Uno dei libri che più mi ha colpito e che mi "accompagna" nei tanti incontri con i miei pazienti, è quello di Massimo Recalcati, "Le mani della madre".
Recalcati è uno psicoanalista lacaniano, lontano in parte dalla mia formazione sistemico familiare, eppure i suoi libri, sono di grande impatto. Spesso, il problema che i pazienti mi portano, è il loro rapporto con la figura materna; rapporto che può essere ideale, conflittuale,perso, ma rimane sempre il fulcro della vita di ognuno ed è talmente importante, che il libro di cui vi parlo, comincia con una scena di una madre, appunto, scena tratta da un film in bianco e nero,in cui si vede una madre che per ore trattiene con le proprie mani suo figlio, dopo che questi, giocando sul terrazzo all'ultimo piano di un grande palazzo, era rimasto aggrappato alla ringhiera del balcone. Queste mani materne che trattengono il bambino sino all'arrivo dei soccorsi, per evitare che il piccolo possa precipitare nel baratro. Questa scena, è un po' la metafora del ruolo della madre, la madre che sostiene i propri figli per evitare che precipitino.
Ma non sempre questo trattenere è presente e talvolta può esserlo in modo completamente inadeguato. Questo perché voler avere un figlio, diventare madri, non significa mettere solo a disposizione il proprio corpo,il proprio utero, ma significa essere pronte ad un accoglimento totale in cui il figlio è l'altro e in quanto tale, possiederà una propria individualità, una propria storia, un proprio destino. Spesso, invece, la maternità si trasforma in un atto attraverso cui gratificare se stessi, mediante cui proiettare e realizzare i propri bisogni falliti. Talvolta, il neonato in particolare, viene vissuto come mezzo di godimento da parte della madre ( S. Freud, Tre saggi sulla teoria sessuale) che contrasta con l'idea di accoglimento, di holding, di braccia che contengono, che normalmente si ha. L'amore verso i figli, dunque, può trasformarsi in qualcosa che distrugge gli stessi, che impedisce loro la realizzazione e la possibilità di andare pienamente incontro alla vita. Un esempio, ci viene dato da quelle che vengono definite " madri -coccodrillo", le quali amano in un modo tale da ingenerare nei figli una forma di sudditanza.
La madre può diventare questo, nel momento in cui rinuncia a vivere in toto la propria esistenza di donna e incarna totalmente il ruolo di madre a discapito anche del ruolo di moglie e di una figura di padre e marito che diviene totalmente periferica.
Sarebbe importante, per chi vuole diventare madre, poter fare fronte ai propri vissuti fantasmatici di bambina, rielaborare quanto si è vissuto con la propria figura materna ( ma anche con la figura paterna), affinché possa diventare capace di dare vita ad un altro essere attraverso il miracolo dell'amore e del rispetto dell' altro che viene al mondo per compiere il proprio cammino.
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