Salve. Scrivo per esporre la situazione in cui mi trovo da un anno, situazione che sta paralizzando il mio progetto di vita.
Sono una donna trentenne che sta cercando casa con il proprio compagno, nell'ottica di dar vita al nostro nucleo famigliare.
Io e lui siamo originari di due comuni differenti, ma limitrofi e afferenti alla stessa provincia. La nostra ricerca si è orientata in entrambi i comuni, ma abbiamo trovato degli appartamenti che meglio corrispondono alle nostre esigenze nel comune di attuale residenza del mio compagno. Questo fatto non viene accettato da mia mamma, che manifesta la sua contrarietà con reazioni esagerate, che esporrò dopo una prima doverosa precisazione. Premetto che mia madre è una persona ansiosa, soffre da tempo di attacchi di panico; inoltre, presumo che abbia traumi irrisolti radicati nel rapporto con i suoi genitori, di cui talvolta ammette l'esistenza (ovvero utilizza frasi del tipo "sai che ho vissuto certe cose, dovresti capirmi"), ma che non intende affrontare con me e mio padre, né tantomeno rielaborarli attraverso un percorso terapeutico (motiva questa sua inflessibilità adducendo che una terapia psicologica equivarrebbe a mancare di rispetto ai suoi genitori, ormai defunti).
Detto questo, sin da quando ha saputo della mia volontà di andare a vivere con il mio compagno, ha fatto pressione affinché trovassi casa nella mia attuale cittadina, facendo leva sui propri disturbi di ansia/panico come motivazione per giustificare la necessità di una vicinanza. Di fronte alla possibilità che mi trasferisca nel comune limitrofo (che dista appena 15/20 minuti in auto) reagisce con manifestazioni di angoscia, talvolta attacchi di panico, reazioni "plateali" come ad esempio chiudersi in camera e restare per ore a letto, sostenere che le manco di rispetto in quanto figlia essendo consapevole delle sue difficoltà... Sento una forte pressione psicologica: pur riconoscendo razionalmente che si tratta di una scelta da prendere con il mio compagno, mi sento intrappolata fra il senso di colpa per vederla stare così male, l'incapacità di scegliere liberamente e di rispettare la volontà del mio fidanzato che sarebbe già pronto a scegliere fra una delle soluzioni viste.
Ho iniziato da due mesi un percorso terapeutico per svincolarmi e rendermi autonoma, ma ancora vedo l'autonomia come un miraggio e tutta la situazione mi provoca una grande agitazione che mi impedisce talvolta di concentrarmi sul lavoro, mi toglie ore di sonno e mi fa piangere spesso. Sono davvero esausta.