”. Perciò quale che sia, non si giudichi, non si blocchi, trovi il coraggio di parlarne con un amico se vuole, o magari con un professionista, se crede. Ma non si arrenda, mai!
Lei non e’ “anaffettivo”, tanto e’ vero che “a mamma le vuole tanto bene”!, ha soltanto una grossa difficolta’ nel gestire i suoi legami affettivi (soprattutto quelli importanti). I professionisti chiamano la sua condizione “problema dell’attaccamento” e lo considerano come il risultato della storia di tutta la sua vita (la “storia dell’attaccamento”, appunto). E’ un problema che puo’ risolvere con una psicoterapia adeguata. Una psicoterapia che le offra la possibilita' di conoscere le cause piu’ remote della sua problematica. O meglio, di prendere consapevolezza del fatto che la sua “anaffettivita” che, al momento, la fa stare tanto male poggia le sue basi sulla prima e fondamentale interazione che lei, ancora cucciolo d’uomo, aveva creato con sua madre e che si e’ consolidata nel corso delle esperienze relazionali successive fatte con le altre figure di riferimento nel corso delle varie fasi del suo sviluppo psicologico. Una psicoterapia che, grazie a questa acquisita consapevolezza, le permettera’ di ripercorrere, insieme al professionista che fara’ da guida, le tappe fondamentali del suo sviluppo psicologico ("affettivo"), rivisitando tutte le sue esperienze problematiche che lei ha vissuto onde poter riqualificare i significati distorti che lei e' stato costretto ad adottare in quanto offerti (ma, spesso, imposti) dall’esterno (dalle figure importanti con le quali si e’ confrontato) e, cosi’, modificare le emozioni inappropriate e l’affettivita’ inadeguata che a detti significati sono intercorrelate.