Salve, ho 26 anni.
Da più di un anno sto soffrendo a causa di una delusione amorosa causata da un innamoramento non corrisposto, molto probabilmente idealizzato è diventato un pensiero ossessivo.
In una prima fase dopo il rifiuto, lo scorso anno, ho avuto tremendi attacchi di panico che mi impedivano di uscire di casa. Con calma sono riuscita a superarli e gradualmente la sintomatologia è mutata, lasciando spazio, lo scorso inverno, al bisogno di dormire troppo. Dormendo, erano quotidiani i sogni ossessivi in cui non facevo altro che sognare l’uomo di cui ero (sono) invaghita. Questi sintomi sono continuati fino a venire sostituiti (fino ad oggi) da ipotensione (la massima non supera i 70, e io prima di questo trauma emotivo non ho mai sofferto di pressione) e crisi di pianto miste a malinconia molto intensa. Mi sento spesso come se perdessi le forze, pur se mi alimento correttamente. Vorrei uscire da questa prigione psichica, come dimenticare questo amore impossibile che mi ferisce così tanto? Forse è una questione di ego (narcisisticamente parlando, mi servivano stimoli provandoci con un uomo impossibile per avere conferma della mia femminilità o attrattività).
Gentile Maria,
può capitare che un dolore o uno stress abbia conseguenze sul piano fisico: siamo fatti di una parte razionale, una parte emotiva e una parte corporea, e in qualche modo tutto è collegato.
È importante perciò lavorare sulle situazioni emotivamente disturbanti per ritrovare un equilibrio complessivo, vedrà che con una buona psicoterapia ritroverà la serenità di cui ha bisogno.
Le consiglio una terapia emdr, che è specifica per per i traumi ma anche per altre situazioni che possono aver rappresentato un evento traumatico.
Se lo desidera rimango a sua disposizione.
Un cordiale saluto
Buongiorno,
mi complimento innanzitutto per la lucidità con cui ha descritto la situazione e per l’attenzione che ha messo nel racconto della parte corporea. Spesso accade che dietro a queste relazioni si nascondano degli aspetti che arrivano dal passato e che portano ad un’attivazione di qualcosa di non risolto allora.
Le consiglio di farsi aiutare da un professionista che abbia una formazione EMDR che possa, insieme a lei, comprendere l’origine di questo “trauma” relazionale e permetterne la risoluzione.
Rimango a disposizione per qualsiasi cosa.
Buongiorno Maria,
C’è una parte di lei che è propensa a spiegare la sofferenza che prova attraverso delle “cause esterne”, come se fosse l’esito di qualcosa di esterno che ha agito su di lei. E’ la sofferenza interiore “spiegata” in termini causalistici-meccanicistici come “anomalia” venuta di riflesso a qualcosa di esterno. In realtà noi non veniamo impressionati passivamente dall’esterno come se fossimo delle lastre fotografiche, ma diamo luogo a delle risposte interiori tutt’altro che scontate e automatiche che ci consentono di comprendere meglio noi stessi.
C’è un’intelligenza profonda che, lungi dall’essere qualcosa che è stato alterato da cause esterne, elabora ogni esperienza e ci porta a voler guardare meglio dentro noi stessi. Se quella persona la sta mettendo così a dura prova è perché è andata a toccare qualcosa di suo…C’è una risposta interiore molto forte che sta cercando di sollevare una questione che attiene il suo rapporto con se stessa, che la vuole portare a conoscere meglio se stessa…
Peraltro nella parte finale del suo scritto lei accenna a una questione che attiene se stessa, quando dice di aver cercato conferme alla sua femminilità e attrattività….Sono solo dei cenni, che avrebbero bisogno di uno spazio d’ascolto, ma certo si pone in un atteggiamento più riflessivo…Riflessione significa “riferire a sé”, non più a qualcosa di esterno…E’ l’atto del guardarsi allo specchio, del guardarsi dentro…L’interiorità, attraverso il disagio che prova, le sta chiedendo proprio questo atto riflessivo, per comprendere tutti quei modi che la portano ad allontanarsi da se stessa, creando distacco da sé e dunque sofferenza…Rimette al centro il rapporto della persona con la sua interiorità, mentre noi siamo abituati a riferirci esclusivamente a qualcosa d’esterno…
L’ipotensione va certo vista e indagata in prima battuta sul terreno medico…Questo nulla toglie alla consapevolezza che siamo una unità di psiche e corpo…La psicosomatica non va però intesa in termini causalistici. Non c’è un rapporto meccanico tra psiche e corpo, per cui a fronte di determinate cause si producono determinati effetti…C’è invece un linguaggio simbolico del corpo che vuole dare senso e significato alla propria esperienza interiore…Quelli del corpo sono segnali che richiamano alla consapevolezza di sé, non l’esito automatico di una causa esterna…