Siamo davvero liberi?

Per questo intervento ho scelto il titolo “siamo davvero liberi?” e lo pensavo in tre accezioni: liberi di dire, liberi di essere, e liberi di fare.

Oggi con i social pare esserci una maggior libertà di dire, pare esserci una maggior libertà di espressione, perché chiunque può commentare, rispondere, inoltrare; dunque è una democratizzazione del dire?

E pare esserci una maggior libertà di dirsi, di essere: per esempio per quanto riguarda la propria sessualità c'è un grande ventaglio di possibilità di definirsi: gay/lesbica, cisgender, gender non binario, agender, poli gender, gender queer e altre.

Inoltre pare esserci una maggiore libertà di fare: per esempio nella scorsa conversazione è emerso il tema di “essere liberi di odiare”: dunque rivendico il mio diritto a odiare.

Ma siamo davvero liberi?

Rispetto alla parola, al dire, già da anni è sorto il politicamente corretto, che è un atteggiamento di rispetto per le minoranze e per i gruppi socialmente più deboli; allora non tutto si può dire, e il politicamente corretto è un modo di tenere a distanza l'altro?

Oltre al politicamente corretto è emerso un aumento del lessico per definire e scomporre i fenomeni.

Per esempio poco fa dicevo dei tanti termini coniati per definire la propria sessualità,  un altro esempio riguarda il bullismo per cui sono state coniate varie parole: cyber stalking, l'esclusione, l'exposure, flaming, impersonation, sexting eccetera.

Oltre a questo vediamo un aumento della portata violenta della parola, un suo accendersi che molto spesso diventa offesa, diventa violenza.

 Potremmo dunque chiederci a cosa rispondono questi due fenomeni?

Per quanto riguarda l'aumento del lessico sappiamo con Lacan che nominare, dare nome, è un modo per imbrigliare, spiegare, inquadrare qualcosa che per certi versi sfugge al senso e alla comprensione; a fronte di qualcosa che non capiamo del tutto la tendenza è quella di scomporre e nominare i dettagli del fenomeno.

Ma in fondo, questo aumento del lessico ci basta? Una volta che abbiamo dato un nome a tutti gli aspetti di un fenomeno siamo avanzati un po’ nella nostra comprensione del fenomeno o c'è sempre e comunque un resto?

A fronte di questa tendenza a offendere, deridere, calunniare o peggio la macchina del fango potremmo chiederci: perché tutto questo odio e questa violenza?

Con la psicoanalisi possiamo dire che oggi è la pulsione di morte a prendere il sopravvento, la pulsione sregolata di distruzione dell'altro. Chi governa dovrebbe temperare tutto questo, ma abbiamo esempi clamorosi di segno opposto: Trump che incita i suoi ad assalire il Campidoglio; un'esponente di spicco del nostro panorama politico che in un discorso pubblico nomina i suoi nemici Schlein, le ONG che scaricano gli immigrati sulle coste italiane, i sindacati, Landini, i centri sociali

Ciò ci mostra come, per certi soggetti, ci sia bisogno di un nemico per definirsi, per essere, per fare e contro cui lottare.

E qui entra in gioco il livello individuale e sociale, che sono omologhi.

A livello individuale per la psicoanalisi ciò che ci muove è il nostro fantasma che nasce in risposta al desiderio dell'altro, è la nostra interpretazione ad esso: cosa vuole l’altro da me? Come mi vuole? E da questa risposta si origina il nostro singolare modo di vedere il mondo e di leggere gli eventi, la finestra da cui guardiamo il mondo. Ciò che ci guida è il fantasma e la soddisfazione che ne deriva.

 Dunque, non siamo del tutto liberi perché pilotati da tutto questo.

A livello collettivo e sociale cosa vediamo? Che mai come oggi qualsiasi differenza e particolarità può dare origine all'aggressività, per difenderla o per attaccarla.

 Lacan già dagli anni ‘70 aveva parlato dell'epoca dei fratelli, epoca in cui tutti noi siamo immersi, è l’epoca dei TUTTI FRATELLI, non soggetti all’autorità, come unico culto quello del corpo proprio (ad esempio vediamo come sui social ci sia tutto un fiorire di video di ricette per il corpo sano, su ogni genere di allenamenti per un corpo prestante, un sapere sul corpo, per esempio sulla gravidanza).

Se non c’è il padre, che in senso lato rappresenta il limite, l’eccezione che fa la legge, quello che resta nel legame sociale nella società dei fratelli tutti uguali tra loro è il solo confronto, sempre difficile, con il corpo dell'altro, con i suoi diritti e le sue particolarità.

Ed è questa particolarità dell'altro che scatena l’aggressività e lo vediamo in fenomeni macroscopici come il razzismo, gli omicidi, i femminicidi, le violenze verbali.

Il livello individuale e il livello sociale sono omologhi, sono tutt’uno, e la logica del nostro funzionamento mi fa dire che non siamo per niente liberi.

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